Capitolo 9

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Dal capitolo precedente:

La barista richiama la mia attenzione, facendomi notare i drink. Io mi scolo subito il mio whisky, afferrando poi gli altri due. L'idea di scolarmeli tutti mi sfiora, ma poi penso che peggiorerebbe solo le cose. Così, decido di portarli alle due piccioncine, nella speranza che smettano di tubare in modo così sconsiderato ed inappropriato davanti ai miei occhi... ma in tutta franchezza ci credo poco.

"Cavolo Lex, ce ne hai messo di tempo...", mi rimprovera la mia migliore amica quando si accorge della mia presenza.

"An, ti prego piantala di dire cazzate! Eri talmente impegnata a ficcare la lingua in bocca a mia sorella che non ti sei nemmeno accorta che i vostri drink sono già sul tavolo da cinque minuti", sbotto frustrata.

"Ehi voi due, ma la volete smettere di punzecchiarvi sempre? Siamo qui per divertirci e quindi... divertiamoci!", interviene mia sorella cercando di calmare un po' gli animi.

"Dai, andiamo a ballare...", continua trascinandoci in pista.

Per un attimo mi lascio travolgere dall'entusiasmo di Rae, trascurando il fatto di sentirmi a disagio e fuori posto. Credo che la Dea in rosso mi abbia scombussolato più di quanto io voglia ammettere.

*****

Mentre sono in pista fingo di divertirmi, ma quella bruciante sensazione di essere osservata mi mette a disagio. Non mi sono mai sentita così esposta, insicura, vulnerabile e, francamente, non riesco a capirne il motivo. Probabilmente è così che ci si sente ad essere prede. Per me è una sensazione del tutto nuova, solitamente sono io la cacciatrice, sono io quella che rimorchia e mette in soggezione le donne che mi porto a letto.

Questa volta però non mi sento così. Mi sento fragile sotto il suo sguardo, quasi inerme. Non so neanche io come spiegarlo, ma c'è qualcosa di diverso in quella donna, qualcosa che mi attrae e spaventa allo stesso tempo. Quasi mi avesse preso al lazo e ora mi stesse trascinando verso di lei, con una lentezza assurda per il puro gusto di ammirare il timore nei miei occhi.

Riesco a girarmi solo poche volte verso di lei, ma i suoi occhi continuano a puntarmi. L'harem che ha intorno cerca disperatamente di darle tutte le attenzioni del caso, ma a lei sembra non interessare, sembra quasi infastidita da quelle quattro oche che la circondano.

Forse sarò sfrontata, ma apparentemente sembro io l'unica persona che catturi la sua attenzione. Non riesco a leggere nel suo sguardo, perché sono troppo lontana, ma per un attimo mi è sembrato di scorgere voglia, brama, possessione.

Stanca di essere un bersaglio facile decido di prendere il toro per le corna. Mi congedo dalle ragazze cercando con lo sguardo l'unica persona che può sanare i miei dubbi: la padrona del locale, Octavia.

Ci metto poco a raggiungerla vicino al bancone del bar.

"Octavia...", la chiamo per farmi notare.

"Lexa, hai bisogno di qualcosa?".

"Si, vorrei farti una domanda...".

"Certo, dimmi pure".

"Ecco, vorrei sapere chi è quella donna in rosso che non smette un attimo di fissarmi? Ammesso che tu possa dirmelo. Normalmente andrei io là a presentarmi, ma è in buona compagnia e visto il modo in cui quelle quattro donne pendono dalle sue labbra... non mi sembra opportuno", invento la prima scusa banale che mi viene in mente. Se non mi conoscessi bene, penserei quasi di essere gelosa.

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