Capitolo 11

1.3K 55 0
                                    

La mattina seguente, feci ritardo di proposito. Non volevo avvicinarmi a Diego nemmeno per sbaglio: il mio stomaco era ancora in subbuglio per tutto quel groviglio di emozioni che aveva trattenuto la sera precedente. Il fatto era che il fiato sulle mie labbra lo sentivo ancora, sentivo sulla pelle i brividi che mi provocavano la sua vicinanza.

Fabio non meritava tutto quello. Nei suoi occhi leggevo tutto l'amore che mi aveva dato in quei tre anni e quello che era disposto a donarmi in futuro: con Fabio, sapevo che l'unica cosa che non sarebbe mai mancata tra noi due fosse l'amore e la dolcezza di ogni gesto. In Fabio, vedevo me stessa felice.

Ma c'era quella piccola parte di me che si rivedeva anche in Diego: vedevo la lunga lotta di entrambi per distruggere i nostri demoni, vedevo la forza che entrambi mettevamo per riuscire ad affrontare il giorno dopo. La sua nuvola di mistero sembrava essere il ferro per la mia calamita, era come se, pur sapendo che non dovessi, non potessi stare lontana da lui.

Diego era mistero, un mistero per cui era impossibile non avere voglia di risolverlo.

Quasi volevo prendermi a schiaffi per quello che stavo pensando.

Ero così sovrappensiero che non mi resi conto di aver calciato una scarpa. Fabio si agitò nel letto. Era tornato da poco dal turno ma era crollato non appena aveva messo piede nel letto.

"Bea?" Mi richiamò, con la solita voce rauca che aveva appena sveglio. "Ancora non vai a lavoro?"

"Ho fatto un po' di ritardo." Ammisi, avvicinandomi a lui per lasciargli un bacio a stampo. Era quella la mia strada, dovevo completamente rimuovere Diego dai miei pensieri. "Forse è meglio che vada."

Fabio sorrise sulle mie labbra ed annuì. "Vai prima che ti ributti nel letto con me."

Sorrisi. Fabio non meritava i miei pensieri, dovevo smetterla.

Afferrai la borsa ed uscii di casa. Mi venne un colpo al cuore quando vidi Diego poggiato alla sua porta, ma a differenza delle altre mattine, non aveva il caffè tra le mani.

"Ce l'hai fatta." Disse, sorridendo piano.

"Potevi anche avviarti, ho fatto la strada da sola per un anno e oltre." Mi accorsi del tono brusco che ebbi solo quando le parole si librarono in aria. Diego sembrò esserne rimasto abbastanza deluso.

"È una routine, ormai, aspettarti." Si giustificò. "Semplicemente mi sembrava scorretto andarmene senza aspettarti."

Sospirai, passandomi una mano in volto. "Andiamo allora, è tardi." Gli feci notare. Ora non solo avevo i sensi di colpa per Fabio, ma anche per aver fatto far tardi Diego a lavoro. Il nostro capo non vedeva di buon occhio i ritardi, potei solo immaginare la cantata che mi spettava una volta arrivata in ufficio.

Mi incamminai qualche passo più avanti di lui, e presi le scale per evitare di stare in uno spazio ristretto, da sola con lui. Onestamente, dopo ieri sera, avevo paura di me stessa e di quello che sarebbe potuto succedere in quelle circostanze. E una cosa del genere, non avrei mai dovuto provarla.

"Non ti sembra di correre un po' troppo, oggi?" Mi chiese, cercando di tenere il mio passo.

"È tardi." Gli feci notare ancora. Diego, dal suo canto, sbuffò.

"Hai intenzione di non guardarmi neanche più in faccia, d'ora in poi?" Mi chiese, afferrandomi il polso. Fui, così, costretta a fermarmi. Diego si posizionò di fronte a me, eravamo appena giunti fuori dal palazzo.

"Non sarebbe una cattiva idea." Mormorai, passandomi una mano in volto.

Diego mi guardò in malo modo. "Si può sapere che ti prende?"

"Che mi prende, Diego? Sul serio?" Lo guardai allibita.

"Si, Beatrice, sul serio." Il tono di Diego era severo e tagliente. "Non mi sembra di averti ucciso il gatto."

"Peggio." Gli feci notare. "Hai rimosso quanto è successo ieri sera?"

"Non è successo proprio nulla!" Disse allora lui, sbracciandosi al cielo.

"Ci mancherebbe altro, Diego!" Gli dissi, stringendo i denti. "E anche quel poco che c'è stato, non doveva esserci."

"Stai ingigantendo la situazione." Sbuffò, alzando gli occhi al cielo.

"Dimmi solo una cosa." Gli chiesi, facendo un passo avanti, verso di lui. "Se non mi fossi tirata indietro, saresti andato oltre?"

Diego sorresse il mio sguardo, quasi con sfida, ma non mi rispose. "Sto aspettando." Gli dissi allora.

"Vuoi davvero saperlo?" Mi chiese, con una risata amara, io annuii. "Bene, allora. Si, Bea. Sarei andato oltre."

"Come pensavo." Risi amaramente. "Mandiamo a fanculo la vita di Beatrice, tanto che senso ha?"

"Tu non capisci." Mormorò lui, scuotendo la testa.

"Cosa dovrebbe esserci da capire, Diego?" Gli chiesi, il mio tono che diventava sempre più aspro. "Sto per sposarmi. Ho comprato l'abito da sposa e ti ho dato la fottuta partecipazione. Non credi siano dei motivi validi per spingerti a fermarti?"

"Come ho già detto, non capisci e non potrai mai capire, Bea." Disse, incrociando le braccia al petto. "Perciò non ti obbligo a fare nulla. Vuoi evitarmi? Bene. Vuoi far finta che io non esista? Mi faresti un favore."

Le sue parole bruciarono sulla mia pelle, come se fossero state lame che mi avevano appena colpita. "Perfetto, allora."

Lo sorpassai e mi incamminai verso l'ufficio. Poi mi fermai di botto, e mi girai. "Ed io che stavo iniziando a pensare che fossi una persona decente."

"Oh, no. Questo non te lo concedo." Mi disse, puntandomi un dito contro. "Non puoi incolpare solo me di quello che è successo. Le cose si fanno in due, e semmai saremmo andati oltre, saresti stata tu a non avermi fermato, quindi non so chi abbia il coltello dalla parte del manico."

"Una persona intelligente, in tal caso, avrebbe messo lui un freno." Gli feci notare. Nel caso in cui io non ci fossi riuscita, avrebbe potuto fermarmi lui. Ma aveva appena ammesso che sarebbe andato oltre.

"Non ho più che dirti, Bea. Vuoi avere ragione tu, ovviamente." Quell'ovviamente, sembrava raccontarla lunga.

"Stammi alla larga, Diego." Conclusi lì la discussione. Ero già in ritardo, non potevo farne altro.

Quando arrivai all'uscio della redazione, attraversai la soglia come se fossi pronta a lanciare bombe ovunque. Avevo un diavolo per capello, e conoscendo il mio carattere, sapevo che avrei potuto prendermela con chiunque.

"Buongiorno, raggio di sole!" Iris disse.

"Ciao." Le dissi semplicemente, e mi sedetti al mio posto.

"Uh, nottata fiacca?" Mi chiese, alzando maliziosamente il sopracciglio.

"Non è giornata, Iris. Se puoi, evita."

Iris sembrò colpita da quelle parole, ma non disse più nulla e chinò la testa sul manoscritto. Come avevo previsto, quel giorno sarei stata crudele con chiunque.

Quando il capo venne a rimproverarmi del ritardo, entrò anche Diego, che prese il doppio del contentino. Ci fulminammo a vicenda con lo sguardo, prima che lui andasse a sedersi e il capo sparisse dalla nostra vista.

Per tutta la giornata, non ci rivolgemmo la parola, e non tornammo a casa insieme. Il tratto fino a casa mi sembrò più lungo del solito, ma pensai che dovevo abituarmi, ancora una volta, a percorrerlo da sola.

Entrai in casa e mi fiondai subito da Fabio. Lo baciai focosamente, lui non oppose resistenza. Finimmo per fare l'amore sul nostro divano in camoscio, ma la mia testa, era da tutt'altra parte.

Keep it secretDonde viven las historias. Descúbrelo ahora