05. Intruso

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Un essere non identificato aveva invaso il suo dominio, entrando dal confine est, riuscendo ad evadere le sue guardie. Lo stava sfidando apertamente e lui doveva rispondere. Stranamente era più tranquillo del solito, probabilmente la sua tranquillità era dovuta a lei. Doveva essere sicuramente lei, non vi poteva essere altra spiegazione logica. Normalmente avrebbe fatto una strage a una notizia simile, ma ora la sua unica preoccupazione dopo il branco era lei.

«Voglio che una squadra di pattuglia controlli subito cosa sta accadendo al confine est. Ora!» I muri avevano tremato e perfino Artemisia aveva sentito che qualcosa non andava. Si era svegliata tardi quella mattina e aveva trovato sul cuscino accanto al suo un post-it di Boris. Era un vichingo duro e dai tratti spigolosi, che non mostrava mai il suo vero io alle persone attorno a se. Con lei però era sempre stato gentile e premuroso, riuscendo a rompere quegli schemi che aveva immaginato potesse avere. In una settimana che avevano passato insieme aveva avuto modo di scoprire questo lato del suo carattere e molto altro. Avevano passato tutte le sere a parlare e a raccontarsi aneddoti delle proprie vite, scoprendo che erano uno l'opposto dell'altra, ma che inspiegabilmente riuscivano ad andare d'accordo. Boris aveva cercato di ritagliarsi degli spazi per se e per la sua compagna, cercando di essere presente almeno alla sera durante la cena. Stava imparando a gestire più di una cosa contemporaneamente e ci stava riuscendo anche abbastanza bene. Artemisia aveva scoperto qualcosa in più sul mondo delle creature sovrannaturali, imparando che i licantropi non erano gli unici mannari, vi erano anche i leoni, i giaguari e le pantere. Di storie sul sovrannaturale ne aveva lette tante e altrettante ne aveva amate, ma rimaneva comunque allarmate scoprire che tutto quello che si credeva una fantasia, fosse in realtà la quotidiana del mondo stesso. Le sembrava di vivere in una serie tv, una di quelle che aveva sempre amato tanto, per l'adrenalina che le trasmettevano, ma quella non era la fantasia di un qualche regista e Artemisia lo avrebbe scoperto presto a sue spese. Fece colazione con dei pancake farciti con sciroppo d'acero e frutta fresca, poi tornò in camera e si vestì con alcuni abiti di Boris. Era da una settimana che si aggirava in quell'appartamento vestita come un uomo. Per l'abbigliamento non poteva fare molto, ma non sarebbe di certo stata un altro giorno a girarsi i pollici in quella casa. Per sei giorni aveva pulito ogni cosa possibile in quell'appartamento, cercando di far passare le giornate. Raccolse i capelli un po' mossi in una crocchia disordinata e uscì dalla casa che condivideva solo con Boris. Scese le due rampe di scale in legno e si ritrovò nel salone comune della casa branco. Si guardò intorno curiosa, notando che vi erano parecchi lupi presenti. Alcuni di loro si girarono verso di lei e abbassarono appena il capo in segno di rispetto, senza sbilanciarsi troppo in gesti eccessivi e Artemisia, in un certo senso, gliene fu grata. Non avrebbe saputo cosa fare in caso contrario. Girò per qualche altro minuto tra le stanze infinite di quella casa e i vari corridoi, poi sentì qualcuno toccarla sulla spalla, facendola girare.

«Mia Luna non potete stare qui.» Quello era Sergei il beta di Boris e anche il suo migliore amico. Lo aveva conosciuto qualche giorno prima e le era sembrata un'anima così affine a quella di Boris, anche se non aveva ancora scoperto il motivo per il quale non riusciva a leggere l'aurea del suo compagno. Sergei era stato facile da leggere, tanto che era riuscito subito a diventare simpatico ad Artemisia,
«Ciao Sergei. Puoi dirmi dove posso trovare Boris? Devo chiedergli una cosa.» Artemisia aveva bellamente ignorato quanto Sergei le aveva appena detto. Il diretto interessato infatti alzò un sopracciglio e poi fece un piccolo sorriso. Quella ragazza non avrebbe mai e poi mai fatto quello che lui le avrebbe detto, lo aveva capito dal suo primo sguardo. Era un'anima libera e dominante, non si sarebbe fatta ammaestrare così facilmente.
«Certo, vieni con me.» Nel frattempo Sergei comunicò con il suo Alpha cosa stava accadendo, tramite il collegamento mentale che legava ogni lupo. Arrivarono davanti a una porta tutta nera, che aveva l'aria di essere piuttosto vecchia e pesante. Stonava un po' con il resto della casa, benché il tutto fosse piuttosto datato rispetto all'appartamento dell'Alpha. La porta si aprì poco dopo, senza che nessuno la toccasse, rivelando l'interno di uno studio in cui l'ordine regnava sovrano. Seduto dietro una scrivania in legno massiccio c'era Boris, impegnato a leggere dei fogli. Appena la porta fu del tutto aperta, il capo branco alzò lo sguardo verso la sua compagna e sorrise. Il solo vederla lo faceva sentire vivo.
«Grazie Sergei.» Il Beta fece un cenno del capo, per poi sparire dietro la porta dello studio, che ora stava per richiudersi sempre da sola.
«Ciao.» Un timido sorriso nacque sulle labbra della ragazza. Le era mancato e se ne era resa conto solo ora, guardandolo negli occhi.
«Ciao.» Rispose Boris alzandosi dalla sedia. Benché avesse altro per la testa, per lei avrebbe sempre trovato il tempo. Era la sua compagna, la sua ragione di vita al momento.
«Volevo fare un giro e chiederti se posso avere degli abiti miei. Tornerei a casa, ma mi hai spiegato cosa succederebbe se lo facessi, quindi...» Artemisia si strinse nelle spalle, non sapeva cosa dire. Si sentiva sempre molto stupida quando parlava con Boris. Lui era l'opposto di lei. Seducente, confidente in se stesso, aperto a fare nuove conoscenze.
«Più tardi ti farò accompagnare in città. Ora scusami, non vorrei essere brusco, ma ho avuto dei problemi e devo risolverli.» Sergei gli aveva appena detto che la squadra inviata al confine est aveva catturato l'intruso e stava tornando verso la casa branco.
«Okay, grazie. Posso aiutarti a risolvere questi problemi o è meglio che me ne vada?» Aveva paura ad essere troppo invadente, non era mai stato nel suo carattere il domandare troppo, ma da quando aveva conosciuto Boris era un'altra persona. Il suo corpo la spingeva a fare ciò che lei non avrebbe mai fatto. Era come se fosse diventata più impulsiva, più reattiva, più focosa.
«No Artemisia. Vai nell'appartamento.» Ed era quello che voleva fare, con tutta sé stessa, ma fu quello che non fece mai. Boris se ne andò due secondi dopo dallo studio, lasciandola sola. La ragazza si guardò un po' intorno poi si decise ad uscire da quel posto e fare quanto le era stato detto. Non seppe di preciso in quale momento cambiò idea, ma fu solo quando si trovò all'esterno della casa che capì di non essere nell'appartamento. Spinta da una forza interiore, guise ai piedi di quella che poteva essere considerata un'arena, ma scavata nella terra. Un forte vociare proveniva da lì e Artemisia, in preda alla curiosità, entrò nel luogo, ignorando ancora una volta quanto le aveva detto Boris. Era pieno di gente, che immaginò essere tutti licantropi. Al centro dell'arena vi era Boris che stava di fronte ad un uomo in ginocchio, il cui volto era segnato da tagli, sangue e lividi. Silenziosamente, senza farsi notare Artemisia arrivò davanti allo spettacolo che stava per andare in onda, se lei non fosse arrivata.

Boris aveva sentito che qualcosa non andava. Alzò lo sguardo e vide la sua compagna entrare nel cerchio dell'arena e avvicinarsi a lui. Abbassò subito il pugnale e fisso in tralice l'uomo. Quando Artemisia arrivò accanto a lui, la fissò per qualche minuto, poi si decise a parlare.
«Cosa stai facendo?» Il tono della sua voce era in parte sorpreso e in parte iracondo. Cosa diamine stava facendo la sua donna e perché non era in casa?
«Chi è quest'uomo?» Nella sua mente Artemisia stava leggendo l'aurea dell'uomo piegato sulle sue ginocchia. Aveva paura, ma sentiva che qualcosa in quell'uomo sarebbe servita al branco di Boris e anche a lei. La folla nell'arena, che prima incitava il loro Alpha, ora era muta, in attesa che accedesse qualcosa. La sua aurea non era più così chiara come prima, sembrava modificata, oscurata.
«È l'intruso.» Rispose Boris alzando un sopracciglio verso la sua compagna. Non aveva idea di cosa stava facendo e non avrebbe neanche potuto fermarla. Sebbene non avesse ancora fatto il rito di iniziazione per diventare parte del branco, Artemisia era a tutti gli effetti la sua Luna. La ragazza nel frattempo era cambiata davanti agli occhi di tutti, ma senza che nessuno se ne accorgesse. I suoi occhi prima color del cielo, ora erano diventati rossi, rossi come il fuoco.
«Si, lo è. Ma è anche qualcosa in più. Dimmi Isak cosa ci fai qui?» Artemisia stava girando intorno all'uomo che era ancora in ginocchio, ma che quando aveva sentito il suo nome aveva alzato la testa verso la ragazza. Mentre Artemisia girava intorno all'uomo, prese dalle mani di Boris il pugnale. Era in argento.
«Come sai il mio nome puttana?» Isak non era un uomo qualsiasi. Gli occhi di Artemisia a quella domanda poco garbata si fecero più rossi. Un colpo secco, in faccia. Un lungo taglio segnava ora il viso di Isak. Boris non credeva ai suoi occhi, quella ragazza era una sorpresa. Non la credeva possibile di fare del male neanche ad una mosca ed ora invece aveva appena sfregiato a vita il volto di un uomo.
«Non è gentile da parte tua parlarmi in questo modo. Te lo chiedo solo un'altra volta. Che cosa ci fai qui Isak?» Artemisia si fermò esattamente davanti alla faccia di Isak e si piegò sulle gambe, guardandolo dritto negli occhi senza paura. Gli occhi di Artemisia stavano ancora bruciando. Isak si spaventò a guardarla. Non poteva essere, non poteva essere lei. Gli unici due esemplari creati erano scappati dai laboratori decenni prima, ora ormai dovevano avere una cinquantina d'anni, non una ventina come la donna che gli stava di fronte! Non era possibile, nulla di tutto quello era possibile. Eppure lei era lì.
«Sono qui perché devo parlare con l'Alpha e con la Luna del branco.» Artemisia alzò lo sguardo verso Boris che aveva incrociato le braccia, non credeva visibilmente a nessuna delle parole che erano uscite dalla bocca di Isak. Ogni persona nell'arena sembrava essere incanta da quello che stava succedendo e dalla loro Luna.
«Di cosa ci devi parlare?» Ciò che però stupiva più di tutto Boris era Artemisia. Non avrebbe mai immaginato che potesse essere così. Sembrava avere un temperamento differente dal solito, era più dedita allo scontro, alla violenza.
«Di un progetto. Il progetto XA.»

Artemisia a quelle parole cadde a terra in preda agli spasmi. Ora tutto il suo corpo era ricoperto da fiamme. Stava bruciando, ma senza bruciare realmente. Boris non sapeva cosa fare, mai aveva visto una cosa del genere in vita sua. Stava soffrendo per la sua compagna senza rendersene conto è anche lui cadde a terra in ginocchio. Artemisia era ancora in forma umana, ma sentiva che il suo lupo stava per emergere e lei non fece nulla per impedirglielo. Pochi istanti dopo Artemisia era un grande lupo, alto almeno due metri, il pelo era rosso, ma non un rosso normale, sembrava che stesse bruciando. Era come se il pelo fosse vivo, fuoco vero. Un forte ruggito riecheggiò nell'arena, scatenando diversi mormorii. Non era un ruggito normale, comune tra tutti i lupi. No, quello era un ruggito da Alpha, della stessa intensità di quello di Boris. Potente e opprimente. Ti piegava al suo volere e non potevi dare altro che assecondarlo.

«Ecco quello di cui vi devo parlare.» Disse Isak indicando Artemisia con la testa. Aveva scoperto da poco di essere un licantropo e non aveva ancora imparato a controllarsi, a differenza di Boris che lo era da tutta la sua vita e lo aveva sempre saputo. Era stato Isak ad indurla alla trasformazione, Artemisia lo sapeva, se lo sentiva. Si avvicinò a lui che era ancora in ginocchio a terra e gli ringhiò così forte che i suoi capelli volarono all'indietro e lui cadde di schiena a terra. Lei non era mai stata una lupa qualsiasi e mai lo sarebbe stata. Era giunto il tempo che tutti lo capissero.

XA - Progetto AlphaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora