23.

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Tic Tac

Tic Tac

Tic

"Tac."

Il grande orologio a parete della camera segna il tempo che scorre viscido tra le dita.

Sento bussare alla finestra, ma forse sono solo i rami della grande quercia del cortile che battono contro il pavimento del balcone. Oppure é il sole di Maggio, che mi chiede timido di uscire, di aprire gli sportelloni e ridare freschezza ad un ambiente che ha conosciuto l'Ade troppo presto.

Il vecchio giradischi del nonno gracchia un po', come se anche lui mi stesse pregando di andare, mentre amplifica le note di una canzone di Tenco.

Beatrí, se famo na flebo? Na fisiologica?
Ripiate!

Allargo le braccia sopra il lenzuolo soffice, muovendole come una stella marina sulla neve: il soffitto é bianco, astemio, noioso.

Un po' come te, Mercoledí Addams.

Tic Tac

Tic Tac

Tic

Tac: la porta si apre vergognosa, lenta e discreta come la risata di un bebé. La testa della mamma spunta dalla sagoma di legno, i suoi occhi costernati e caldamente ghiacciati mi cercano nella penombra.

"Amore? Posso entrare?"

Il suono armonico della sua voce precede la risposta di Tenco, che le dice di essersi innamorato di lei perché non aveva niente da fare.

E tu, Beatrí? Tu che c'hai da ?
Tu che rifiuti l'amore perché ce n'hai troppo, come te permetti de ascoltá Tenco?

"Ti ho portato qualcosa da mangiare." mi informa, ma so che invece vorrebbe dirmi: "Ti prego, lasciami entrare."

Spingo la testa sul materasso -tu, materasso ladro, che hai un po' del suo sudore impregnato nel tessuto- e annuisco concedendole di venirmi incontro. Posa il vassoio sul comodino, scostando un volantino di un evento accademico già scaduto, e si siede accanto a me, carezzandomi la fronte calda.

"Mangia qualcosa, non hai toccato niente a pranzo."

"Non mi va." -rimbecco, guardandolo compatirmi- "Forse dopo."

Non voglio far soffrire anche lei: ne ho abbastanza degli occhi tristi.

Te tormentano, eh?
Quegli occhi ar tabacco che te ricorda le Lucky Strike che se fumava sur balcone tuo.
Nun te fanno dormí, eh?

"Bea, devi.." -tituba, mordendosi la lingua- "Devi reagire. Non puoi rintanarti qui per sempre."

Batto le palpebre, ruotando il viso per osservare la quercia oltre la finestra. Le foglie hanno il colore della sua iride vicino alla pupilla, la corteccia quello del cerchio più esterno.

"Da quant'é che non apri quella finestra?"

Il disco di Tenco ha smesso da un po' di girare e si sta graffiando fino alla rovina.

Rovini pure gli Lp de tu nonno, ma nun te vergogni?

La mamma sospira preoccupata e si avvicina al lettore, alzando la puntina, poi si trascina allo sportellone e lo spalanca, insieme alla serranda grigio tubo che tossisce stanca. Un cono di luce scivola sul parquet mogano, illuminando un vortice di particelle di polvere che corrono impazzite nell'aria, e mi solletica il piede, che sotto il sole riflette tutto il suo pallore. I mobili scricchiolano, come se una nuova freschezza li avesse risvegliati, e un vento gentile mi sputa in faccia il suo tocco, che mi ricorda tanto le sue mani la mattina, quando dovevo ancora aprire gli occhi.

"Ti manca, vero?"

un bacio al tabacco. | måneskinDonde viven las historias. Descúbrelo ahora