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Capitolo 4:Bugia

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Capitolo 4:
Bugia

Le labbra del corvino si piegarono in un sorriso intenerito, gli occhi d'inchiostro macchiati dai bagliori delle automobili che, fugaci, schiacciavano l'asfalto bagnato. La sua piccola mano si andò a posare nel morbido pelo del gattino che teneva in grembo, accarezzandolo con gesti meccanici e delicati.

Il cielo era dominato da massicci nuvoloni grigi, agli occhi del bambino minacciosi mostri stilizzati. Sottili goccioline d'acqua scendevano imperverse, macchiando di malinconia la città drogata della calda euforia estiva.
"E ora come torno a casa?" mormorò il bimbo fissando la grande distesa plumbea.
Lasciò vagare lo sguardo dal micio al cielo brillo di amara tristezza. Sospirò, capendo di non avere altra scelta.
Velocemente si tolse il gattino da dosso e si buttó sotto la pioggia violenta, correndo a perdifiato verso casa; i suoi piedini che, veloci, calpestavano le pozze d'acqua.

In quella notte estiva, sotto lo sguardo delle Arpie che pullulavano il cielo, il bocciolo prematuro dell'infanzia appassí insieme all'innocenza bambinesca, candida e immacolata.
Solo una parola tremolante venne abbandonata all'ululo veemente del vento.

"Mamma?"

°°°

Jungkook aprì gli occhi di scatto.
La densa aria notturna subito picchiò la sua pelle accaldata, umida di sudore, pizzicando come mille aghi.
Il cuore batteva forte, avvallato in un pozzo di ricordi sbiaditi e boccioli sfioriti. Le sue iridi nere, più scure dell'ossidiana stessa, erano appannate da un sottile velo di lacrime. 

Si tirò velocemente a sedere trovando appiglio nei bordi della panchina. Li strinse con forza, fino a far diventare le nocche di un bianco candido. Le strade attorno a sé ruotavano e ruotavano, senza fermarsi, e la luce del lampione, brillante com'era nell'oscura confusione in cui era immerso, quasi lo bruciava.

Si alzò in piedi a fatica, le gambe che tremavano sotto il suo peso, fragili come ramoscelli secchi. Nelle sue orecchie ancora ronzavano appiattite le urla e i vetri infranti, le sirene acute e i bisbigli della folla curiosa. Lui, un misero bambino di sette anni, era rimasto inginocchiato sull'asfalto ciottolato, le ginocchia doloranti e sporche di sangue. I rumori intorno giungevano ovattati alle sue orecchie, le luci altalenanti e le urla dei medici un insulso dettaglio nell'intricata scena di fronte ai suoi occhi di innocenza spezzata.

Si sentì sprofondare in quel mare infinito quali erano i suoi vecchi ricordi marchiati di un'asprezza bruciante, quelli che ormai credeva di aver chiuso a chiave nella sua memoria. La mancanza pungeva come limone sulle ferite fresche.

La sua mano tremante trovò appoggio nel metallo freddo del lampione. Si aggrappò con tutto il suo peso alla superficie arrugginita, le gambe prossime al cedimento, in attesa che il giramento di testa passasse, così come i suoni ovattati nel retro dei suoi timpani.

"...Jungkook?"
Una voce profonda e familiare si fece strada come un coltello affilato nella densità di rumori che popolavano la testa di Jungkook. A fatica il corvino sollevò gli occhi appannati di lacrime, incastonandoli in due gemme smeraldo.

Lo stupore percorse rapidamente il suo corpo tremante, il respiro intrappolato nelle fauci della sua gola.
Era strano rivederlo dopo tutti quei giorni passati solo, in compagnia dei ricordi di maschere perse nell'oblio della memoria. 
Dopo quella notte al lago, Taehyung si era come volatilizzato.
Jungkook era uscito ogni notte come suo solito, e inconsciamente l'aveva aspettato, seduto sul metallo freddo della panchina. I suoi occhi avevano ruzzolato per le strade, impazienti, nella vana speranza di scorgere quella familiare zazzera castana.
Ma di Taehyung non c'era traccia. Era sparito lasciando marcire nel suo petto un sentimento dai codici indecifrabili.

Deglutí l'impasto amaro di saliva nella sua bocca, non staccando gli occhi dalla figura del ragazzo di fronte a sé.

"Jungkook stai bene?" gli chiese Taehyung. Nelle sue iridi verde bottiglia si poteva leggere ogni singola sfumatura di preoccupazione.

Perché?- si chiese Jungkook -perché questo interesse nei confronti di un relitto consumato dalle onde di ricordi?

Velocemente il castano si avvicinò alla figura tremante del minore, avvolgendo le braccia attorno al suo busto in un caldo abbraccio.

Jungkook si ritrovò a inalare di nuovo quell'aspro odore di sigarette, storcendo il naso per il forte tanfo.
Ma egualmente si abbandonò nella stretta confortante, aggrappandosi, quasi con smaniosa necessità, al giubotto dell'altro.
E ancora una volta i cocci di ricordi scivolarono nell'antro scuro della sua mente, soppressi da quel dolce calore che solo il castano gli donava.
Il respiro si regolarizzò e il tremore cessò.

"Cosa è successo?" chiese piano il castano, passando affettuosamente la mano su e giù la schiena del minore.

Jungkook strofinò il naso sul collo di Taehyung, godendo della piacevole sensazione del suo naso ghiacciato contro la pelle bollente dell'altro.

"Solo un brutto sogno" lo liquidó.

Sentì gli occhi del maggiore fissi su di sé, le iridi verdi sicuramente annuvolate dalla curiosità, ma Jungkook tenne le palpebre chiuse, concentrandosi solamente sul calore che l'altro emanava nella fredda aria notturna.

"Che ci facevi qui, comunque?" domandò il corvino in un disperato tentativo di cambiare discorso.
Taehyung fece spallucce, stringendo meglio la presa sul ragazzo rannicchiato fra le sue braccia.
"Passavo di qui"

Jungkook sollevò lo sguardo verso il maggiore.
Solo allora notò l'usuale scia di lacrime fossilizzate che, ancora una volta, macchiavano quelle morbide guance arrossate. Gli occhi erano gonfi e lucidi, spruzzati di apatia.

Deglutì a fatica mordendosi appena la lingua per evitare che nemmeno una parola uscisse.

Rimasero qualche minuto senza dire una parola, lasciando che l'aria pungente riempisse lo spazio lasciato dal loro silenzio.

"E a te invece? Va tutto bene?" chiese Jungkook.

Taehyung infilò la mano fra le ciocche corvine del minore, prendendole ad accarezzare delicatamente.

"Si, va bene"
La risposta era scarna, il tono friabile, esitazione indugiava nella sua voce.

Le parole di un bugiardo.

E Jungkook voleva chiedergli il perché. Perché quelle lacrime erano ormai incrostate sulle sue guance, quasi fossero ormai un segno indelebile sulla tela di un quadro? Perché aveva pianto? Che fine aveva fatto in tutti quei giorni? Perché sembrava sempre così triste?

Tuttavia il sorriso che gli lanciò Taehyung subito dopo - un sorriso tirato, che silenziosamente lo pregava di non chiedere oltre - fu il tacito avvertimento che gli serví per inghiottire quelle domande spinose fin giù nello stomaco.

Le bugie ormai scivolavano dalle loro bocche come se fosse seconda natura, le lingue allenate ad intrecciarsi in parole fasulle e artificiose.

Jungkook appoggiò meglio la testa nell'incavo del collo del maggiore e rafforzò la presa su di lui, sentendo il suo corpo nascosto dal giubotto premere sotto le proprie dita.

Rimasero in silenzio lasciando che il calore e il conforto che l'uno donava all'altro, lenisse le ferite celate dalla paura.

I loro respiri sferzavano il freddo.
Il vento nemmeno osava sfiorarli.

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⏰ Last updated: Oct 14, 2018 ⏰

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