Capitolo 4 (fine)

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«Axl Rose o Robert Plant?»

«Che domanda è? Robert Plant, ovvio. I Led Zeppelin sono delle leggende, ma si poteva fare benissimo a meno dei Guns'n'Roses»

«Sei troppo insensibile. Non hai mai ascoltato November Rain

«Ho smesso di piangermi addosso con quella canzone all'inizio del liceo. Anni '60 o '70?»

«I mitici Settanta, ci mancherebbe. L'epoca d'oro dei Pink Floyd, vuoi mettere?»

«D'accordo, ma senza l'era dei Beatles gli anni '70 sarebbero scialbi come i Quaranta»

«Ho capito che lavori al Beatles Coffee Shop, ma puoi almeno fingere di non essere di parte?»

Carter roteò gli occhi a quel commento, ma non riuscì ad impedirsi di ridacchiare. Lo sguardo di Harry si accese di quel lampo furbo che lo contraddistingueva, e che se possibile lo rendeva ancora più affascinante.

Avevano abbandonato l'ultimo paio di fette di pizza nei cartoni di fronte a sé, impegnati com'erano in quel botta e risposta dove nessuno dei due, entrambi accaniti com'erano, sembrava voler retrocedere di un passo dalle proprie posizioni.

E si divertivano da matti, a modo loro.

«Non sono di parte... okay, forse un pochino» replicò Carter, sogghignando alla smorfia che il ragazzo le rivolse. «Però devi ammettere che è dagli anni '60 che è nato tutto. Dopotutto i Pink Floyd si sono formati nel 1964, giusto?»

«1965... touché» ammise Harry, alzando le mani in segno di resa. «Devi sempre riuscire a spuntarla, eh?»

Lei alzò le spalle con nonchalance, l'ombra di un sorriso che aleggiava ancora sulle sue labbra. Si sentiva insolitamente a proprio agio, in quel piccolo appartamento di Kilburn al settimo piano, mentre fuori dall'ampia vetrata alla sua destra Londra brillava e sfolgorava di lucine arancioni e gialle nella notte ancora giovane.

Stava chiacchierando di musica con un ragazzo che conosceva da appena un mese, un ragazzo che peraltro era bello da togliere il fiato, e riusciva a parlare tranquillamente senza neppure balbettare; non riusciva a spiegarsi come fosse possibile, ma si sentiva così bene che avrebbe voluto restare lì per sempre.

Sulla guancia di Harry comparve la solita fossetta impertinente mentre la osservava; ogni tanto Carter si perdeva tra i propri pensieri, e lui non mancava mai l'occasione di studiare la sua espressione assorta. Aveva un che di accattivante, e lo incuriosiva più di quanto fosse lecito.

«A cosa pensi?» non riuscì a trattenersi dal chiederle diversi secondi dopo, reprimendo una risata quando la vide riscuotersi ed avvampare per essere stata colta di nuovo in flagrante.

«A niente di particolare, in realtà» rispose imbarazzata la ragazza, raddrizzando la schiena. «La pizza era molto buona»

Harry sbatté le palpebre, emettendo uno sbuffo divertito mentre si alzava in piedi.

«La pizza...» ripeté a mezza voce, scoprendo i denti in un sorrisetto e scuotendo la testa. «Sei a posto? Vuoi qualcos'altro?»

Carter fece un cenno di diniego, lanciando un'occhiata dispiaciuta alla fetta solitaria rimasta nel proprio cartone. Ce n'era una anche in quello di Harry.

«Non preoccuparti per quelle, le metto in frigo e le mangerò domani» la rassicurò lui, facendole un occhiolino. «Non butto via niente»

Riusciva ad essere affascinante anche così, mentre trasferiva due fette di pizza ormai fredde su un piatto e le copriva con della pellicola trasparente sul piano di lavoro della cucina. I lunghi capelli castani ricadevano sulla sua schiena, accompagnando i suoi movimenti, ed il maglione color panna gli avvolgeva alla perfezione il busto appoggiandosi morbidamente sui fianchi magri.

Details || H. S.Where stories live. Discover now