3. Shivers on my skin

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Quando Violet apre la porta di casa, le prime cose che noto sono il suo pigiama giallo canarino e la vaschetta di gelato al cioccolato che tiene in mano. Il cucchiaio è tra le sue labbra, la sua espressione è piuttosto annoiata. Non sembra essere dell'umore per fare qualcosa.

«Buongiorno, principessa» sollevo le sopracciglia quando rutta. «Immagino tu ti senta bene, adesso.»

Lei lecca via il gelato dalla posata e chiude la porta alle mie spalle dopo avermi fatta entrare. Mi precede, a passo svelto si fionda sul divano e ferma l'episodio della serie TV che stava guardando prima che arrivassi.

«Per niente, ma ho fame.»

«Non potevi pranzare?»

Mi sistemo accanto a lei dopo essermi tolta le scarpe e mi porto le gambe al petto. Violet solleva gli occhi dalla vaschetta e mi scruta.

«Questa è la mia colazione» afferma, senza il benché minimo rimorso.

Dalle mie labbra esce una risatina, più per confermarle quanto sia senza speranza piuttosto che per giudicarla. Sono abituata al suo post-sbronza – e la sbornia ha un effetto orribile su di lei –, quindi decido di non impuntarmi troppo sul suo mangiare sano. A meno che non esca in pantaloncini e crop-top dubito possa congestionarsi di nuovo.

Faccio scivolare lo sguardo nel salotto, assicurandomi che sia ancora tutto in ordine. Una persona normale sarebbe capace di non creare caos in dodici ore, di cui almeno dieci passate a dormire, ma Violet ha lo strano e improbabile dono di mettere sottosopra una casa intera. Il fatto che viva da sola non l'aiuta e la maggior parte delle volte sono io a sistemare le stanze, ma in fondo mi illudo ancora di una sua possibile ripresa da questo disordine compulsivo.

Per fortuna, però, ogni cosa è al suo posto. I quadri sono ancora appesi alla parete e le tele non sembrano avere nemmeno una macchia di sugo o gelato, nessun completo intimo giace a terra e, soprattutto, i mozziconi di sigaretta sono nel posacenere. L'aria nella stanza non è per nulla pesante, forse perché non ha ancora fumato o perché ha già fatto il cambio.

«Tranquilla, lo spazzolino è in bagno» mi dice, prendendo un'altra cucchiaiata dalla vaschetta. «Vuoi un po' di gelato?»

«Ho finito di pranzare mezz'ora fa, Vy» frugo nella borsa e finalmente trovo i fazzoletti. «E poi sono a dieta.»

«Zero percento di grassi e zero zuccheri» ribatte, dopo essersi lasciata pulire gli angoli della bocca sporchi di cioccolato.

«E allora mi spieghi di cos'è fatto?»

Sa che la sto prendendo in giro. Violet non ha mai comprato vaschetta di gelato più calorica di quella, e persino chi non soffre di glicemia si farebbe venire il diabete mangiando una cosa del genere. Non la giudico, anzi, ma non ho intenzione di rovinare completamente il mio piano dietetico dopo soli due mesi.

«Allora?»

«Allora cosa?»

Stira le labbra. «Non fare la finta tonta. Quella sciarpa non è tua.»

Colpita e affondata.

A volte mi stupisco della schiettezza di Violet, ma soprattutto della sua incredibile abilità nel riconoscere le cose fuori posto. Di certo non credevo che non se ne sarebbe mai accorta, però... non mi aspettavo ci facesse caso anche da appena sveglia.

Le mie guance si colorano di rosso mentre abbasso lo sguardo. Non è che non voglia dirle cos'è successo ieri notte dopo averla accompagnata a casa, tuttavia il suo sguardo è così penetrante da farmi sentire in colpa – come se avessi rapinato una banca e avessi lasciato la mia partner in crime a casa e ignara di tutto.

La tempesta nei tuoi occhiWhere stories live. Discover now