Quanti anni hai?

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«Ciao» mi disse Amelia titubante «sono contenta che tu stia bene».
Le sorrisi nervosa.
Eravamo sedute a tavola, nella grande sala rettangolare che ospitava l'intero branco durante i pasti.
Quando le imponenti porte di legno si erano aperte davanti a Trent e a me, per poco non ci ero rimasta secca.
Era come se da un momento all'altro qualcuno mi avesse catapultata nel castello di Hogwarts e, più precisamente, nella sala da pranzo dove gli studenti di magia erano soliti mangiare.
Il soffitto non era oscurato da un'illusione a tema halloween o natalizia, ma era alto e gli archi a sesto acuto, che ampliavano il suono delle posate a contatto con i piatti e delle risate delle persone, erano illuminati da diverse lanterne in vetro colorato che attraversavano i muri di mattoni a vista verticalmente, creando dei giochi di luce meravigliosi.
Sul fondo, nel lato opposto rispetto alla porta, avevo intravisto un soppalco che metteva in mostra un tavolo di legno dalle gambe intagliate.
Vi erano sedute poche persone, tra le quali avevo intravisto la figura snella di Amelia e, accanto a lei, quella imponente di Valerio.
Ero sicura di aver osservato la sala con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata per diversi minuti, perché quando Trent aveva attirato l'attenzione del branco con un basso ringhio, facendo calare il silenzio assoluto nella stanza, avevo sobbalzare sorpresa, come risvegliata da un sogno durato anni.
Ero stata così colpita dalla bellezza di quel posto, che quasi mi ero dimenticata dell'ansia che mi aveva accompagnata per tutto il tragitto, a partire dall'attico.
Poche ore prima, in camera, Trent mi aveva rivelato di volermi presentare al branco come la sua compagna e, per quanto potesse sembrare stupido per una ragazza nella mia stessa posizione, mi ero subito agitata a quel pensiero.
Mi ero sentita come una studentessa in procinto di dare la maturità.
E, a dire il vero, ero sicura di avere ancora il viso in fiamme per la presentazione ufficiale di poco prima.
L'Alpha non aveva detto niente di particolare; il suo era stato un intervento sintetico e chiaro, in linea con il suo stile, ma quando avevo sentito la sua voce profonda e autoritaria riecheggiare per la sala, mentre mi annunciava come la futura Luna del suo popolo, non ero riuscita a rilassarmi nemmeno per il tocco leggero della sua mano sulla mia schiena.
Dopo un attimo di silenzio teso, avevo visto gli uomini, donne e bambini presenti, alzarsi in piedi e chinare il capo nella mia direzione, in segno di rispetto.
A quel punto Trent mi aveva guidata fino al soppalco illuminato dalla luce candida della luna che penetrava dalle imponenti vetrate.
Avevano tutti ripreso a mangiare solo quando anche noi avevamo addentato il primo boccone.
Ora l'atmosfera era più rilassata, ma avevo la bocca secca e mi tremavano leggermente le mani.
Le portai al grembo, stringendo forte il tessuto liscio del vestito argentato che indossavo.
Il fatto che quella fosse la prima volta che rivedevo Amelia e Valerio dopo... l'incidente del Beta di Trent, non aiutava di certo.
«Io sto benissimo» dissi con voce gracchiante, rispondendo al commento della mia amica.
Era decisamente peggio della maturità.
Mi schiarii la voce mentre una mano calda si posò sulle mie con discrezione, per infondermi sicurezza.
Istintivamente, rilassai un po' le spalle sullo schienale «piuttosto, come state voi?».
Lanciai un'occhiata di sfuggita a Val, seduto di fronte a Trent e accanto alla sua compagna, che ora mi guardava con occhi curiosi dall'altra parte del tavolo.
«Bene, Val sembra essersi ripreso quasi del tutto».
Presi in mano il cucchiaio con la mano sinistra, per non interrompere il contatto con il mio compagno, e cominciai a tastare la zuppa di patate con sguardo basso.
«Oh» dissi soltanto.
Sapevo che Amelia voleva farmi mille domande ma, per mia fortuna, si trattenne e poco dopo cambiò argomento.
«Non essere nervosa» mi disse con dolcezza, mentre alla mia destra Trent cominciava a parlare con il suo Beta «ti adorano già tutti».
Alzai lo sguardo per incontrare il suo «come?».
«Il branco» precisò «già ti ama come se fossi già stata inconorata Luna. Vedi...» prese un panino dal cesto di fronte a lei con un gesto disinvolto «è da molto che ti aspettavamo».
«Questa l'ho già sentita...» borbottai, reprimendo l'istinto di alzare gli occhi al cielo.
«Ma è vero!» insistette lei «erano secoli che aspettavamo una Luna. Sai, Alpha Trent ti ha cercata molto, anche se col senno di poi» bevve un sorso d'acqua «immagino che non potesse trovarti prima».
Mi accigliai «perché abito lontano dal confine?».
Mi sorrise divertita «bé anche questo è stato un problema da quando il tuo compagno è diventato Alpha e non ha più avuto la possibilità di lasciare il territorio magico per periodi lunghi, ma in realtà mi riferivo al fatto che non eri ancora nata».
La guardai confusa dalla piega che aveva preso la conversazione «bé... è più grande di me, è vero, ma non può davvero avermi cercata da quando è nato» ridacchiai «avrete aspettato per qualche annetto».
Lei mi guardò pensierosa, come indecisa se dormi qualcosa o meno e tutto d'un tratto mi si attorcigliò lo stomaco per un brutto presentimento «ecco...».
Guardai Trent, che aveva smesso di parlare con Val e sembrava improvvisamente attento alla nostra conversazione.
Sentii la sua mano stringere la mia con più forza, sotto al tavolo, e questo non fece altro che aumentare il mio disagio.
Feci un sorriso forzato «ecco?» incalzai la mia amica, che ora lanciava occhiate di sottecchi al mio compagno, intimidita.
Riportò la sua attenzione su di me dopo un attimo, forse ormai consapevole del fatto che non avrei lasciato perdere facilmente.
«A dire la verità non stavo esagerando quando ho detto che ti abbiamo aspettata per secoli...» sussurrò, muovendosi a disagio sulla sedia «vedi, forse non lo sai ma la gente quì vive... molto più a lungo di un essere umano normale».
All'improvviso mi tornarono in mente le parole di Bran.
Mi aveva rivelato che nel territorio in cui ci trovavamo, le persone non potevano morire di vecchiaia.
Deglutii con forza.
Ero stata così presa dalla rivelazione sulla mia vera natura, dal mio rapporto con Trent e Amelia, che ero riuscita a rimuovere quel dettaglio scioccante.
Come diavolo era stato possibile?
E, soprattutto, perché non avevo fatto due più due? Era ovvio che anche le persone che mi stavano accanto in quel momento erano soggette a quella sorta di miracolo.
Trent... quanti anni aveva quindi?
Ne dimostrava una trentina, un po' come tutti, in quel posto.
Bran era l'unico anziano che avevo incontrato.
«Quindi... quanti anni avete voi?» domandai, con la bocca secca.
Amelia mi guardò timorosa.
Forse temeva che, se avessi saputo la verità, avrei provato a scappare di nuovo.
«Ecco... io sono quì da circa un secolo» mi disse «e avevo venticinque anni quando Val mi ha percepita».
Mi limitai a fissarla, troppo sconvolta per riuscire ad aprire bocca.
La mia amica, che non aveva l'accenno di una ruga o di una ricrescita bianca, aveva più anni di mia nonna!
«Io ne ho ottocentotrentadue» fu Val a parlare.
Come Trent, doveva aver spostato la sua attenzione sulla nostra conversazione quando avevamo cominciato a parlare di età.
Feci scorrere lo sguardo sul suo viso, sulle spalle larghe e sul petto che, fasciato da una camicia bianca, di sicuro non aveva niente a che vedere con il fisico dei cinquantenni che ero abituata ad incontrare per strada. Figurarsi con un quallo di un uomo del medioevo!
Ottocento e passa anni.
Non riuscivo nemmeno a realizzarlo.
Annuii lentamente nella loro direzione, ancora incapace di proferire parola, mentre un pesante silenzio si posava sulla nostra parte del tavolo.
Potevo ancora sentire un mormorio animoso provenire dal resto della sala, ma era tutto ovattato in quel momento, tanto ero immersa nei miei pensieri.
Poi, dopo quelli che mi parvero solo pochi secondi, ma che a giudicare dal cambio di portate dovevano essere stati diversi minuti, ritornai alla realtà e, raccogliendo tutto il mio coraggio, mi girai leggermente verso Trent, che per tutto il tempo era stato in silenzio.
«Vuoi sapere quanti anni ho?» mi chiese, la voce e l'espressione impassibili.
«Si» sussurrai.
Mi guardò attento per un attimo prima di parlare «sei sicura?».
Annuii in risposta, guardandolo negli occhi.
« Sono più vecchio di Val» disse, gli occhi dorati incatenati ai miei.
Gli feci segno di continuare, senza scompormi, ma lui, in risposta, si alzò in piedi facendomi segno di seguirlo.
Esitai solo un momento, sorpresa da quel gesto improvviso, ma non mi lamentai.
Voleva un po' di privacy ed era comprensibile.
Feci un ultimo sorriso alla coppia seduta di fronte a me e, riponendo sul tavolo il tovagliolo bianco che con l'arrivo del secondo, avevo automaticamente posato sulle ginocchia, mi alzai in piedi per poi farmi guidare attraverso la sala da un Trent riflessivo e taciturno.

Cappuccetto rosso e il lupo [#wattys2018]Where stories live. Discover now