Capitolo sei.

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Alle 21 sono da te, ho bisogno di ubriacarmi.

Claudio, si fermò nel bel mezzo del supermercato, per leggere il messaggio appena arrivato. Sospirò, scuotendo la testa, rassegnato. Ripose il cellulare nella tasca e riprese a spingere il carrello in avanti. Da quando erano tornati da Roma, precisamente da due settimane, Mario non faceva altro che ubriacarsi, quasi ogni sera. Fortunatamente per Claudio, il moro voleva sempre farlo in sua presenza, almeno così l'avrebbe potuto tenere d'occhio, evitando che facesse stupidaggini. Lui non beveva mai, naturalmente, non toccava mai un briciolo d'alcol, quindi poteva benissimo tenere sotto controllo la situazione.

Da un lato poteva anche capire l'amico, per tutto ciò che era accaduto con suo padre, ma dall'altro lato pensava che fossero passati un sacco di giorni, sua madre gli aveva mandato persino un messaggio di scuse, e lui ancora continuava a reagire ubriacandosi, per dimenticare quelle parole per un paio d'ore.

Claudio cercava di aiutarlo in tutti i modi. Gli chiedeva di andare al cinema, ma Mario rifiutava; gli chiedeva di andare in centro a fare un giro per in negozi, ma Mario rifiutava; gli chiedeva di andare al bar a stare con gli altri, ma Mario rifiutava. Le uniche volte in cui lo vedeva erano le sere a casa sua, solamente per sbronzarsi.

«Claudio!» una voce alle sue spalle lo ridestò dai suoi pensieri e quando si voltò, avrebbe davvero preferito fingere di non aver sentito quel richiamo.

«Gabriele, ciao» sorrise fintamente, a disagio, mentre il ragazzo si avvicinava a lui. Lo salutò con un bacio sulla guancia, sorridendogli debolmente.

«E' da un po' che non ci vediamo, né ci sentiamo. E' successo qualcosa, per caso?»

Claudio respirò profondamente, scuotendo la testa. Come poteva essere gentile nel dirgli che non gli interessava, e che non gli sarebbe mai interessato perché in testa aveva un'altra persona? Da quel breve bacio a stampo le cose erano solo peggiorate, e tutte le intenzioni di voler accantonare quel sentimento per Mario furono mandate al quel paese.

«E' che..un mio amico ha avuto dei problemi in famiglia, e ultimamente gli sto vicino» non era proprio una bugia, ma una mezza verità, che sperò bastasse.

«Oh mi dispiace. Quindi sei sempre disposto a continuare ad uscire con me, no? Non sei scomparso perché non mi vuoi più vedere, giusto?»

Gabriele aveva perfettamente capito l'antifona, ma Claudio non aveva il coraggio di dirgli che aveva ragione. «Mannò, cosa dici? Non è assolutamente così, credimi. Appena mi libero una sera, ti chiamo e ci organizziamo.»

Il biondo sorrise ampiamente, annuendo. «Certo! Ci vediamo, bellezza» gli diede ancora un bacio sulla guancia, prima di scomparire. Claudio sospirò di sollievo, torturandosi il ciuffo di capelli che non trovava mai pace.

Oltre al problema "Mario" si era aggiunto anche il problema "Gabriele", ma Claudio non aveva alcuna intenzione di risolverlo in quel momento. Aveva cose più importanti a cui pensare. Oltre a Mario, ad esempio, doveva pensare al bar. Era da un paio di giorni che aveva abbandonato gli affari, e doveva necessariamente riprenderli.

Si mise a spulciare tra mille fogli tra le mani per ore, seduto sul divano del suo appartamento, con gli occhiali da vista e un'emicrania che gli faceva martellare la testa.

Non si accorse delle ore che passavano, ecco perché corrugò la fronte non appena qualcuno suonò il citofono ripetute volte. Quando diede un'occhiata all'orologio che portava sul suo polso sinistro, capì chi fosse.

«Mario, smettila!» rispose, portandosi una mano sulla fronte, sospirando profondamente.

«Aprimi, coglione» sempre molto gentile, il suo migliore amico. Gli aprì il portone e rimase la porta di casa socchiusa, tornando a sedersi sul divano a leggere altri fogli, a fare altri calcoli.

The tale of us. // clarioWhere stories live. Discover now