Capitolo 11. La felicità è la mia libertà

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Entro all'interno dello studio con gli occhi che vagano. Mi siedo sulla solita poltrona in pelle nera e affondo le spalle nello schienale. Mr. Castle, un uomo sulla quarantina stretto nel suo completo gessato, si siede esattamente di fronte a me. A separarci c'è solo la scrivania in legno scuro. Anche lui affonda le spalle nello schienale della sua poltrona e porta le mani congiunte sotto al mento. «Limonata?» chiede dopo pochi istanti di silenzio. Annuisco e lo attendo mentre va a recuperare dei bicchieri e la brocca di limonata. Da quando gli ho detto che adoro la limonata me la fa trovare sempre ad ogni seduta. «Allora», esordisce mentre si siede di nuovo e versa il liquido all'interno del bicchiere, «di che cosa vogliamo parlare oggi?».

Stringo il bicchiere in vetro e lo porto alle mie labbra, prendo giusto un sorso e cerco di riflettere bene su ciò che voglio dire. «Credo di aver fatto nuove amicizie» accenno nascondendo la mia bocca dietro al bicchiere.

«Ma è stupendo!» esplode di gioia battendo le mani. «Racconta!» E lo faccio, gli racconto praticamente tutto. Gli racconto del bizzarro incontro con i Sunset Vibes, mostrando il mio stupore nel sapere che in realtà sono davvero una band famosa. Gli racconto qualche episodio in cui hanno quasi distrutto la casa, il tabellone delle regole, l'attentato alle piante di Wendy. Senza rendermene conto racconto tutto con un tenero sorriso. Poi passo a William, sottolineando quanto sia dolce e gentile con tutti. Per la prima volta dopo tempo racconto con immensa gioia di aver conosciuto nuove persone e ammetto per la prima volta di essere felice di averle conosciute.

«A volte sembra che io voglia spedirli fuori casa e mandarli dritti per la Cambogia, ma ci sono quei piccoli momenti dove mi ricredo. Conviviamo da pochissimo tempo e sono certa che ci sono ancora tante cose da scoprire su di loro, ma sono arrivata ad un punto in cui non mi dispiace la loro presenza. E questo vale anche con William! Lo sa che le uniche amiche per me erano Wendy, Brooke e Willow, ma sento che con William ci sia una bella sintonia. Non mi viene spontaneo reputarlo solo un conoscente o un compagno di accademia. Mi fa sentire molto bene e mi fa piacere passare un po'di tempo con lui».

Mr. Castle rimane in silenzio, sfregandosi il mento con il pollice e l'indice. «C'è un "ma", non è vero?» Rimango a corto di parole, colta alla sprovvista dalla verità. Sposto lo sguardo sulle mie dita che stringono l'orlo della gonna blu, poi lo rialzo su Mr. Castle. «Ho paura» ammetto per la prima volta ad alta voce. «Di che cosa hai paura?» Deglutisco a fatica, mentre con le dita inizio a fare delle piccole pieghe alla gonna. «Ho paura di quello che potrebbero pensare una volta aver scoperto...» un bruciore folgorante mi impedisce di parlare. «Non voglio che anche loro vedano questo mio lato. Io...Non voglio essere un peso». Gli occhi iniziano a diventare lucidi mentre il dolore alla gola si fa più insistente. Mr. Castle avvicina la poltrona alla scrivania e posa i gomiti su di essa. «Tu non sarai mai un peso. Perché pensi di esserlo?»

«Ogni volta che sono in quei momenti in cui vedo la mia nuvola di nero, faccio preoccupare tutti. Se sono triste rendo in automatico triste Wendy o Brooke. Loro sono così dolci quando provano a sollevarmi un po' il morale e...sono grata di ciò. Davvero io non saprei cosa fare senza di loro» inizio a gesticolare con le mani e pian piano sento le lacrime scendere. «Ma ci sono momenti in cui penso solo di essere un peso. Un problema da dover risolvere. Non so neanche come spiegarlo, lo sento e basta. Io le vedo che fanno di tutto per rallegrami un po', ma non faccio che pensare che se io non fossi così loro non dovrebbero farlo».

«Così come?» la sua domanda è come un fulmine, mi folgora senza darmi il tempo di riflettere. «Così triste e vuota. Così complicata e incasinata. Non lo so, Mr. Castle non so più come definirmi» ammetto con tutta sincerità sull'orlo di esplodere.

«Perché pensi di essere così? Cosa ti porta, secondo te, ad essere così?» Silenzio. Il bruciore alla gola non smette di torturarmi e le lacrime continuano a bagnare le mie guance senza sosta. Un dolore che conosco molto bene opprime il mio petto rendendo il respiro pesante. Sto vomitando tutto ciò che reprimo da sempre, tutto ciò che butto giù sul fondo e non faccio mai uscire. E lo sento, lo sento di essere sul punto di far salire a galla tutto. E sento anche che farlo qui, confessare tutto a Mr. Castle sia la cosa giusta. «All'inizio pensavo che fosse tutto correlato a mio padre. Credevo che la sua mancanza fosse la causa di tutto questo dolore. Ma sono quasi undici anni che sono in questa condizione. Undici lunghissimi anni in cui non capisco cosa ci fosse di sbagliato in me. Ci sono momenti in cui penso che forse tutto questo dolore sia solo in parte causato da mio padre», e lo sento il peso che si fa più leggero.

«Forse il tuo problema è questa tua tendenza a tenerti tutto dentro. Fai di tutto per non recare fastidio agli altri. Ti sei convinta di essere un peso e non lasci agli altri di aiutarti. Non credi che sia giunto il momento in cui la smetti di fare tutto da sola, di mandare tutto giù, e lasci che gli altri ti aiutino?»

«Ma lo sto già facendo io...Insomma vengo da lei per farmi aiutare, no?» Le labbra di Mr. Castle si curvano in un tenero sorriso, poi ritorna con la schiena poggiata allo schienale della poltrona. «Certo, ma è anche vero che non potrai venire qui a vita. Hai fatto dei passi da gigante da quando ti conosco, sei riuscita a fare degli ottimi miglioramenti. Però non dobbiamo dimenticare l'obiettivo principale».

«La felicità» dico di getto. «La felicità è il mio obiettivo. Ritornare ad essere libera da qualsiasi peso».

«Quando parli di felicità, cosa intendi?»

Ecco un'altra domanda folgorante. Rimango in silenzio con lo sguardo basso. Per tutto questo tempo sono stata alla ricerca della felicità senza mai fermarmi a chiedermi che cosa significasse per me. Ricordo però che prima ero felice, ne sono certa di questo. Nonostante i piccoli problemi riuscivo lo stesso a trovare il lato positivo, a trovare un modo per risolverli. Adesso invece non faccio che cadere sulle ginocchia sbucciandomele. Non so come sono arrivata a questo punto in cui sento con disperazione di dovermi sentire felice. Mi circondo di tutte quelle cose che mi fanno spuntare un sorriso sulle labbra, che mi riempiono di gioia e mi fanno dimenticare i miei problemi. Ma sono solo attimi, momenti, non sono mai abbastanza. «Credo sia quel bianco che spazzi via tutto il nero che mi circonda. Una porta che mi faccia uscire dalla mia stanza del terrore. La strada giusta per poter scappare da tutto questo dolore. La felicità è una boccata d'aria dopo essere stata chiusa in una cupola per anni. La felicità è la mia libertà».

Gli occhi di Mr. Castle rimangono incollati su di me. Annuisce lentamente, come se stesse assimilando bene le mie parole. «Perché non stiliamo una lista di cose da fare per arrivare alla felicità? Così da avere un punto di partenza». Annuisco alla sua idea e lui mi passa un foglio e una penna. In alto al centro scrivo "Cose da fare per essere felici" poi rimango a fissare il foglio. «Pensa a tutte quelle cose che ti impediscono di raggiungere la tua felicità. Pensa a quelle paure che ti ostacolano» suggerisce Mr. Castle dall'altro lato della scrivania.

E lo faccio, ci penso. Nella mia mente percorro tutti i miei silenziosi pensieri, le mie paure maligne, le mie paranoie acide. Percorro ogni centimetro del mio dolore scavando affondo. Ed è lì che trovo i punti chiave e inizio a stilare la lista. Scrivo quelle cose che da tempo non riesco più a fare e che mi rendevano felice. Scrivo senza sosta sentendo la pressione della penna sul foglio. Con delicatezza traccio quelle parole che sono sempre rimaste incastrate in qualche angolo della mia mente e ora trovano finalmente il loro spazio. Una volta completata la lista indietreggio con il busto per ammirarla. Lì, impressi su carta, ci sono gli ostacoli alla mia felicità. A guardarli mi spunta un sorriso soddisfatto. Per completare l'opera sento l'impulso di firmare il foglio, come se fosse un documento importante.

In seguito, sposto il foglio per farlo vedere a Mr. Castle che commenta con un sorriso spontaneo. «Ora sai dove devi partire» afferma spostando il foglio verso di me. «La prossima volta ti spiegherò al meglio il tipo di terapia che voglio intraprendere con te. Ti avverto che dovrai essere molto paziente e il percorso che intraprenderai non sarà molto facile, ma quando si arriverà ai risultati ne sarà valsa la pena» conclude con un sorriso carico di speranza e fiducia. Mi alzo in piedi e infilo velocemente la giacca. «Mi fido di lei Mr. Castle» affermo stringendogli la mano.

E dopo uno scambio di sorrisi di incoraggiamento, lascio lo studio di Mr. Castle. 

Sto fra le stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora