Capitolo 4 Allyson

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Inizio prima settimana

Damon è sulla soglia con la porta ben spalancata, che in un certo qual modo sta salutando i nostri amici e le nostre famiglie, ma in realtà li sta letteralmente cacciando via. Dopo aver abbracciato tutti e averli ringraziati, con un cenno della mano saluto mio padre, che si volta appena verso di me per regalarmi un altro sorriso.

Non abbiamo potuto parlare molto sul terrazzo, ma sarò forte per Damon come lo sono sempre stata; alla fine non mi sono mai arresa di fronte al muro che cercava sempre di innalzare per tenermi lontana da lui. So che ora non lo farebbe, ma sono pronta anche a questa evenienza se una parte di lui dovesse cercare di isolarsi nel proprio dolore. Il sorriso di mio padre è solo un modo per dirmi che non sono sola ed è vero, le persone che hanno occupato il nostro appartamento in queste ore ne sono la prova.

«Finalmente», esclama Dam dopo aver chiuso il portone. «Non se ne volevano più andare», brontola, puntando dritto verso di me, che con una mano sola inizio a ripulire le poche cose sparse in giro.

«Sei il solito, li hai cacciati via», lo rimprovero in tono scherzoso. Le sue mani si posano sui miei fianchi e il suo respiro caldo solletica il mio collo; è così bello essere fuori da quell'ospedale, lontano da Medford, e sentire il suo petto possente premere contro la mia schiena.

«Non mi importa, questa è la nostra prima serata insieme», mormora con voce roca, facendomi voltare verso di lui. «Sei felice, Al?», chiede scrutando con attenzione il mio volto che porta ancora i segni di ciò che è accaduto.

Sono felice? Certo che lo sono, ma dirlo a voce alta sembra ingiusto in questo preciso istante.

«Tu?», chiedo a mia volta. Il suo viso si inclina di poco, come se cercasse qualcosa di preciso impresso nella mia espressione.

«Se ho te al mio fianco sono felice, baby», risponde senza nemmeno pensarci.

«Anche per me è così», lo rassicuro, posando la mia mano sulla sua guancia. La barba ispida di pochi giorni è strana a contatto con la mia pelle, anche se devo ammettere che gli dona, sembra pronunciare maggiormente i lineamenti marcati che contornano il suo volto.

«Come stai?», prende la mia mano portandosela alla bocca, ogni nocca viene sfiorata dalle sue labbra carnose che si posano appena, ricordandomi come solo lui riesce a far vibrare il mio corpo. Trattengo il respiro mentre con gli occhi seguo ogni suo movimento; il suo sguardo si prende gioco del mio e un ghigno malizioso esplode spontaneo sulle sue labbra.

«Ora sto bene», dice con voce rauca, deglutisco come se d'un tratto mi ritrovassi ad avere ghiaia. «Mi sei mancata», si appresta ad aggiungere sollevandomi dolcemente da terra. Le mie gambe si cingono attorno ai suoi fianchi in un gesto automatico e sento le sue mani premere sul mio fondoschiena. Non so quasi dove mettere questo dannato braccio ingessato e Dam si accorge che lo tengo a mezz'aria, allo stesso tempo che, con ampie falcate, si dirige verso la camera da letto lungo il corridoio della casa. «Appoggialo sulla mia spalla, piccola», soffia verso il mio collo ormai marchiato dal suo sapore. Poso il braccio dove mi ha detto e lascio che la sua bocca, a contatto con la mia pelle, mi porti lontano.

Ha bisogno di me, lo vedo dal modo in cui mi adagia sul letto e senza perdere tempo si sfila la felpa dalla testa con impazienza.

I pettorali scolpiti come pietra luccicano, illuminati dalla flebile luce della città al di fuori della finestra. I tatuaggi spiccano e si muovono insieme ai muscoli che guizzano mentre si sfila i jeans, senza distogliere per un solo istante lo sguardo dal mio. Restiamo in silenzio, ma è uno dei nostri momenti, nei quali in verità ci stiamo parlando con gli occhi. Mi mordo il labbro quando scalcia via i boxer, che finiscono in un angolo della stanza, lasciandomi senza fiato di fronte al suo corpo perfetto.

UN AMORE PROIBITO- PER SEMPRE NOIWhere stories live. Discover now