2. The sky kissed the soil

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Mi lecco le labbra dopo aver bevuto un sorso di birra. Violet sta parlando da almeno dieci minuti del gruppo di attivisti al quale si è unita durante il college e non riesce a trovare nessun altro argomento di conversazione, forse perché abituata a discutere solo di quelle cose tra le persone che frequenta da qualche anno. Il loro è un progetto interessante – voglio dire, chi non sarebbe eccitato all'idea di salvare le uova di ragno? – e io continuerò a supportarla... ma ora mi sembra solo di starla sopportando.

«E poi cavolo,» esclama, poggiando il calice sul tavolo, «i ragni sono carini. Perché c'è gente come te che ne ha paura? Hanno tutti quegli occhietti... Per non parlare delle zampette pelose. Le zampette, Avalon.»

Tiro fuori la punta della lingua mentre aggrotto le sopracciglia e rimetto la patatina nella confezione di cartone. Improvvisamente mi è passata la fame.

«Non ne ho paura, Vy, mi fanno schifo» le ripeto per l'ennesima volta. «Una sola volta ho provato a farmi piacere un ragno e solo perché era piccolino. Poi è cresciuto e, per l'amor di Dio, che orrore.»

«Ma chi, Tartina?»

Assottiglio lo sguardo. «Ti sembra che abbia adottato altri ragni oltre a Tartina?»

Lei fa spallucce. «Era carina.»

«Soprattutto da morta» ghigno, inclinando la testa. «Decisamente carina.»

Violet tamburella con le unghie delle dita sul ripiano di legno e appoggia il mento sul palmo della mano. Mi scruta per qualche istante, forse alla ricerca di una qualche sorta di pentimento, ma quando non ne trova nemmeno una briciola sospira rassegnata.

«Hai la testa altrove» constata. «È tutto okay?»
Annuisco e sposto le patatine. «Sì, perché?»

«Ti conosco da nove anni e ogni volta che pensi a qualcosa che ti è successo fai questa faccia» mi indica il viso con l'indice laccato. «Quindi? Sputa il rospo, non abbiamo tutta la serata. Ricordati che devo fare conquiste.»

Se c'è una cosa che ho sempre apprezzato del carattere di Violet è che, indipendentemente dalla situazione in cui si trova, riesce a cambiare atteggiamento nel giro di qualche secondo. Spesso si è sentita criticare la sua giocosità, tuttavia non si è mai lasciata influenzare dalle invidie di chi non si era mai preso la briga di conoscerla – anche perché sapeva di non essere così male. Mostrava il suo lato serio solo a chi contava davvero qualcosa per lei, e a distanza di quasi un decennio non posso che essere felice di esserle amica.

Se c'è un'altra cosa che ho sempre apprezzato del carattere di Violet, ma che non ho mai smesso di detestare, è la sua capacità di leggere il mio sguardo. Forse il motivo è sua madre, cartomante professionista da trent'anni da cui ha ereditato questa sua caratteristica.

«Non è niente di che» le dico, cercando di cambiare argomento. «Comunque, Jordan mi ha mandato un messaggio poco fa. Gli ho detto di venire qui, ti dispiace?»

«No, non mi dispiace, ma ti ho fatto una domanda.»

"E anche questa volta mi ha fregata."

La guardo per qualche secondo, indecisa sul da farsi, e alla fine sbuffo. Questa ragazza sarebbe capace di farmi ubriacare pur di sapere una cosa così stupida, il che non va a mio vantaggio: rischio io di farmi ritirare la patente, non lei.

«Al bancone ho incontrato Jace» ammetto, osservando le foglie di insalata abbandonate nel piatto. «E non mi ha riconosciuta. Non prima che gli dicessi di essere la sorella di Jordan, almeno. Ci sono rimasta un po' male, ma è finita lì.»

Violet strabuzza gli occhi e schiude le labbra. «No, no, aspetta. Aspetta. Quel Jace? Quello che è andato in Italia?»

Sollevo le sopracciglia e faccio un cenno di assenso.

La tempesta nei tuoi occhiWhere stories live. Discover now