Il dono

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Anche in questo caso, se non gradite scene esplicite di sesso, è meglio se leggete solo la prima parte o se saltate il capitolo.

Le mie gambe sembravano avere vita propria.
Non era da molto che mi muovevo nel castello e mi ero sempre sentita più sicura quando Amelia era con me.
Ma in quel momento non tentennai, non mi feci venire dubbi sulla direzione che stavo prendendo.
Era come se il mio corpo conoscesse perfettamente la strada, ed io, per una volta, mi feci guidare solo dall'istinto.
Trent può essere ferito, continuavo a pensare.
Per colpa mia.
Era tutta colpa mia.
Avrei dovuto confidarmi con lui, fargli capire di non essere pericolosa, che il mio era un segreto che doveva rimanere tale.
Infondo, per quanto fosse contorto il suo modo di trattarmi, aveva detto di volermi proteggere.
Ed io ci credevo.
Continuai a muovermi velocemente anche una volta arrivata al piano terra, scansando le persone che mi impedivano di avanzare.
Non fu necessario nemmeno chiedere dove fosse l'infermeria, perché una piccola folla di curiosi si era già riunita vicino ad un breve corridoio.
Anche questa volta, mi feci notare, sgomitando e urlando «permesso» diverse volte.
Poi, nella confusione, qualcuno mi notò e, riconoscendomi come la compagna del loro Alpha, intimò agli altri di lasciarmi passare.
Ringraziai distrattamente il lupo e, senza attendere oltre, aprii la porta di legno ed entrai nella stanza.
Era molto spaziosa e notai che impianti in metallo, computer e macchinari, si affiancano a mobili antichi, piante, fiori e mortai.
L'effetto finale era abbastanza sorprendente, ma io non ci badai troppo, già diretta verso la fila di letti sulla mia destra. Era da lì che sentivo provenire il dolore e non mi stupii quando, al primo colpo, aprii la tendina che nascondeva alla vista esterna la mia amica in lacrime e quello che immaginai essere il suo compagno.
Amelia era seduta su una sedia vicino alla brandina e, con le lacrime agli occhi, teneva la mano di un uomo grande quasi quanto Trent.
Aveva gli occhi chiusi in un'espressione di sofferenza e la pelle tatuata del cranio pelato, quasi luccicava per la patina di sudore che si era formata.
Aveva una ferita terribile all'altezza del petto che sapevo essere fatale.
Quando me li ritrovai davanti, dovetti fare appello a tutta la mia forza di volontà per non agire.
Su quel letto non c'era Trent, come avevo inizialmente temuto, ma ormai ero troppo vicina per essere indifferente.
La ferita dell'uomo mi attirava come fa il miele con le api e, allo stesso tempo mi indeboliva.
Sentivo il suo dolore quasi come se fosse stato mio e da quella distanza, era tutto più intenso.
Trattenni a stento un urlo, mentre il mio corpo prese a tremare convulsamente.
Ormai era tardi.
Dovevo farlo.
Ma Amelia doveva uscire.
«Mel, vattene» sibilai a denti stretti.
Non sarei riuscita a resistere ancora a lungo. Per qualche ragione il dolore dei licantropi mi colpiva con più forza rispetto a quello degli umani.
Era insopportabile.
Sentivo ogni particella del mio corpo tremare dalla tensione, mentre stringevo convulsamente le sbarre metalliche del letto.
Mi accorsi vagamente dell'espressione scioccata e arrabbiata della mia amica, ma la ignorai.
Non potevo pensare anche ai suoi sentimenti ora.
«Ma che diavolo stai...».
«Aria» mi chiamò una voce famigliare «cosa ci fai quì?».
Richiamai tutte le forze che mi restavano, per girarmi nella sua direzione «Trent...» dissi, incapace di mostrare il sollievo che provavo nel vederlo incolume «devo parlarti».
Lui mi guardò con severità «non è il momento, il mio Beta...».
Lo interruppi, cercando di fargli capire quanto fosse importante «ti prego» sussurrai attraverso il legame mentale «posso aiutarlo ma tu devi ascoltarmi».
Lui mi guardò per secondi interminabili ma alla fine cedette e mi condusse accanto alla porta, per avere un po' di privacy.
«Stai male?» mi chiese d'un tratto, preoccupato.
Si, immaginavo di non avere un bell'aspetto in quel momento.
Scossi la testa per fargli capire che il problema non ero io e poi ricominciai a parlargli attraverso la nostra connessione.
«Trent io... c'è una cosa che non sai di me. Che nessuno sa a parte una persona. L'ho tenuto nascosto per tutta la vita, ma adesso sono costretta a mostrartelo. Volevo spiegarti tutto con calma ma non c'è tempo. Lo sento. Valerio sta morendo».
«Di che stai parlando?».
«Forse non mi vorrai più vedere dopo questo, e lo capirei. Ma ho bisogno di rimanere da sola con te in questa stanza. Posso curarlo, Trent. Io devo curarlo. Ma non posso farlo vedere a nessun altro».
Gli presi la mano e gli feci vedere come avevo guarito Catia, quando ero solo una bambina.
Di come fosse facile per me trovare animali morti o feriti e che era quasi come se percepissero la mia natura e venissero a cercarmi, per sopravvivere.
Gli mostrai tutto: la morte dei miei genitori, gli avvertimenti di Massimo, e la fuga. Gli rivelai l'esistenza degli uomini che mi avevano distrutto la vita e ripercorsi insieme a lui anni di bugie e di paure.
Mi aprii come non avevo mai fatto con nessuno in tutta la vita e, subito dopo, mi ritrovai a piangere tra le sue braccia.
Tremante e impaurita.
«Va tutto bene, piccola. Ora le mando via, ok? Non lo saprà nessuno».
Io annuii, troppo scossa per parlare e rimasi immobile sul posto, fino a quando non vidi Amelia e la donna che avevo visto in compagnia di Trent al laghetto, provvista di camice bianco e stetoscopio, uscire confuse.
Mi stupii nel rendermi conto che ero talmente scossa da non aver notato la presenza di quella che ormai immaginavo essere il medico del castello.
Ma non mi lasciai rallentare da questi pensieri e mi precipitai immediatamente verso una vetrinetta che esponeva diverse erbe. Ne presi alcune, senza conoscerne il nome o le proprietà, ma facendomi guidare solo dal mio istinto, e le disposi su un mortaio pulito.
Poteva sembrare una cosa rischiosa, da irresponsabili, ma non ero insicura riguardo alle mie azioni, in quel momento. Avevo già avuto modo di scoprire in passato che ero in grado di creare sostanze molto utili in quel modo. Alcune ti rendevano coraggioso, altre ti davano energia e altre ancora il buonumore.
Avevo anche curato un paio di animali, affiancando il mio dono all'uso delle erbe.
E aveva sempre funzionato.
Questa volta la situazione era decisamente più seria, ma ero sicura che nessun altro sarebbe stato in grado di salvare Val, a questo punto.
Quindi non mi restava che tentare.
Con sempre maggiore determinazione cominciai a schiacciare le erbe, attenta a non usare troppa forza, con un pestello di legno.
Aggiunsi acqua e sale e alla fine, riuscii ad ottenere una pastina verde della giusta consistenza.
Misi tutto in una piccola ciotola di ceramica che recuperai da uno scaffale lì accanto e mi avvicinai velocemente al letto.
Avevo lo stomaco sottosopra, e sentivo ancora vagamente il dolore di Val, ma ora che mi ero messa in azione, che avevo dato modo al mio corpo di fare quello che aveva bisogno di fare, non stavo più male come all'inizio.
Prima di continuare, però, alzai gli occhi verso Trent, che mi aveva seguita passo passo, e che ora mi guardava pensieroso dall'altra parte del lettino.
Lui annuì in risposta alla mia domanda silenziosa e io ripresi da dove mi ero interrotta, sollevata.
Soffiai sul preparato, consapevole che in realtà non sarebbe stato caldo al tatto, e vi infilai dentro l'indice e il medio.
Dopo un secondo cominciai a spalmarlo sulla ferita di Valerio, con lenti movimenti circolari e non dovetti aspettare molto perché cominciassero a fuoriuscire frammenti lucenti. Continuai per un paio di minuti e, quando mi fui assicurata di averli tolti tutti, misi giù il vasetto e posai delicatamente le mani sul suo petto, attenta a non fargli male.
Sotto gli occhi sempre più meravigliati di Trent, sulle mie mani cominciarono a vorticare piccoli simboli che, dopo essersi riuniti sui palmi, si trasformarono in una potente luce azzurra che fu poi trasferita allo stesso Val.
Faceva male e sentivo le lacrime scendere con insistenza, mentre il mio corpo era scosso da tremiti, ma non mi fermai finché non sentii che, finalmente, la ferita del lupo non si fu rimarginata del tutto.

Cappuccetto rosso e il lupo [#wattys2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora