CAPITOLO 26

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Mackeyla William's pov

Mio padre, Andreas Christopher Williams, è stato un noto chirurgo  plastico di un altrettanto noto ospedale di Londra.
Adorava ridare un aspetto del tutto nuovo a chi ne aveva veramente bisogno e non si lamentava mai di dover stare per delle ore in sala operatoria per ricostruire, per esempio, un nuovo volto a chi se o era completamente distrutto in un incidente d'auto, o altro.
Il sorriso e la gratitudine dei suoi pazienti erano come oro colato per lui, come la grande ammirazione che mia mamma aveva, e ha, per la sua persona.

Papà aveva anche una sua personale clinica privata proprio nel centro della città, una di quelle che usava per visitare i ricchi signori assuefatti dal ritocchino o semplicemente dalla perfezione corporea.

Era lì che aveva conosciuto mamma, ed era stato un vero e proprio colpo di fulmine.
Uno di quelli a ciel sereno.

Si era recata da lui a soli ventitré anni per un'iniezione di acido ialuronico alle labbra.
Voleva avere a tutti i costi una bella bocca carnosa, proprio come quelle delle modelle sulle riviste e odiava quel piccolo, e unico, difetto che presentava il suo viso.
Così era andata dal medico e chirurgo Andreas Christopher Williams, uomo più vicino ai trentacinque anni, a quei tempi, che non ai trenta.

E il loro incontro fu...fatale.
Una grande differenza di età, certo, ma pur sempre una grande forza di attrazione tra i due.
Andreas l'aveva vista entrare nel suo studio alle 10 di una mattinata di agosto pressoché fresca per quel periodo e non si era capacitato della bellezza che aveva davanti.
L'aveva fissata con occhi increduli per qualche secondo, studiandone ogni centimetro del corpo.
E la mamma aveva fatto lo stesso on lui; si era già innamorata perdutamente di quegli ardenti pozzi neri che la fissavano dietro un paio di occhiali a goccia, dei capelli scuri ben pettinati all'indietro e della pelle  bronzea, messa ancor di più in risalto dal bianco del camice che indossava.
Gli osservava il pomo di Adamo andar su e giù con una lentezza incredibile, e le grandi mani serrate su una biro.
Era stata mamma ad aprir bocca per prima, a salutarlo con un buongiorno, per essere precisi.
E lui aveva ricambiato e, con il suo solito tono lento, ma deciso, le aveva domandato che cosa ci faceva nel suo studio di chirurgia plastica.
-al telefono mi ha detto che voleva sistemarsi le labbra- aveva scandito lui.
La mamma aveva annuito e spiegato il perché.

Il timbro della sua voce le faceva venire i brividi su tutto il corpo.

Andreas si era alzato dalla sua poltrona in pelle nera e cautamente si era avvicinato a lei; aveva accuratamente esaminato le sue labbra, stringendo le sue in una linea sottile e concentrata.
-non c'è nulla da aggiustare qua, signorina. Qui nel suo viso tutto mi sembra perfetto, non ho nessuna intenzione di rovinarla, nemmeno con una cosa così comune come l'acido ialuronico. Mi spiace-
Erano proprio queste le parole che avevano lasciato mia madre spiazzata, ma allo stesso tempo colma di una nuova energia dentro di lei.
Mamma gli aveva sorriso e incredibilmente Andreas aveva ricambiato.
Un paio di uscite qualche sera dopo ed erano già diventati un tutt'uno.

Dopo solo un anno di fidanzamento, si erano sposati ed erano andati a vivere insieme.
Erano felici. Molto.
Avevano deciso di avere una loro famiglia così, alcuni mesi dopo dal matrimonio mamma era rimasta incinta di due gemelli.

E da qui era iniziato il loro percorso in discesa.

Mamma ne aveva aveva perso uno durante il parto. L'altro, invece, ero io.
Derek, mio fratello, era morto immediatamente, senza alcuna sofferenza e dolore a causa del cordone ombelicale stretto stretto intorno al suo piccolo collo.
Io invece ero sana come un pesce, tre chili di strilli e pianti sonori in perfetta salute.

Avevano sofferto tanto per la morte del mio fratellino, ma non mi avevano mai negato l'amore che meritavo.

D'altronde io c'ero, perché logorarsi per una morte quando hai tra le braccia un'altra vita? Una che, comunque tutto, è pur sempre tua?

E un anno dopo era avvenuta la più grande catastrofe per il cuore della mia mamma.

Andreas Christopher Williams era a svolgere il suo turno serale all'ospedale in cui lavorava.
C'era stata una emergenza, una donna si era spappolata contro il sedile anteriore mentre il conducente viaggiava ad una velocità troppo elevata. Incredibilmente si era salvata, ma aveva il volto distrutto.

E così lui era accorso per sfoderare la sua arte. L'intervento era durato più del dovuto, ma ci era riuscito. Aveva ricostruito ogni piccolo ossicino e le aveva ridato un aspetto del tutto nuovo.
Poi, verso le 02.45 del mattino, quando era arrivato il momento di tornare a casa, aveva oltrepassato le porte dell'ospedale e l'aria fredda lo aveva colpito sul viso.
Lo so perché mentre compieva quel gesto era al telefono con la mamma e lei gli rincuorava di tornare presto a casa, che le mancava.
-salgo in macchina e arrivo tesoro- aveva detto, e mia madre gli aveva creduto perché aveva sentito la sicura della macchina suonare.
E subito dopo, un'altra voce che si mescolava nella conversazione con il marito.

Andreas Christopher Williams parlava con qualcuno (o qualcosa) che gli stava di fronte.
E mamma sentiva tutto. Tutto.
-chi è? Cosa vuole? No, la prego. Ho una figlia...una moglie...ti do tutto quello che vuoi ma non farmi del male...no...no!-

Poi più nulla.

Mio padre era spirato così dal nulla per colpa di un proiettile che lo aveva colpito in pieno petto.
Dell'assassino nessuna traccia, nessun perché.
La polizia aveva visionato le telecamere più e più volte, ma si era ritrovata davanti ad una figura vestita di nero e con un cappuccio calato sul volto.
Poi era svanito Nel nulla.

Il caso era stato quindi archiviato assieme agli altri mille irrisolti.
E i giorni passarono veloci ed inesorabili, ma la mia mamma era rimasta forte e grande come sempre.
La morte di Derek non l'aveva buttata giù.
La morte di papà, del suo Andreas nemmeno.
Si convinceva del fatto che erano insieme a giocare ai banditi e che Dio aveva voluto cosi, e neanche questa volta aveva fatto mancare qualcosa a me. La sua unica ragione di vita.

Ed io ammiravo quella forza. Quella donna così...cosi Donna.
Sentivo ogni energia sua penetrare nel mio piccolo corpicino e crescere dentro di me, in caso di necessità per un futuro.

Ci aveva pensato lei a salvarmi la vita già molto tempo prima.
Si. Lo sapeva già.

Ed ora che cammino velocemente verso il centro della città, voltandomi ogni tanto per vedere se Il Mostro mi sta seguendo, me ne rendo sempre più conto.
Ripenso a tutto questo, ricordo ogni attimo della mia vita e ricomincio a correre senza rallentare.
Non mi sembra vero di essere fuggita, di essere libera.
Sento la mente libera, il cuore leggero.

Non sono più confusa e oppressa come quando stavo con Logan e capisco di essere stata vittima della sua mente per tutto questo tempo.
Mi ha manipolata. Sempre.

Ma ora non importa più.

In questo momento, voglio solo rivedere mia mamma.








Ciaooo!
Ho fatto un capitolo un po' diverso dal solito, ma secondo me serviva per dare più rotondità al personaggio della nostra Mackeyla, per conoscerla più a fondo.

Voi cosa ne pensate? Vi è piaciuto?

Fatemi sapere come sempre, siete tanti ma apprezzo ogni parola che mi dite perché mi fa crescere.

A presto con la continuazione!

My Psychotic, Macabre And Mad Love ||Evan Peters|| ||Demi Lovato||Where stories live. Discover now