Danae - Capitolo 1

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(Si tratta di una prima bozza di romanzo, perciò il testo non è ancora stato sottoposto a editing. Ti prego quindi di leggerlo per quello che è, un frammento di un romanzo ancora in divenire. Qualsiasi consiglio, relativo a trama o forma, sarà apprezzatissimo. Spero che questo viaggio non ti deluda.)

Anche stanotte a svegliarmi è il rumore metallico. Sembra qualcosa di affilato che graffia una delle spesse mura d'acciaio. Si ripete da giorni, sempre di notte. Ne ho parlato anche con i miei. Mio padre è convinto sia la ventola del tubo d'aerazione del corridoio a ovest, vicino la mia stanza. L'idea di mia madre è ben più elaborata: sono i topi che scavano contro i portelloni che separano l'ex sezione 'A' dalla nostra. Nessuna delle due teorie mi persuade.

Dopo aver invano cercato di riprendere sonno, decido di alzarmi. Indosso le pantofole di stoffa antracite, dello stesso colore del pigiama, e mi dirigo verso la finestra. Sposto la tendina decorativa e guardo fuori. Non che ci sia qualcosa da vedere, solo che il gesto mi rilassa. L'idea della vita che si cela all'esterno mi fa sentire un po' meno sola, nei momenti in cui la mia prigione di ferro mi sta troppo stretta. A una decina di metri, forse meno, c'è qualcosa di luminoso. Un pesce. Forse una medusa o il Melanocetus Johnsonii; 'Diavolo Nero', come lo chiama mia madre. Lo nominava per spaventarci quando da piccoli io e Ares facevamo i capricci.

Ares, mio fratello.

Il solo pensiero mi fa attorcigliare lo stomaco. Non so dire se perché non lo vedo da anni o se perché invece tra poco lo rivedrò.

Rimetto a posto la tenda ruvida ed esco dalla stanza. Una luce al neon in fondo al corridoio grigio e asettico lampeggia. Sfioro la parete fredda e continuo a camminare. Sorpasso la stanza adibita a cucina. È chiusa a chiave, come sempre. Nonostante la nostra comunità sia abbastanza ristretta, la sicurezza non è mai troppa in tempi come questi. Nessuno tranne la cuoca ha il permesso di avvicinarsi alle provviste. Io infatti non so nemmeno come sia fatta, una cucina. Spesso, quando ho fame, immagino ci siano ripiani e ripiani di torte, stufati e bistecche. Razionalmente so che questi cibi non esistono più, però pensarlo è piacevole. La descrizione di prelibatezze del genere è uno dei motivi per i quali il dibattito sull'eliminazione dei libri è ancora aperto. Alcuni credono sia un'inutile atrocità e un segno di regresso, per me invece sarebbe un peccato perdere la conoscenza di ciò che eravamo prima.

 Mi sforzo di virare i miei pensieri dal cibo al rumore metallico, quando sento lo stomaco brontolare. Il coprifuoco entro le nove è incoraggiato proprio perchè dopo qualche ora dalla cena la fame riprende a farsi sentire, se non si è a letto. Sorpasso anche la biblioteca, il mio posto preferito, nonché quello dove ho passato fino adesso la maggior parte del tempo libero, visto che non ho ancora un lavoro. Il patrimonio che possediamo è parecchio limitato, ma non sono comunque riuscita a leggere tutti i libri. Una volta che sarò socialmente impegnata mi sarà molto difficile farlo, penso scacciando la fitta dolorosa che cerca di farsi breccia. Senza accorgermene mi sono mossa verso il corridoio a est. E adesso sono sotto la ventola dell'ossigeno. Tendo le orecchie, niente.

 Proseguo verso il portellone di contenimento, anche se il rumore è cessato. Tante volte ho domandato ai miei come fosse dall'altra parte. Siamo rimasti segregati in questa sezione quando avevo tre anni, quindi ero troppo piccola per ricordarlo. Per la stessa politica di "inutile atrocità e segno di regresso" mi è stato detto ben poco. La nostra parte era quella una volta adibita ai magazzini, quindi del tutto costituita da corridoi e camerate. Arrivo davanti al portellone e lo osservo. È alto almeno tre metri e largo altrettanto. Anche questa volta aspetto il rumore metallico. Niente. Percepisco solo il rombo nelle orecchie per il troppo silenzio. Poi qualcosa dietro di me mi fa sobbalzare. Nessun rumore metallico, soltanto mia madre.

«Danae?» le braccia incrociate sui fianchi le stropicciano la camicia da notte grigia lunga fino al polpaccio.

«Non riuscivo a dormire!» sbotto sulla difensiva. Mi sento una stupida a essere stata scoperta a vagare per la sezione a quest'ora. Non che ci siano provvedimenti per la violazione del coprifuoco, solo che venire meno alle norme non è buon costume.

Città BunkerWhere stories live. Discover now