Capitolo 28

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  Emy

Il tizio sembra tranquillo. Mi auguro che lo sia per davvero.

Davvero mi chiedo se si ricordi di me. L'ho visto per poco, tempo, ma sembrava davvero troppo interessato ai fatti miei. Il che era non poco fastidioso.

Magari, conciata come una ragazza carina, non mi riconoscerà. Sembro un'altra persona.

Mi pongo davanti all'uomo, senza avere effettivamente una minima idea riguardo a cosa dirgli.

Lui mi guarda, e nei suoi occhi non leggo nessun guizzo, nessun ;ma io questa ragazza la conosco", e come il barista in un film, asciuga un bicchiere con uno straccio bianco.

- Posso fare qualcosa per voi? Il conto vi verrà portato al più presto - dice lui, rivolgendoci un sorriso leggermente giallastro.

- Abbiamo bisogno di sapere di Zalgo - dico, senza girare attorno all'argomento, per quanto ciò sia avventato.

Ben mi rivolge un'occhiata di rimprovero, ma certo stare a girare attorno alla cosa non sarebbe servito. Ora l'ho detto e fine della storia.

Noto l'irrigidirsi della mascella dell'uomo, mentre appoggia il bicchiere di fianco a sé. Pare abbastanza nervoso.

- Zalgo?

- Certo. Il ragazzo è già stato trasformato, vero? - dico, appoggiando le mani al bancone - Abbiamo tutta l'intenzione di entrare a fare parte di voi seguaci di Zal...

La mia voce si blocca e si spegne, dopo la decisione iniziale. L'uomo è cambiato. I suoi occhi sono divenuti due pozzi neri, e vedo un paio di canini spuntare dalle sue labbra.

Mi sorride, scuotendo la testa - Non mi freghi, ragazza. Odori di Creepypasta come non mai. Tu e il tuo amico. E mi ricordo di te.

L'uomo mi si getta addosso con un'agilità che non si addice ad un ultrasessantenne, e presto mi ritrovo con le sue mani attorno al collo, stesa sul pavimento del locale.

Mi dimeno e, grazie a Nayru, riesco a colpire la gamba dell'uomo con uno dei miei anfibi con tutta la mia forza. Credo di aver fatto bene ad indossarli, stasera.

Riesco a rialzarmi non appena lui allenta un poco la presa, e riesco a vedere Ben lottare con il futuro pensionato più forte che si sia mai visto. 

Subito cerco qualcosa da usare come arma e, istintivamente, prendo una sedia.

L'uomo dagli occhi neri affonda con gli artigli neri che potrebbero essere paragonati a quelli di un gigantesco felino nella carne dell'Hylian, che si lascia sfuggire un verso strozzato ed indietreggia.

Corro verso l'uomo, sentendo montare la rabbia, e colpendolo con la sedia. Speravo di farlo stramazzare a terra, ma tutto ciò che fa è incassare il colpo e voltarsi verso di me.

- Zalgo si arrabbierà per questo, Emy Evans.

Lo sento chiamarmi per nome e, non so perché, questa cosa mi fa rabbrividire.

- Allora lasciami parlare con lui - dico, cercando di colpirlo ma vedendolo schivare immediatamente - Lasciami entrare nella vostra dannata setta, non so neanche se sono contro di noi!

- Creepypasta - borbotta lui, e sento un dolore bruciante allo stomaco, quando incasso il suo primo pugno - Voi non vi fidate mai di noi. E noi facciamo lo stesso.

Sorride, mostrando i canini, giallastri ma comunque affilati, e cercando di darmi un calcio. Questa volta, stranamente, riesco anche a schivare, anche se sento ancora il dolore causato dal suo precedente colpo.

Lui cerca ancora di gettarsi su di me, ma stavolta sono più preparata, e carico un calcio diretto esattamente all'inguine. L'uomo cade e istintivamente inizio a colpirlo, dandogli ripetuti calci. Ora, decisamente, non sembra forte quanto prima.

Anzi, colpirlo è soddisfacente, infinitamente soddisfacente.

Sembra di sentire una scarica di energia lungo la mia schiena, ogni colpo mi fa sentire più potente contro questo dannato, lurido mostro.

Ridacchio, notando come cerchi pateticamente di difendersi dai miei attacchi. Voglio colpirlo, ancora e ancora. Ne ho bisogno, è più forte di me.

Mi prudono le mani, non voglio limitarmi a dargli dei calci. Voglio graffiargli il viso, coprirlo di tagli, mettere i pollici sui suoi occhi ed iniziare a spingere...

Poi, però, mi sento tirare indietro, venendo strappata dall'estasiante sensazione che stavo provando fino ad un momento fa.

Mi volto cercando istintivamente di mordere e graffiare il mio aggressore, ma mi sento bloccata. I miei occhi incontrano lo sguardo duro di Ben.

Mi tiene con forza, e io inizio a calmarmi.

- Stai qui. Non fare nulla - dice lui, prendendo sulla spalla, come un sacco di patate, quella sorta di strano demone.

Aggrotto le sopracciglia, giocherellando con le mie mani. Ho pensato davvero a tante cose orrende. Mi mordo un labbro, nervosa. Il virus sta diventando un vero problema.

Sento un sapore amaro sulla lingua. Mi sembra di essere disgustosa, per colpa della gioia immane che stavo provando. Se non ci fosse stato Ben, avrei ucciso quel tipo.

- Aspetta, Ben... q-qualcuno ha chiamato la polizia? Qualcuno ci ha visti? - chiedo, cercando di allontanare i pensieri riguardanti il virus da me.

- Nessuno - bofonchia l'uomo, tossendo. Un rivolo di sangue scende dal suo naso già gonfio.

Non voglio fissarlo, ma i miei occhi sono catturati dal rosso e mi sembra di non poter togliere gli occhi da quell'unica scia cremisi.

- Ben - dico - Ora cosa...

- Lo portiamo via, e gli facciamo delle domande. Non eri tu ad avere il piano in mano, in teoria?

- Io... sì, certo che ho il piano in mano! - dico, cercando di riacquistare la decisione della mia voce  - Lo portiamo alla Casa e...

- Alla Casa? - chiede lui, scettico - Un nemico nella nostra base?.

- Non mi pare che sia un granché forte, per essere un seguace di Zalgo. E poi hai in mente altri posti? Zalgo è già stato nella Casa, a questo punto farci entrare un prigioniero ferito e debole non dovrebbe essere chissà quale problema, no?

- Giusto - dice Ben, dirigendosi verso quello che sembra un normale telefono, appoggiato vicino alla cassa. Probabilmente quello del seguace di Zalgo.

Ben, con ancora in spalla il prigioniero, mi porge una mano - È da un po' che non lo facciamo, vero?

Annuisco, prendendo le sue dita tra le mie, e chiudo gli occhi. Entrare in un macchinario elettronico è sempre strano. È come dover sfondare una spessa parete di gelatina, non mi viene in mente nessun altro modo per descriverlo.

Resto ad occhi chiusi, e come qualche giorno fa ci ritroviamo in una casa al limitare del bosco.

- Sbrighiamoci - dice Ben - Questo tizio sarà anche semicosciente, ma sembra riprendersi presto.

Usciamo rapidamente, quasi correndo nella foresta, ma dovendo ogni tanto rallentare per riprendere fiato, mentre il seguace di Zalgo ballonzola sulla spalla del biondo e sanguina sui suoi vestiti.

L'odore del suo sangue mi sembra davvero delizioso, ma cerco di concentrarmi su altro.

Devo concentrarmi su altro, tipo il rumore dei miei passi, o il fruscio poco rassicurante delle foglie nel buio.

Quando arriviamo davanti al decadente edificio mi sento stranamente rassicurata. Sto davvero iniziando a pensare di potermi sentire al sicuro, qui?

Ben entra prima di me, dirigendosi senza una parola verso stanze in cui non sono mai stata a gironzolare.

- Questo posto ha una prigione o simili? - chiedo, cercando istintivamente delle tasche in cui mettere le mani ma accorgendomi di avere solo un dannato abito.

- Ovvio, ne dubitavi? - chiede lui.

- Giusto, avete anche una sala da ballo dove organizzate serate discoteca, suppongo - dico, e seguo Ben in quelle che, evidentemente, sono le prigioni.

Breath | Ben DrownedWhere stories live. Discover now