Capitolo 297: Flectamur facile, ne frangamur

303 32 104
                                    

Michelangelo si tolse il cappello, stringendolo tra le mani rovinate dai colori, e si diede una rapidissima sistemata ai corti capelli ricci e alla barba scura, portata abbastanza lunga sul mento aguzzo.

I suoi occhi non sapevano dove posarsi. Quelli che lo avevano accolto all'ingresso lo avevano messo ad aspettare nel salone d'attesa del palazzo dei Riario di Roma.

Aveva sentito dire che quella magnificenza sarebbe in realtà appartenuta dei figli della Tigre di Forlì, ma di fatto era da molto tempo nelle mani del Cardinale Sansoni Riario, che aveva approfittato della lontananza dei parenti per abitarvi, con la scusa di curarne la manutenzione.

L'artista ventunenne era arrivato in città quel giorno stesso e si era subito presentato a casa del suo nuovo mecenate, come richiesto espressamente dal Cardinale.

Era ancora un po' provato dal viaggio, dato che per essere solo il 25 giugno, il caldo era davvero sconvolgente, ma la voglia di conoscere quel nuovo mondo batteva anche il senso di stanchezza.

Il palazzo dei Riario era finissimo e curato nei minimi dettagli. Così come l'intera Roma, quella dimora sembrava traspirare arte e grandezza.

Quando Raffaele arrivò nella saletta in cui era stato messo in attesa il giovane artista giunto da Firenze, lo trovò con il naso per aria, intento a studiare con attenzione gli stucchi e gli intonaci del soffitto.

"Che piacere conoscervi, maestro Buonarroti." fece il Cardinale, sorridendo e allargando le braccia in segno di benvenuto.

Michelangelo ricambiò il saluto, passando gli occhi pensosi dagli intarsi dorati al porporato.

Lo trovò diverso da come se l'era immaginato. Il Cardinale era un uomo abbastanza alto, secco, sui trentacinque anni, con pochi capelli che coprivano a mala pena la nuca e i lati della testa. Aveva un naso notevole, lungo e affilato, due labbra molto rosse e uno sguardo a metà strada tra lo spaventato e l'entusiasta che suscitò una vaga ilarità in Michelangelo.

Tuttavia l'artista riuscì benissimo a trattenere le risate quando si rese conto della ricchezza che il Cardinale portava con sé. Aveva al collo un crocifisso d'argento tempestato di ogni genere di pietre preziose. Portava sulle spalle un mantellino di seta di un rosso meraviglioso. Il suo abito talare era lungo fino in fondo ai piedi e non aveva nemmeno una piega. Perfino gli anelli che portava al dito gridavano opulenza.

Michelangelo, sporco del viaggio e con addosso vestiti di bassa lega e usati da anni, si sentiva infinitamente piccolo e insignificante, dinnanzi allo sfoggio di potere di Santa Madre Chiesa.

"Sarete stanco – cominciò Raffaele, giungendo le mani al petto e tenendo gli occhi fissi sul suo nuovo dipendente – ma vi prego, fatemi una cortesia, prima di andare a sistemarvi nei vostri alloggi."

"Quello che desiderate." fece subito il giovane, incuriosito dal tono entusiasta eppure modulato del Cardinale e non molto desideroso di andare a casa di Jacopo Galli, che l'avrebbe ospitato almeno per i primi tempi.

Dopo aver visto la grandezza e la bellezza del palazzo dei Riario, qualunque altro alloggio sarebbe stato di certo deludente.

Il porporato non trattenne un piccolo verso di eccitazione nel dire: "Benissimo! Venite con me nelle stanze in cui tengo le opere d'arte del passato! Ho una collezione invidiabile e voglio che la vediate subito."

Michelangelo annuì: "Lo farò con piacere..."

Raffaele gli fece strada e, mentre apriva personalmente con una grossa chiave la porta dietro la quale stava la sua preziosissima collezione di statue greche e romane, spiegò: "Resterete ammaliato dalla grandiosità dei classici... Voglio che li osserviate con attenzione."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now