Esplodere come una lampadina

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Presi il primo taxi,ed andai al parco centrale dove Andrea mi aspettava da già venti minuti.

“scusami per il ritardo!” dissi imbarazzata,porgendomi i capelli dietro le orecchie.

“tranquilla piccina!” si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia e uno sull’altra.

“tieni è per te!” mi sussurrò all’orecchio. Avvampai e il cuore iniziò a battere velocemente.

“g-razie..”

Ci mettemmo seduti su una banchina non coperta dalla neve e scartai quella piccola scatolina lilla,con un enorme fiocco rosso a cui vi era attaccata una coccinella e un piccolo rettangolo di carta con scritta una frase.

“tanti auguri di un buon Natale,principessa!

Sei unica!”

Aprì il regalo e dentro vi era un bracciale Brosway in argento con dei ciondoli di diversi colori ma tutti varianti al verde. Era semplicemente stupendo.

“grazie…Andrea è favoloso!”

“è il minimo!” me lo feci allacciare e poi gli dissi:

“anche io ho una cosa per te!” rovistai nella borsa e cacciai il suo regalo. Era una felpa blu con le maniche bianche e davanti vi era il volto di un ragazzo che fumava.

La sollevò,si alzò in piedi e con un sorriso smagliante mi disse “grazie Milla!!!” le sorrisi e lo guardai. Era così bello. Lo amavo da morire,ma allo stesso tempo avevo paura di non riuscire ad offrirgli tutto il mio amore. Eppure lui  rimaneva ancora l’unica cosa in cui riuscivo a credere.

Ad un tratto mi accorsi di aver perso la misura del tempo e dissi:

“Cavolo…Andrea,perdonami ma io devo andare da mia madre!”mi alzai guardando l’orologio.

“come da tua madre?” domandò sbalordito…e continuò “non ci vai mai!”

Ribattei “ non è che non ci vado,non riesco ad andarci…ed è ben diverso! L’ho promesso a mia nonna…e come tu sai io le promesse le mantengo!”

“si..scusami..è che non vorrei ti rovinasse l’umore e quel sorriso che hai ora!” mi bloccai e lo guardai. Sperai solo che le sue parole non diventassero realtà.

Presi un altro taxi che mi portò all’ospedale. Avevo paura di entrare nuovamente in quel luogo.

Andai al reparto di rianimazione e trovai già mia nonna,seduta su una sedia vicino al lettino di mia madre. Non era arrivata da molto,in quanto doveva ancora togliersi il cappotto.

“hey nonnina!” la salutai. Distolse lo sguardo da mia madre.

“sono contenta che tu sia qui…lei è molto felice!” aveva il viso rosso e gli occhi lucidi,ma non credo che erano ancora dovuti al fuoco.  

Le parole di Andrea si realizzarono. Il mio stato emotivo di euforia si tramutò in un completo disastro di malinconia,rancore e successivamente rabbia.

“non avete niente da fare voi? Invece di stare qui in questa stanza? Non avete un natale? tra qualche minuto chiudiamo tutto…quindi ve ne dovrete andare o vi caccio!”starnazzò una voce femminile proveniente da dietro le mie spalle.Se ne stava per andare,quando  andai in corridoio ed iniziai ad urlarle contro. Si girò.

Era una banalissima infermiera del reparto. E da quello che mi raccontava Alessandra era una vipera insensibile.

“prego?” chiesi alzando il tono. “non avete niente da fare?” continuai irritandomi e ripetendo le sue medesime parole. “ma come cazzo si permette? Noi non abbiamo niente da fare? ma sta fuori spero!” esclamai sarcastica.

“calmati Milla!” intervenne mia nonna con voce dolce,alzandosi e porgendomi una mano sulla spalla.

“no mi sono stufata della gente così,che crede di sapere tutto! Lei per caso ha una madre in coma profondo e un fratello e padre morti in un incidente qualche mese fa?” chiesi a costei.

“no” disse diventando rossa e smettendo di respirare.

“ e allora come cazzo si permette di parlare così a delle persone,che stanno venendo a visitare una persona,una madre ed una figlia! Delle persone che invece di scartare regali ed aprire panettoni stanno qui con la speranza che si svegli qualcuno che amano!”

La gente uscì dalle stanze restando sul ciglio della porta. Stavo per farle fare la figura più amara che ad una donna si potesse infliggere. Umiliarla davanti ad un “pubblico”.

“lei non capisce niente! Si crede importante solo perché indossa un cavolo di camice e delle pantofole azzurre!"urlai agitandomi la maglia."Ma la vita sa cos’è? C’è lei mi spiega perché fa l’infermiera…se il suo dovere dovrebbe essere proprio quello di aiutare i pazienti o anche vittime di tali sfortune? Poteva rivolgersi in modo diverso e le posso assicurare non è la prima volta!”

Una donna mi sorrise.Era Alessandra. L’infermiera se ne andò con la coda tra le gambe e la reputazione sotto i piedi e quando incrociò Alessandra,si scusò e voltò l’angolo.

Un lieve applauso si sentì udire dalle mani di questa povera gente,costretta o meno,a stare qui,in questo luogo dove le emozioni sembravano esser sempre più strane.

Non volevo star male ancora di più.Mi ero già agitata abbastanza così decisi di andarmene.Salutai mia nonna abbracciandola forte e guardai con volto triste il viso spento di mia madre.Cavolo era tutto così deprimente. 

Ed eccomi finalmente a casa di Caterina dove vi era anche Paolo. Entrambi mi attendevano,davanti alle scale.Avevano qualcosa da dirmi. 

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