Seth - Capitolo 6

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L'insonnia mi ha di nuovo portato qui: davanti l'imponente portellone. Il suo richiamo mi ha tirato fuori dalla dolce incoscienza in cui stavo precipitando, mi ha afferrato con i suoi mille bracci e mi ha trascinato al cospetto di questa parete di metallo indistruttibile.

Voglio accedere alla sezione deserta per trovare qualche libro per Milena, ma non solo per questo. È come se ci fosse qualche altra ragione seppellita nel mio inconscio.

Mi guardo intorno, la città è ancora immersa nella notte, il tetto azzurro sulla sua sommità sembra blu scuro, con i neon spenti. Afferro un sassolino, pronto alla mia solita impossibile battaglia.


C'è sempre stata riluttanza nel parlare di quello che si cela dall'altra parte. Anzi, è proprio un argomento tabù.

Tacciamo quello che ci fa paura, lo escludiamo dalla nostra mente convinti che in questo modo non possa farci del male. Per questioni di sicurezza non possiamo permetterci di inumare o conservare in qualsivoglia forma i defunti all'interno della città. E, il fatto che oltre il portellone ce ne siano parecchi, terrorizza. Dopo quindici anni sarà rimasto ben poco di quelle persone, ma il timore del morbo è tanto radicato nelle nostre anime da condizionare ogni nostra scelta; per precauzione. Potrebbero esserci dei bacilli vaganti o delle spore attaccate agli oggetti o dei topi capaci di veicolare il male o delle pulci su di essi responsabili dell'epidemia. Per una serie di motivi che è ben più lunga di questa, la possibilità di riaprire la manciata di magazzini pregni di morte è fuori discussione.


C'è addirittura chi crede che la Mephista sia capace di strisciare dalle fenditure del portellone, per questo il limite estremo della città è un posto davvero poco frequentato. Non ho mai visto nessuno arrivare fin qui e gli stessi Funzionari lo sconsigliano, ben attenti però a evitare qualsiasi riferimento alla malattia o all'altra sezione. Sono perfino convinto che ci avrebbero fatto dimenticare della sua esistenza, se solo una cosa del genere fosse stata possibile.

Io però, nonostante i possibili tetri risvolti e tutti gli scoraggiamenti del caso, non faccio che ritrovarmi ogni sera qui davanti.

Forse è l'idea di avere un posto tutto mio in cui rifugiarmi, ad allettarmi. Un rifugio in cui nascondere Elise, quando un uomo troppo adulto per lei verrà a chiederla in sposa.


Basta questo pensiero a darmi la determinazione che mi mancava. Getto a terra lo stupido sasso sintetico che ancora stringo. Mi serve un piano, un piano vero.

Mi avvicino alla parete e sfioro il metallo freddo. Deve trattarsi di lamiera in acciaio elettrozincato e probabilmente piombo. Difficile intuire lo spessore, ma al novanta per cento tra il telaio e il controtelaio ci sarà un materiale isolante. In sostanza, aprirla senza accedere ai comandi sarà impossibile.

Faccio parte della manutenzione da sette anni. Siamo una squadra di cinque persone capitanata da mio padre. È stato lui a convincere il Sindaco ad assegnarmi questo compito, una volta finiti gli studi. Di solito ai cittadini non è concesso scegliere, ma alla fine hanno fatto uno strappo alla regola, visto che già prima dei dodici anni avevo appreso i fondamenti grazie a mio padre.

Il progetto mi si disegna in mente come una planimetria, ed è giusto questa che mi serve.

Me ne rendo conto solo adesso, forse proprio il ruolo che ricopro sarà la chiave per aprire il portellone.

***

Ci occupiamo per tutta la giornata degli scarichi, perciò sono costretto a rimandare l'attuazione del mio piano. Da un lato è positivo, ho più tempo per riflettere e per evitare di fare delle scelte affrettate che potrebbero farmi scoprire.

Città BunkerWhere stories live. Discover now