-CAPITOLO 2-

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Scendo dalla macchina senza neanche salutare mio cugino, tanto tra noi non c'è bisogno di fingere una simpatia che non esiste.

Sa che mi sta letteralmente sulle palle, sia lui che i suoi amici dementi.

Mi dirigo alle macchinette automatiche all'interno della scuola per prendere un caffè perché ho ancora sonno avendo dormito poco e male e anche perché altrimenti non riuscirei mai ad affrontare quella specie di professoressa di francese che mi ritrovo. Digerirla alla prima ora non è affatto facile.

Mentre percorro il corridoio con il bicchierino in mano per andare in classe, un cretino mi viene addosso e mi fa cadere tutto il caffè.

" Merda!" impreco guardando la mia felpa imbrattata. "Si può sapere cosa diavolo guardi quando cammini?"
"Ehi scheletro stai per caso insinuando che sia colpa mia? Sei tu che quando cammini non sei sulla terra ma su qualche altro pianeta, come sempre d'altronde. Riscendi ogni tanto" mi dice con tono arrogante l'individuo di fronte a me fissandomi con i suoi occhi scuri.

Dennis Perrys, 19 anni classico ragazzo che sa di essere bello, capelli e occhi scuri, orecchino ad entrambi i lobi delle orecchie, puttaniere, pessima reputazione, fumatore soprattutto di spinelli e altro, mio compagno di classe.
Purtroppo.
Ecco chi ho davanti a me in questo preciso momento.

Uno degli amici dementi di mio cugino Damian.
Uno del quartetto incubo di tutta la scuola.
Tranne il mio. Loro non saranno mai il mio incubo.
Non glielo permetterò.

"Almeno potresti anche chiedere scusa" lo sfido guardandolo negli occhi.
'Cavolo quanto sono belli!' penserebbe una persona normale.

Io non lo penso.

'Forza ammasso di muscoli, vediamo se hai il coraggio di scusarti con una donna. Dai, dimostrami che dietro quella corazza da duro in fondo in fondo esiste un po' di gentilezza. Su, vediamo come ti comporti di fronte ad una ragazza' ecco cosa penso io.

"Chi? Io? Io dovrei chiedere scusa ad uno scheletro che cammina guardando in aria? Ad uno scheletro che in tutta la scuola parla si e no con due persone sfigate come lei? Vedi di non rompere!"  mi risponde mentre si volta  per andarsene.

Questo sta fuori!

"Sfigato sei tu! Ti senti forte perché sono una ragazza anzi uno scheletro. Se avessi avuto le palle e un po' di educazione ti saresti scusato coglione!" gli urlo contro raggiungendolo e afferrandolo per un braccio.

"Mollami se non vuoi ritrovarti con qualche livido su quel bel faccino" replica liberando il braccio dalla mia presa con un semplice strattone.

Non ha pronunciato queste parole con fare scherzoso.
Tutt'altro.
Il suo viso è diventato duro, lo sguardo cattivo.
Si accende una sigaretta davanti a me, respira e poi libera il fumo sul mio viso.
Fatto ciò si allontana.

Ed io?
Nessuna reazione.
Sono completamente bloccata.
Non ho più lui davanti ai miei occhi.
Non sono più nell'atrio della mia scuola.
Nella mia mente si fanno vive altre immagini, sprazzi della mia indimenticabile infanzia.

Cerco di non fare prendere il sopravvento ai ricordi, cerco con tutta me stessa di far restare la mia mente nel presente, cerco di riportare alla normalità i battiti del mio cuore con profondi respiri, ma non ci riesco.
Ogni tentativo è vano.

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