Capitolo 53.

1.2K 97 23
                                    

Allyson's pov.

E' dalle sette che sono sveglia e guardo il soffitto.
Jace dorme sogni tranquilli accanto a me.
Sento il suo respiro regolare soffiarmi sul collo: è caldo, calmo, rilassante. Vorrei girarmi e tornare a dormire, ma non ci riesco. Le domande che continuano a perseguitarmi sono troppe, ed io non riesco più a reggere il peso di essere di me. Vorrei tornare indietro di un anno, a quando le cose erano semplici, a quando le uniche preoccupazioni che avevo erano quelle di dover studiare in tempo un intero capitolo di filosofia. E' così difficile adesso, convivere con gli incubi di ogni giorno. I flashback che nei momenti in cui mi sento libera, si susseguono uno dietro all'altro, riportandomi in mente le atroci sofferenze che ho dovuto subire, mi fanno sprofondare in un fondale oceanico dove so di non riuscire a risalire in superficie. E' passato tempo, ma come dimenticare il primo stupro, talmente doloroso che non si può equiparare a tutto il resto. Le sue mani sporche sul mio corpo ancora vergine, violandolo di tutta la sua purezza. La sua saliva che scivolava lungo il mio collo, inumidendolo e disgustandomi. Le urla di Isabèl quando mi vide legata a quel maledetto letto matrimoniale con delle manette talmente strette da farmi diventare i polsi viola. Ero malnutrita, erano giorni che non mangiavo, e le forze iniziavo a mancarmi. Evelyn, in lacrime dopo aver visto per la prima volta il mio volto coperto da degli intensi lividi. Lucas mi aveva spaccato il labbro, lacerandomi anche il mento. E come dimenticare la faccia sconvolta di Yasmin, quando vide i primi tagli inflittimi sulla schiena con un bouchet, un coltello per sfilettare la carne . Ricordo che le veniva quasi da vomitare nel vedere quel sangue scorrere irrefrenabilmente lungo la mia schiena nuda. Io invece non provavo più nulla, il dolore si era insediato dentro di me e non voleva più saperne di uscire. Negli attimi in cui sono apparentemente felice, mi torna in mente la risata di Isabèl, così dolce e buffa che solo a pensarci sorrido. Eppure, mentre io adesso sono qui, lei è ancora in quel sudicio posto a sperare in una libertà che forse non arriverà mai. E' cosi pesante sapere di essere libera, ma vincolata. Pensavo che una volta fuggita da quel posto, sarei riuscita a riprendere in mano la mia vita, invece è come un giro sulle montagne russe, piena di alti e bassi che non mi lasciano nemmeno il tempo di riprendere fiato. Perché è dovuto capitarmi tutto questo? Non bastava il fatto che vivessi in una famiglia totalmente assente? Ora che ci penso, devo anche mandare un messaggio a mio padre, è da quando siamo arrivati che non gli ho fatto ricevere mie notizie. Prendo silenziosamente il telefono da sopra il comodino e apro Whatsapp, le dita si muovono da sole.

"Ciao Jason, lo sai che non mi piace chiamarti papà, lo faccio solo per farti contento...quindi ricominciamo: Ciao papà, la casa è molto grande e bella. Fa freddo sai? Non abbiamo comprato la legna per la stube perché ce ne siamo completamente dimenticati. Mi dispiace per il dispiacere che ti ho recato. Non sono stata una buona figlia, e tu non sei stato un buon padre. Ho sperato così a lungo in un cambiamento da parte tua e di Clarice: un cambiamento che mi avrebbe portato a restare in quel luogo che chiamavo casa, un tempo. Lo so che fuggire mi ha portato delle gravi conseguenze che ancora oggi non riesco a scrollarmi dalle spalle. E' così doloroso andare avanti e fingere un sorriso sul viso, nonostante le ferite ancora da sanare. Io sto bene, non ti preoccupare. Sono grande, riuscirò a superare anche questo, in un modo o nell'altro. Tu invece? Sei riuscito ad innamorarti di nuovo della donna che mi ha messa al mondo? Delle volte ci penso, sarebbe stato meglio per tutti quanti se quella volta aveste preso la decisione di rimandare, di avere un figlio più avanti. Perché mi avete voluto così male? Perché mi avete fatta sentire sbagliata per tutto quel tempo? Perché tu solo adesso capisci che oltre al tuo lavoro, e a quelle stupide ragazzine che ti portavi a letto, esisto anche io?. Un bacio immenso, da Allyson, quella che un tempo molto lontano, consideravi importante."

Premo invio e ripongo il telefono da dove l'ho preso. Mi giro per controllare se Jace dorme e quando vedo i suoi occhi chiusi, mi rimetto supina. Torno a guardare il soffitto ed una lacrima involontaria mi scivola bagnandomi il labbro, non riesco ad accettare la vita che possiedo. E' come se Dio si prendesse gioco di me, continuando a spingermi oltre il limite, che cosa vuole ottenere? Che cosa vuole farmi capire? Penso attentamente a tutto ciò che mi è successo all'interno del night, analizzando ogni situazione malata e morbosa da parte di Lucas. Le violenze fisiche non erano punizioni, erano un modo di eccitarsi, una strana perversione che gli piaceva praticare su di noi, o meglio, su di me. Gli abusi psicologici servivano per farmi cadere in un baratro che mi avrebbe ridotta in cenere, in modo da non farmi reagire a nessun sopruso. Ho imparato a restare calma ed indifferente ad ogni insulto, anche se sentivo l'anima graffiarsi e staccarsi piano piano dal mio corpo. Sono troppo le volte che avrei voluto urlare dal dolore che mi stava infliggendo, eppure sono rimasta in silenzio, con solo i denti stretti sul labbro a trattenere le grida. Se socchiudo gli occhi, riesco ancora a sentire il rumore delle fruste che si scagliavano sul mio corpo, ormai distrutto. Le lacrime che scendevano silenziose sul mio viso scavato, mi bruciavano le guance. La sua voce roca che mi intimava di reagire, era una sorta di provocazione, se solo avessi fatto come diceva, mi avrebbe colpita in faccia. I calci sul ventre, sui fianchi, sulle gambe, ed i lividi che comparivano lasciandomi delle macchie viole, erano cosi dolenti che la notte pregavo che tutto finisse. Mi chiedo come io abbia fatto a resistere per tutto quel tempo. Vittima di un malato che ancora ora, se mi avesse a sua disposizione, farebbe qualunque cosa per recarmi dolore. Non posso descrivere le sensazioni che provavo, quando sentivo i suoi passi sul parquet di legno, così intensi da farmi tremare. La porta che piano si apriva, mi trasmetteva un senso così forte d'ansia, che per provare a distrarmi sfregavo forte le caviglie fra di loro, per provocarmi un dolore volontario.

Salvata dalla strada - un destino a due facce.Where stories live. Discover now