Prigioniera

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Fissai il vuoto con gli occhi ormai asciutti e un senso di impotenza che mi stringeva il petto.
Potevo ancora sentire il suono della serratura che scattava, lasciandomi sola in quella camera enorme. Un rumore insignificante e breve che avevo sentito milioni di volte, ma che non era mai parso tanto minaccioso.
Dopo un respiro tremante mi rimisi in piedi e cominciai a perlustrare la mia "cella".
Era una camera da letto rettangolare, con le pareti sui toni del grigio e del marrone, il pavimento ricoperto da assi di legno lucido e scuro e una fila di grandi finestre che illuminavano a giorno l'ambiente. Mi stupii nel constatare che si allungavano fino quasi al soffitto, assottigliandosi gradualmente in modo da terminare con una punta.
Era strano trovare dei dettagli simili in una casa d'oggi giorno ma non ci feci caso più di tanto.
Quello che veramente catturò la mia attenzione, fu il panorama che si intravedeva al di là dei vetri.
Un mare di pini si estendeva a perdita d'occhio, nascondendo il suolo e qualsiasi forma di abitazione, mentre
montagne parzialmente nascoste da folte nuvole bianche, si innalzavano alle spalle della foresta, limitando lo sguardo.
Era uno spettacolo mozzafiato.
Mi chiesi se quella casa, apparentemente costruita su una piccola altura, fosse davvero circondata solo da alberi e animali selvatici.
Non riuscivo ad intravedere case, sentieri, tracce che mi aiutassero a capire dov'ero finita, o dove sarei potuta andare.
Nessun tetto, fumo, movimento.
Ma non mi diedi per vinta: come poteva un'abitazione essere così isolata? Sicuramente c'era un paesino nelle vicinanze. Mi sarebbe bastato affacciarmi sull'altro lato della proprietà per vederlo.
A quel punto avrei dovuto solo correre.
Oltrepassai la libreria che affiancava il letto e, affondando i piedi in un morbido tappeto color cammello, scesi i pochi scalini che separavano il basso soppalco su cui era stata sistemata la zona notte e il resto della camera, e mi avviai verso le tre porte che spuntavano sul lato opposto della stanza.
Erano tutte in legno chiaro, abbinate al tappeto, e non vedevo l'ora di sapere cosa nascondessero.
Partii da quella a sinistra.
Girai il pomello e mi affacciai cautamente in quella che sembrava la cabina armadio più grande di tutti i tempi. Era lunga e stretta per i primi metri, ma più andavo avanti e più mi rendevo conto di quanti piccoli corridoi e stanze contenesse.
Ogni zona era organizzata per tipo di indumenti. Si andava da quelli di tutti i giorni, a quelli sportivi per poi arrivare ai completi eleganti, tra i quali intravidi degli abiti stranamente antiquati.
Ovviamente era tutto diviso in base al periodo dell'anno. Ed erano tutti capi maschili.
Le scarpe, le cinture e il resto degli accessori erano sistemati in delle lucide cassettiere, al centro delle stanze.
Notai però che la parte destra della cabina, speculare a quella che avevo appena esaminato, era deserta, fatta eccezione per alcuni mobili e il costume da cappuccetto rosso, che prontamente indossai. Non era molto adatto per una fuga, ma i vestiti di Trent erano veramente troppo grandi per me.
Sarei inciampata dieci volte ancora prima di arrivare al limitare del bosco.
Uscii velocemente, dopo aver recuperato un paio di boxer che non mi feci troppi scrupoli ad indossare e un fazzoletto di stoffa.
Mi lanciai solo un'ultima occhiata alle spalle, prima di rinchiudere la porta e scossi la testa incredula.
Come poteva un uomo avere così tanti vestiti? Soprattutto lui. Il gigante che sembrava essere uscito da uno degli episodi di Vikings o Game of Thrones.
Assurdo.

La seconda porta, quella di mezzo, era chiusa a chiave e anche se provai a scassinarla con una forcina come si vedeva nei film, e a tirare la maniglia fino a cadere con la grazia di un rinoceronte sul didietro, rimase sigillata.
Era ufficiale: avrei fatto schifo come ladra. Per fortuna non mi aveva mai attratta molto la criminalità.
Sbuffai, scacciando infastidita le ciocche bionde che mi erano cadute davanti agli occhi e mi rialzai, massaggiandomi la parte lesa, prima di cominciare a camminare verso l'ultima stanza.
Non mi sorpresi più di tanto quando mi ritrovai in un bagno con tanto di doccia per due e jacuzzi. Però un brivido freddo mi risalì per la spina dorsale, quando, mentre osservavo due lavandini gemelli con rifiniture d'oro, un pensiero si fece largo tra gli altri: è ricco. L'uomo che mi ha spiata e rapita, che mi ha spogliata e rinchiusa, la persona che fino a poco fa mi stava mostrando dei denti innaturalmente lunghi in un'espressione minacciosa e che è tre volte più grossa di me, è ricca.
Non so perché non avevo ancora realizzato quanto potesse essere pericoloso quell'aspetto.
Ogni dettaglio in quel posto sembrava gridare lusso; era impossibile non notarlo, ma ci ero passata sopra con superficialità.
Stupida, stupida.
Non ero un ospite a casa di un amico ricco. Non dovevo solo ammirare quello che mi circondava.
Dovevo analizzare.
Capire.
O non ne sarei uscita in tempo.
Strinsi le dita sul bordo candido di uno dei lavandini per fermare il tremito delle mani.
Trent non era un uomo normale. Probabilmente non era nemmeno un uomo e io non potevo permettere che capisse la verità su di me.
Avevo lavorato sodo per nascondermi, mimetizzarmi tra i miei coetanei, e la mia invisibilità era stata la mia salvezza. Non potevo permettere che andasse tutto in fumo per colpa sua.
Alzai lo sguardo verso lo specchio rotondo che avevo davanti e quello che vidi non mi aiutò per niente: i miei occhi azzurri erano spalancati per la tensione e gonfi per le lacrime versate; la bocca era stretta in una linea severa, mentre i capelli scompigliati rispecchiavano la mia agitazione.
Recuperai un elastico dal piccolo sacchetto di velluto che avevo attaccato alla cintura la sera prima. Per fortuna Trent non sembrava aver toccato nulla. C'erano ancora i soldi e la patente, più un rossetto rosso e un paio di forcine.
Mi legai velocemente i capelli in una lunga treccia, in modo che non mi intralciassero nei movimenti e non mi finissero davanti agli occhi.
Poi mi sciacuai il viso con l'acqua fresca e, dopo pochi attimi, mi sentii pronta per riprendere il mio giro di ricognizione.
Aprii tutti i cassetti e le ante del mobile bianco sotto ai lavandini, ma tutto quello che trovai furono il sapone, degli shampoo di scorta e diversi asciugamani.
Sbuffai infastidita.
Sinceramente avrei sperato di trovare almeno un paio di lamette. Quanto minacciosa sarei stata con in mano degli asciugamani puliti e un flaconcino di sapone?
Alzai gli occhi al cielo.
Dovevo imparare a girare con lo spray al peperoncino nella borsa e una lametta nascosta nel reggiseno.
Fino a qualche ora prima l'avrei ritenuta una precauzione a dir poco esagerata, ma se fossi riuscita a scappare da quel posto, mi sarei impegnata per essere più prudente.
Con un sospiro richiusi le ante senza alcuna delicatezza e mi guardai in torno in cerca di altri accessori da bagno.
Niente.
L'unico posto in cui potevo sperare di trovare qualcosa era la doccia, ma quando mi ci affacciai, con mio grande disappunto, trovai solo uno shampoo e un bagnoschiuma da uomo.
Perfetto, pensai ironica.

Cappuccetto rosso e il lupo [#wattys2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora