17.

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Il manicomio di Fabulous era la più strampalata delle attrazioni di quella parte di mondo. Tanto per cominciare, c'era una band che pestava sugli strumenti come un pugile pesta un tocco di carne. Il volume degli amplificatori era da fotterti i timpani, e c'erano dei tizi che si dimenavano a neanche due metri da quei mammut valvolari. Se avessero resistito il tempo di un paio di canzoni, poco ma sicuro che ne sarebbero usciti sordi come campane. La scaletta prevedeva pezzi come My Michelle dei Guns 'n' Roses, I wanna be sedated dei Ramones e Ace of spades dei Motorhead.

La gente sembrava divertirsi parecchio. Qualcuno beveva e qualcun altro si impasticcava. Fabulous ci teneva che la clientela fosse soddisfatta. Così era sicuro che sarebbero tornati a trovarlo.

Il tendone da circo conteneva un'imponente struttura d'acciaio. Il piano inferiore era riservato all'arena, agli alloggi dei fenomeni da baraccone – se si potevano chiamare così quelle gabbie nelle quali li avevano ficcati –, e a quelli degli sgherri di Fabulous. Al piano superiore c'erano gli alloggi del grande capo. Da lì si poteva vedere l'arena, e Fabulous si sentiva un po' come un moderno Cesare, mentre guardava i suoi gladiatori mutanti darsi battaglia.

Il tizio che aveva fatto entrare Ripper e compagni li scortò al secondo piano. Ci arrivarono salendo una scala presidiata da due tizi in tuta mimetica e armi automatiche. Il pavimento era una grata di metallo, e se guardavi in basso potevi vedere la gente fare casino. Anche le pareti erano costituite da grate. C'era un'unica apertura, grande come una finestra panoramica, che dava proprio sull'arena. Era posizionata alla destra di una sfarzosa seduta che avrebbe fatto la felicità di un antiquario.

Ripper aveva già visto quel posto. Gliel'aveva mostrato il vortice-buco di culo.

Sulla sedia in stile barocco era seduto un tizio vestito con una mimetica nera e anfibi dello stesso colore. Agli occhi portava un paio di occhiali da saldatore. Il viso sembrava un grosso croccante al cioccolato bianco. Doveva avere una stramba malattia della pelle. Lo zampino della Grande Onda era evidente. La seduta era sistemata su di una pedana. Ai lati della pedana stavano due tizi in mimetica e fucili automatici. Avevano anche degli sfollagente infilati nella cinta.

Lo sgherro di Fabulous si fermò a un metro dalla pedana e si chinò su un ginocchio.

«Grande Fabulous», disse, «porto buone nuove. Di fuori è tornata la luce.»

Fabulous si alzò. Era alto quanto Ripper, ma non altrettanto pompato.

«Mi prendi per il culo?» disse al suo sgherro.

Il tizio guardò in basso. «Non potrei mai, mio signore.»

Fabulous posò gli occhi sui quattro spiantati. «E 'sti qui chi sono?»

«Vogliono sfidare Big Dandy. Cioè, il tizio grosso vuole sfidarlo. Dice che è merito loro se è tornato il giorno.»

Fabulous li passò in rassegna. «E come avreste fatto?»

Ripper gli fece un sunto. Alla fine, Fabulous disse: «Non mi sembri uno con abbastanza cervello da inventarsi una storia simile. Perciò diciamo che ti credo.»

Il tizio in ginocchio sollevò la testa, sorpreso.

«E così vuoi sfidare Big Dandy. Pensi di essere all'altezza del mio campione?»

«Lasciamelo per dieci minuti e vedi come gli rompo il culo», disse Ripper.

Il tizio si alzò di scatto. «Chi cazzo credi di essere per parlare così al grande...»

«Lascia perdere», fece Fabulous, spegnendo all'istante i bollori del suo sgherro. Lo raggiunse e gli posò una mano sulla spalla. «Torna alle tue mansioni.»

La Compagnia degli SpiantatiWhere stories live. Discover now