Cap.XV

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《Mario? Mario!》urlai. La stanza si restringeva sempre più, mentre appariva sulla soglia Sfera. 《Tanto non ti sente》ghignò, avvicinandosi. Il pugile arrivò correndo, ponendosi tra noi. Mi circondò la vita con il braccio, facendomi da scudo.
Respiro bruscamente prima di svegliarmi. Sono in un ospedale, la macchina del cuore fa bip a ripetizione, mentre un ragazzo seduto accanto al mio letto solleva la testa di scatto e mi fissa. È Tedua, due occhiaie contornano i suoi occhi, il viso stanco e preoccupato. Ha una mano intrecciata alla mia e quando vede che l'ho notata, la stacca di scatto, allontanandosi e passandosi una mano tra i capelli e nel viso, scoppiando a piangere ed uscendo. 《Bella, oh figlia mia!》esclamò mio padre sulla soglia. Sorrisi distrutta e ancora assonnata, mentre lui si sedeva nel posto occupato precedentemente dal ragazzo e mi stringe la mano. 《Per una settimana torni da me, una quota parziale del debito l'ha pagata il ragazzo che è uscito adesso》spiegò sorridendo. Chiamò un'infermiera che fece gli ultimi controlli, dandomi le stampelle e fissando il prossimo appuntamento. Dopo essermi lavata e cambiata, uscimmo da quel posto.
Casa mia non era cambiata di una virgola: ti accoglieva sempre il salotto enorme, con il mobile dei libri, il tavolo in vetro, il divano bianco e la TV, poi la porta della cucina, con il tavolo in mezzo e i fornelli e le altre cose intorno, poi il corridoio, con il mobile sovrastato da foto, ed infine le stanze: i due bagni a destra, lo sgabuzzino stretto a sinistra, la mia stanza a sinistra, con le pareti lilla coperte di foto, la scrivania al centro, il letto a sinistra con davanti l'armadio. Sopra la scrivania, era ancora poggiato il vocabolario di latino aperto, segno della mia quotidianità spezzata. Lo chiusi con violenza, quasi scocciata, buttandomi poi sul letto e fissando il soffitto. Chiusi gli occhi cercando di non pensare agli ultimi due mesi, ma il viso di Tedua compariva nella mia mente come un flash continuo.
《È pronta la cena》annunciò mio padre.
****
Correvo senza una meta, ero nel vicolo buio con Mario. Teneva una busta con dei soldi in una mano, nell'altra stringeva la mia. 《Corri!》urlava. Cercavo di stare al passo, ma mi faceva male la gamba. 《Mi fa male la gamba, non ci riesco》urlai, facendo smorfie di dolore. Mi prese per la vita, poi mi spostò di lato ed un proiettile lo colpì in piena fronte.
《Oh mio Dio!》urlai, sollevandomi dal cuscino. Mi presi il viso tra le mani, cominciando a singhiozzare isterica e a tremare. 《Bella, bella, che succede?》mormorò mio padre, entrando con un bicchiere d'acqua.
《Un incubo papà, torniamo a dormire》

Bang Bang/TeduaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora