Scena Extra 6. La prima volta dal punto di vista di James

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Parcheggiai la macchina davanti casa di Malcolm e spensi il motore.

Visto che doveva farsi perdonare per aver interrotto Raine e me sul più bello, la sera prima, Mal si era offerto di "prestarmi" per mezza giornata la seconda casa della famiglia Reed, una graziosa villetta che suo padre aveva comprato a Indianapolis qualche anno prima.

L'ambiente era perfetto: lontano dal caos cittadino, immerso nel verde, un posto tranquillo dove speravo che Raine e io potessimo trascorrere del tempo da soli.

Prima di andare a prenderla per portarla a pranzo fuori, io e Mal eravamo venuti alla villa per sistemare la camera da letto. Volevo che fosse tutto perfetto e avevo preparato anche una bella sorpresa per la mia Luna. Pregustavo il momento in cui sarebbe entrata nella stanza e avrebbe visto cosa avevo organizzato per lei. Un sorriso ebete mi si era stampato in faccia al solo pensiero e mi aveva accompagnato per tutto il tragitto verso casa Anderson. Quando poi avevo visto Raine scendere dalle scale con quel vestitino addosso... beh, a quel punto mi ero dimenticato persino il mio nome e il motivo per il quale non l'avessi già stesa sul sedile posteriore della mia macchina e spogliata.

«Dove siamo?» domandò Luna, guardandosi intorno con curiosità.

Era così bella che faceva male guardarla. Faceva male al cuore, all'anima e anche altrove.

La guidai fuori dall'auto e lungo il vialetto, finché non raggiungemmo il portoncino laccato della villa.

«Di qua, vieni», le dissi, sospingendola all'interno e poi lungo il corridoio principale.

Quando arrivammo davanti alla porta chiusa della camera da letto, non stavo più nella pelle.

Lei fissò la porta e poi me con aria interrogativa. «Beh?»

Notai che faticava a trattenere la curiosità e mi fece venire voglia di avventarmi sulla sua bocca e succhiarle le labbra fino a perdere il fiato.

«Chiudi gli occhi», le dissi, invece.

Avevo un programma e dovevo rispettarlo. Anche perché, se non mi fossi attenuto a quello, non ci avrei capito più nulla e avrei mandato al diavolo tutti i miei progetti.

«Perché?» domandò titubante.

Le rivolsi un sorriso dolce e le accarezzai il viso. «Fallo e basta, per favore.»

Un po' incerta, Raine obbedì.

Recuperai la terza rosa bianca della giornata e gliela infilai tra le dita, poi le posai le mani sugli occhi per assicurarmi che non barasse e feci per abbassare la maniglia.

«Che c'è? Non ti fidi?» ridacchiò lei.

Ghignai, mentre aprivo la porta della camera. «La prudenza non è mai troppa.»

Si bloccò non appena si accorse che la stavo spingendo dentro. «Non sarà mica la stanza rossa di mister Grey, vero?»

Scoppiai a ridere. «No, Raine.»

Finalmente, entrammo nella stanza, lasciandoci avvolgere dal calore del sole che penetrava dalle grandi vetrate a parete.

Notai subito il suo corpo tendersi e poi rilassarsi, mentre il profumo dei fiori, del caffè e della torta che avevo preparato le stuzzicava le narici. Sperai con tutto me stesso di essere riuscito a evocarle alla mente la canzone Le cose che amo di più tratta dal suo film preferito. Avevo studiato tutto nei dettagli, cercando di raccogliere all'interno della stanza tutti gli elementi descritti nella canzone che Raine amava così tanto.

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⏰ Última actualización: Jun 26, 2018 ⏰

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