Ti sta mentendo

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Il fuoco della lanterna creava ombre spettrali sul muro di pietra di fronte a noi, mentre il rumore di una fila di nocche che colpisce il legno, riecheggiava per il corridoio.
Mi strinsi nella felpa che avevo rubato a Trent pochi minuti prima, guardandomi intorno ansiosa.
E io che per un attimo avevo pensato di venirci da sola, in quel posto.
Probabilmente sarei morta di paura alla vista della mia stessa ombra, se non fossi stata accompagnata da qualcuno.
Mi sentivo quasi ferita nel mio orgoglio di donna, a quel pensiero, ma cosa potevo farci, se i castelli erano luoghi così spaventosi di notte? Scommettevo che anche i soldati del branco preferivano girare a coppie in momenti come quello.
Al suono metallico e disturbante della porta che si apriva, ruotando sui cardini arrugginiti, sobbalzai appena.
Quella situazione non poteva diventare più raccapricciante di così.
Maledii mentalmente i licantropi, che invece di vivere in case normali, si erano sistemati in un castello probabilmente pre medievale, costringendomi a perdermi ripetutamente nei corridoi labirintici e a trattenere il respiro ad ogni rumore inquietante.
Distesi le spalle, nel tentativo di ricompormi, anche se sentivo brividi gelidi arrampicarsi sulla mia spina dorsale, come tanti piccoli ragni.
Mi imposi di respirare con regolarità anche quando vidi una mano pallida avvolgersi intorno al legno verdognolo della porta e attirarla nella sua direzione.
«Alpha» disse una voce roca, nel buio della stanza «sei venuto a controllare il prigioniero?».
Sentii una mano posarsi sulla mia schiena, donandomi calore, e quasi mi buttai al collo del lupo che era al mio fianco, per ringraziarlo.
La sua presenza imponente mi rassicurava.
«No, vorrei che mi seguiste tutti in infermeria» disse il mio compagno con voce sicura.
Dopo un attimo sentii il rumore di un paio di stivali che si allontanavano, un tonfo sordo, un lamento e il rumore di vestiti che venivano trascinati per terra.
«Andiamo» disse allora la guardia, spingendo in avanti un Bran assonnato e in vestaglia che si massaggiava il fondoschiena con espressione dolorante.
Feci un passo indietro per far passare i due e dopo che anche il secondo licantropo, della cui presenza mi accorsi solo in quel momento, si avviò per lo stretto corridoio, cominciai a seguirli.
Il silenzio ci accompagnò per tutto il tragitto che, a causa di quella maledetta luce spettrale, sembrò durare secoli interi.
Emisi un piccolo sospiro di sollievo solo quando le luci dell'infermeria si accesero, illuminando la grande stanza rettangolare nella quale si sarebbe tenuta la prima di una serie infinita di lezioni che, speravo, mi avrebbero resa più forte e indipendente.
«Voi due potete aspettare fuori» disse Trent alle guardie che, ancora vestite totalmente di nero e con i lunghi cappucci calati sul volto, erano tutt'altro che rassicuranti.
Mi chiesi se quelle tenute non fossero pensate appositamente per spaventare i prigionieri, e dopo un attimo annuii mentalmente.
Probabilmente era così.
Speravo solo di non finire mai nelle celle che, immaginai, sorvegliavano solitamente.
I due annuirono in contemporanea e, con passo lento ma pesante, si dicessero verso l'uscita
«Potrei sapere che cosa succede?» chiese il druido, grattandosi la testa a disagio, quando rimanemmo soli nella stanza.
Fui io a parlare: «vorrei che mi insegnassi».
Lo guardai dritto negli occhi, con le spalle dritte e il mento alto.
Non avrei accettato un no come risposta; non dopo quello che mi aveva fatto passare.
Si accigliò «certo che ti insegnerò mia cara» borbottò con voce impastata «non c'era bisogno di buttarmi letteralmente giù dal letto per dirmelo».
«No, non hai capito» dissi «voglio cominciare stanotte e, da questo momento in poi, voglio ritrovarmi qui con te quotidianamente alla stessa ora».
Lui mi guardò stranito «non è così semplice» disse «ogni Viandante è diverso, così come ogni druido. Tu avrai sicuramente capacità diverse dalle mie e ci saranno momenti in cui ti sentirai più potente. Nel mio caso la luce solare mi dona lucidità, potenza e precisione, mentre nel tuo...» si fermò un attimo, prima di guardare in modo strano il mio compagno, quasi si fosse improvvisamente accorto che anche lui era presente.
Lo vidi serrare la mascella e farsi più rigido, mentre chissà quale pensiero gli passava per la testa.
Il silenzio si protrasse per diversi secondi, tanto che mi chiesi se non sarebbe stato il caso di interromperlo, ma stranamente rinunciai. Volevo lasciare il tempo al druido di formulare il suo ragionamento, prima di forzarlo a parlare. In qualche modo, intuivo che si trattava di qualcosa di importante.
Quando finalmente rivolse di nuovo gli occhi appesantiti da profonde occhiaie nere, su di me, vidi risolutezza nel suo sguardo.
«Ad ogni modo Trent non potrà rimanere qui» disse, assicurandosi la mia attenzione.
«Non è una decisione che spetta a te» disse rigido il lupo al mio fianco, per niente intimidito dal tono imperativo del druido.
«Precisamente» lo sostenni, continuando però ad osservare l'uomo che avevo davanti.
Non aveva indietreggiato, non aveva mostrato alcun segno di resa, quando l'avevamo cotraddetto.
Anche la sua espressione era rimasta immutata, fatta eccezione per una piccola contrazione della mascella, che avevo imparato a riconoscere come un segno di nervosismo.
«Invece è proprio così» ribattè dopo un attimo «si tratta di informazioni millenarie che si tramandano di generazione in generazione solo ai prescelti, ai favoriti degli dei, e non permetterò a nessuno, nemmeno all'Alpha, di intromettersi».
«Forse non ti è chiara la situazione» intervenni, prima che Trent potesse anche solo aprir bocca «ma non sei esattamente nella posizione giusta per dare ordini o pretendere qualcosa» feci un breve cenno in direzione della porta dietro alla quale due uomini spaventosi, le guardie, stavano attendendo un qualsiasi ordine di Trent per intervenire.
Bran seguì con lo sguardo il mio movimento «potete fare di me quello che volete» disse però «non sono abbastanza forte o potente per ribellarmi. Ma dovreste tener conto del fatto che il mio fisico è quello di un vecchio; non sono poi tanto resistente, quindi non converrebbe a nessuno cercare di convincermi con la violenza, dico bene?
«così come non converrebbe a nessuno dei tre mettere in pericolo la mia vita, visto il ruolo che svolgo. Senza contare che non ho scritto da nessuna parte quello che so, così come non ho mai rivelato alcun dettaglio a chicchessia...».
«Dopo questo, pensi che io possa fidarmi di te?» sussurrai, allontanandomi leggermente da Trent per mostrare il mio polso sinistro, ormai segnato da un marchio indesiderato.
Era una zona sempre in vista, quindi per la cena mi ero assicurata di coprire la runa con il trucco e di nascondere il tutto con diversi braccialetti.
Mi ero impegnata a non fare movimenti pericolosi con la mano, e anche se con il discorso dell'età la mia attenzione si era presto spostata altrove, mi ero sentita sollevata e al sicuro da occhi indiscreti solo quando avevo varcato la soglia dell'attico di Trent.
Ora, mi sfilai la fascia da polso che, per precauzione, avevo usato per muovermi nel castello per quelle poche ore notturne, e sventolai quel piccolo lembo di pelle davanti al viso del druido, per sottolineare la mia diffidenza.
«Non hai altra scelta» ribattè subito, sicuro «d'ora in poi sarò il tuo maestro, e che ti piaccia o no, dovrai seguire i miei insegnamenti. Siamo gli unici due Viandanti in vita».
Purtroppo per me, aveva ragione.
«Visto?» chiese subito dopo aver notato la mia espressione «lo sai anche tu».
«Forse sono obbligata ad ascoltarti e a imparare dalle tue lezioni» sputai ad un tratto «ma questo non vuol dire fidarsi».
«Imparerai a fidarti sul serio...» mi disse.
Quasi gli scoppiai a ridere in faccia «l'ultima volta che ho abbassato la guardia in tua presenza non è andata molto bene, ricordi?».
«Aria...» serrò le labbra appena prima di lasciarsi andare in un sospiro sconsolato «lo so, ti ho spaventata e non avrei mai voluto. Ma era importante capire se tu eri... tu, e non sono riuscito a controllare il mio corpo. Come ho già detto, quelli della mia specie possono sembrare molto aggressivi, o in ogni caso spaventosi, quando usano la magia» si passò le mani sulla vestaglia in un gesto nervoso «e il marchio... so che ti espone al pericolo, e se ci fosse stato un altro modo... un metodo che mi permettesse di assicurarmi che sei la mia discendente, l'avrei senz'altro sfruttato...».
«Ma non è così» conclusi io per lui.
«No, infatti» disse «anch'io sono stato scoperto nello stesso modo».
Sospirai, portandomi le dita alle tempie.
Tutta la mia energia sembrava essere stata risucchiata da quella conversazione.
«Ok, senti» cominciai «tu sei un tassello importante del puzzle, e questo è un dato di fatto. Ma anche io ho un ruolo in tutto questo casino, a quanto pare...».
«Dove vorresti arrivare?».
«Sto solo dicendo, che sarebbe meglio se io restassi al sicuro, no? Ed è importante che io sia al corrente di alcune cose, prima che la situazione precipiti».
«Tu sei la futura Luna» mi ricordò Bran «hai un intero branco che ti protegge; non ti succederà nulla».
«Questo non lo puoi sapere» ribattei sicura.
«Anche se finissi per trovarti in brutte situazioni, come è già successo, riuscirebbero a trovarti in tempo».
Mi morsi l'interno della guancia.
Volevo convincerlo a far rimanere Trent ricordandogli di quello che era successo con Calengol e Massimo, ma ora non potevo più farlo.
Anche quella volta ero stata salvata prima che potesse succedermi qualcosa di grave.

Cappuccetto rosso e il lupo [#wattys2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora