Capitolo quindici.

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Alice smise di venire a scuola, passava le mattinate davanti al carcere. Francesco non parlava piú con nessuno e smentiva qualsiasi commento su di lui. Io, invece passavo le mie mattinate ad ascoltare le lezioni, era l'unica cosa che mi distraeva. Ad ogni cambio ora entravo su WhatsApp, L'App piú usata tra i giovani del mio periodo per tenersi in contatto e tutte le volte che leggevo 'online', un pezzo di me moriva. Non capivo perché non mi rispondesse, non avevo fatto niente di male.
Non lo capivo o non lo volevo capire.
Passò un altro giorno e poi un altro, una settimana di crisi di panico, stavo malissimo. Sentivo Delle fitte al petto che non riuscivo a colmare con nulla. I miei pomeriggi ormai si basano su puntate di 'Grey's Anatomy', musica e pianti isterici.
Scrivevo messaggi che subito dopo cancellavo oppure inviavo messaggi a cui non ricevevo nessuna risposta.
Adesso che sono piú grande ho capito che fa parte del gioco, l'amore è anche questo. È sofferenza. L'amore non può essere fatto solo di sorrisi, dopo un po' diventerebbe troppo monotono.

Andrea provò a chiamarmi un paio di volte,ma non risposi mai perché quella sera aveva mancato di rispetto al mio lui.

La sera mi vedevo Alice e prima di andare a letto fumavano sempre una canna. Ogni mattina e ogni volta che andavo a letto,gli scrivevo 'buongiorno' e 'buonanotte' anche se sapevo che non avrei ricevuto una risposta.

'Dovresti andare da lui.'
'Non mi vuole.'
'Non dire sciocchezze, diglielo anche te Alice!'
'Zitti.'

Aveva ragione dovevo andare da lui,ma qualcosa mi bloccava. Mi dissero che stava peggiorando e che la terapia non stava funzionando. I suoi compagni di classe mi confermarono che non veniva piú a scuola da qualche giorno.

Dopo due settimane precise di silenzio,decisi di andare da lui.
Appena la sveglia suonò decisi di vestirmi con le prime cose trovate nell'armadio ed uscì di casa senza fare colazione. Iniziai a correre per tutto l'isolato fino a quando non arrivati davanti casa sua. Rimasi ferma immobile per dieci minuti, fin quando la porta non si aprì e uscì fuori suo padre vestito da lavoro.

'Ehi! Silvia, che ci fai qui così presto?'
'Ero venuta qui per..'
'Per vedere Gabriel? Entra pure! È in camera sua. Io devo andare, sono già in ritardo!'
'Ok. Grazie.'

Trattenni il respiro ed entrai dentro casa.

'Permesso..'
'Ciao Silvia! Entra pure!' mi disse sua madre sorridendomi.
'Come stai?'
'Bene,bene e tu?'
'Bene..'
'Vuoi un caffè, qualcosa?'
'No grazie.. Gabriel?'
'È in camera sua, vai pure!'

Bussai alla porta,ma non rispose. Presi coraggio e aprì, davanti a me c'era un ragazzo magro, con pochissimi capelli biondi.
Era Gabriel. Era irriconoscibile, non assomigliava più a quel ragazzo bello e forte. Non trasmetteva più quella sicurezza che conoscevo.

Divenne paonazzo non appena mi vide e sussurrò qualcosa, molto probabilmente mi invitò ad andarmene. Mi avvicinai piano piano al suo letto, dove era sdraiato e lo guardai attentamente negli occhi, erano spenti.

'Amore..'
'Non guardarmi, sono orribile.'
'Non è vero..'

Fu una delle poche volte che lo vidi piangere.

''Mi devi, ti devo lasciare' lo continuava a ripetere come se fosse una registrazione, iniziò a tirarsi i fini capelli, e le lacrime continuavano a scendere senza sosta, ripeteva che non potevo amare una persona più morta che viva, che faceva male ad entrambi quella situazione,ma non lo ascoltai. Sapete perché? Perché lo amavo davvero.

'Smettila. Io ti amo e non ci lasceremo. Te ce la farai, prenderemo il diploma, andremo all'università insieme, andremo a convivere, ci sposeremo e avremo dei bambini belli come te. Me lo hai promesso l'anno scorso e manterrai questa promessa.'

'No. Non posso più mantenere questa promessa. Non ce la farò, morirò.'

È dura sentire una frase del genere detta da un ragazzo di diciotto anni. Ancor di più detta dal proprio ragazzo . Ricordo ancora quella sensazione di impotenza, di debolezza,ma non piansi, rimasi forse . Lo afferrai per il viso e lo avvicinai a me e con la voce dura,ma con lo sguardo impassibile gli risposi che lo amavo e che non avrei mai permesso che succedesse qualcosa di così brutto.
Che inlusa.

Una settimana dopo fece pace con Andrea, il quale si scusò tantissimo. E insieme presero la decisione di rasarsi. Gabriel perché ormai stava perdendo tutti i capelli, fu una delle tante conseguenze della terapia che stava facendo in quel periodo. Francesco invece gli disse che voleva cambiare 'look', ma in realtà sapevo benissimo che lo stava facendo per non farlo sentire solo e scommetto che anche Gabriel lo aveva capito.
Fu un bel gesto.

L'ultimo mese di scuola Gabriel smise di andare a scuola, era troppo debole, perciò i suoi genitori insieme ai suoi professori si misero d'accordo sul 'frequentare' le lezioni online. Ogni giorno i suoi professori si mettevano in contatto con lui tramite mail, dove gli scrivevano cosa avevano fatto a scuola e i compiti assegnati.

I suoi genitori anche se si mostravano sorridenti si percepiva la loro tristezza.

Iniziò ad avere anche il senso di nausea e a vomitare spesso.

La scuola finì e con se arrivò l'estate. Lui ovviamente facendo una terapia molto invadente, non aveva molte forze e non poteva stare troppo al sole, perciò non si fecero le vacanze al mare.

Fu comunque un'estate abbastanza bella, la ricorderò per sempre.
Eravamo passati tutti e cinque in quinta senza debiti. Passavamo la maggior parte delle vacanze a casa di Gabriel a guardare film, serie TV, a raccontargli tutto ciò che accadeva fuori (ciò significa tutti gli ultimi scoop dei ragazzi del nostro paese), a giocare a carte, un'estate bella.

Alice iniziò ad andare sempre meno a trovare Lorenzo. Poco dopo infatti iniziò a frequentare un altro ragazzo.

Una persona per bene.

Francesco iniziò a vestirsi sempre più in modo eccentrico e a cambiare stile ogni settimana, forse cercava di capire chi fosse e utilizzava l'abbigliamento come mezzo. Uno dei colori più utilizzati da lui era il rosa.
I dubbi iniziarono ad essere sempre più forti, ma nessuno dei quattro gli disse mai nulla.

Vivrà In Lui Kde žijí příběhy. Začni objevovat