Capitolo 12

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Il mattino seguente entrambi erano coscienti di doversi sedere a parlare di alcune questioni ma nessuno dei due ne aveva minimamente intenzione né tantomeno voglia.

Frank lo aveva svegliato appositamente ma non aveva idea di cosa dire e adesso, Gerard, se ne stava seduto sul letto, fingendo di essere sveglio e fissando l’altro con gli occhi semichiusi.

“Perché vuoi andare proprio in Francia?”. Chiese dopo averci pensato attentamente ma trovando ancora quelle parole inadeguate e scortesi.

“Mi piacciono i macarons”. Rispose poco seriamente, sfregandosi gli occhi.

“Ho paura degli aerei”. Brontolò Frank, fingendo di non aver sentito.

“Potrei tornare qui per le vacanze estive”. Rispose con uno sbadiglio.

“Estive? Sei serio? È troppo tempo!”. Protestò vivacemente, agitando le braccia in aria com’era solito fare quando era nervoso.

“Non vuoi che parta, Frank?”. Chiese con una punta d’acidità.

“No, stai fraintendendo. Voglio che tu vada, voglio solo chiarire alcuni punti della nostra relazione”. Specificò, sentendosi messo sotto accusa.

“Per esempio?”.

“Per esempio… quando sarai in vacanza, magari prenderò una nave, non lo so! Voglio solo vederti il più possibile!”. Sbuffò.

Gerard gli rivolse un sorriso un po’ assonnato, rimettendosi sotto le coperte.

“Dovresti rilassarti”. Borbottò, invitandolo a stendersi accanto a lui. “Manca ancora del tempo, non parliamo di questo adesso”. Aggiunse. 

“Almeno lo parli il francese?”. Chiese, assecondando la sua richiesta e lasciando che si accoccolasse contro di lui.

Gerard, in risposta, rise piano e scosse la testa.

“Ok, lo ammetto, mi spaventa l’idea di te in un altro continente totalmente da solo. Insomma, la Francia è lontanissima, se… se mi venisse voglia di abbracciarti che cosa dovrei fare? Faccio il Gerardscino in stile Lily di How I Met Your Mother? Divento pazzo e mi rinchiudono in qualche manicomio? E se a te venisse voglia di abbracciare qualcuno e quel qualcuno non fossi io?”. Ed eccolo lì, il lato insicuro di Frank che Gerard credeva fosse sparito, era tornato.

Gli spezzava il cuore che credesse di non essere abbastanza, perché lui era anche più di abbastanza, era ciò che Gerard aveva desiderato per ormai cinque anni e lo trattava come nessuno aveva mai fatto prima, di questo si vergognava, di non aver mai trovato un uomo che guardasse un po’ più in là del sesso, be’, fino a che non aveva conosciuto Frank.

Lui era dolce, sensibile, faceva delle battute squallide a cui avrebbe tanto voluto non ridere ma falliva puntualmente, trattava gli animali come fossero persone, ci parlava, li accarezzava e si confidava persino con loro e tutto quello per Gerard era molto più che abbastanza.

“Non che non mi fidi di te, Gee, solo che… io… non voglio sembrare egoista o considerarti come un oggetto di mia proprietà ma… voglio che tu mi appartenga come io appartengo a te”. Mormorò, guardandolo dritto negli occhi.

Gerard rimase scosso per qualche istante, restando semplicemente lì a fissarlo mentre le sue parole riecheggiavano nella sua mente.

Come io appartengo a te.

Non riusciva a dire nulla, era come congelato, bloccato, così tanto che non riuscì nemmeno a fermarlo quando si ritrasse e si alzò dal letto, mormorando delle scuse mentre si rivestiva ed usciva dalla porta.

Gravity// FrerardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora