3. La vittoria e il sogno

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Il Cane Leggendario fece saettare lo sguardo dalla mano di Mark al gruppo di umani su cui quest'ultima era puntata, capì le intenzioni dell'uomo, e balzò.

Il colpo scaturito dal palmo dell'uomo lo centrò in pieno petto, scaraventandolo con fragore a pochi passi dagli umani, ancora percorso da cupe scintille, Il sangue gli rigava il torace abraso, il dorso battuto al suolo era dolorante, tutto il fisico era stato danneggiato. Quel colpo avrebbe ucciso Harry e gli altri, se il Cane Leggendario non si fosse frapposto fra loro e Mark.

L'uomo avanzò lentamente, a passo di mortorio, solenne e minaccioso.

«Eroico» Disse, in tono rauco e divertito «Il tuo tentativo di divenire uno scudo vivente... ».

La belva contrasse ogni muscolo del muso e mugolò di frustrazione. Ora si trovava immerso fino a quasi la metà del volto nelle sabbie mobili, uno degli occhi rossi nascosto sotto la fanghiglia che lentamente lo risucchiava.

Vince, tremante e inzuppato, si avvicinò cautamente, aggirando le zone dove vi erano grandi pozze di sabbie mobili, per osservare l'animale morente.

Mark era ridivenuto serio mentre rifletteva, perso nel vuoto con la mente, per dimenticare la sofferenza del suo corpo, lo sforzo dei muscoli e il dolore delle... d'improvviso si riscosse e si inginocchiò, afferrando con la mano attaccata al braccio della spalla sana, uno degli anelli d'acciaio che stringeva la caviglia destra della zampa anteriore del guardiano.

Il Cane lo guardò con un unico occhio rosso e denso e si commosse.

L'uomo tirò, puntellandosi con i piedi contro il tronco caduto e ,un centimetro dopo l'altro, liberò il corpo della belva dalla fanghiglia scura. Scivolò sul terreno umido, rischiò di cadere, ma con un ultimo strattone più forte riuscì a riportarlo sulla zona di terreno duro, roccioso e stabile; con un sibilo stanco fra i denti lo lasciò e si diresse zoppicando vistosamente verso la casetta.

Una voce imperiosa lo chiamò, vibrante

«Umano!».

Mark guardo dietro di se, dove l'enorme creatura, dal pelo sporco di terriccio umido e sangue, si era rimessa in piedi, sebbene con zampe malferme, ed ora lo guardava con interesse e commozione misti.

«Qual è il tuo nome?» Domandò ancora il Guardiano della Pietra, il tono fiero che vibrava basso

«Mark»

«Mark» ripeté il Cane, gustando il suono della parola come se fosse dolce e farinosa «Lo sai, vero, che il tuo è un nome potente?»

«Perché dovrebbe esserlo?»

«Non lo intuisci?».

Mark scosse la testa lentamente, leccandosi le labbra imperlate di sudore

«È un nome molto comune, da dove vengo io» rivelò «No, non lo intuisco»

«Lo scoprirai... intanto sappi, Oscuro Ministro, che hai la benedizione di Orion... che è la mia... » si fermò, inclinando il testone da un lato.

L'uomo sorrise amaramente

«Come sai che sono un...»

«Hai lo sguardo di un Oscuro Ministro. Ne incontrai uno circa quarant'anni fa . Ti somigliava...ma non era come te...che tu possa giungere alla Pietra delle Fonti, Grande Anima» e concludendo cosi, balzò via verso una macchia di cespugli spinosi e parve smaterializzarsi in una coltre di nebbia che comparve innaturalmente dal nulla.

«Arrivederci Orion» Mormorò tra sé e sé l'umano, caracollando in direzione del rifugio.

Il gruppo si amici lo accolse con una marea di complimenti e pacche affettuose, ma Mark ordinò solamente di recuperare John e controllare come stava, poi si zittì entrando nel piccolo edificio senza entusiasmo, chiudendosi dietro la porta con un gesto brusco che fece ritirare i suoi compagni spaventati. La casetta aveva solo quattro stanzette ormai ingrigite, anguste, ricoperte di muschio verde e bruno che testimoniavano il disuso e l'umidità.

Scontramondi - 1. La pietra delle fontiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora