You'll Be There.

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Liam

Educazione fisica era la mia materia preferita, una delle poche lezioni che avrei potuto condividere con la classe di Harry. Lo ritrovai seduto in panchina, poco distante dal cortile, allestito per una partita di calcio. A lui piaceva tanto giocare a calcio, come piaceva anche a me. Ci ritrovammo vicini, uno accanto all’altro.

-La partita non sarà sleale, avete tutti dei fisici ben messi, non conta l’età quando si gioca a calcio e siete le uniche due classi ad aver aderito.- disse il professore. –Giocherete un torneo contro un’altra scuola, quindi oggi sceglierò i migliori giocatori.- continuò. Si sedette su una sedia scassata e scrisse un paio di cose sul registro, chiamando l’appello e segnando gli assenti. Ci disse di dover fare un paio di giri del cortile, lasciandoci in pace per dei lunghi minuti. Non appena mi affiancai ad Harry, mi venne in mente la sera precedente. Lui e i suoi baci roventi, lui e il suo viso che urlava sesso da ogni poro.

-Harry.- lo salutai con un sorriso, che ricambiò immediatamente. Quel sorriso me l’ero ritrovato di fronte la sera prima, strafottente e voglioso, eppure non ero riuscito a portarlo a casa mia, a passare un’altra notte con lui, l’ansia di poter complicare le cose si era fatta presente. E non era solo lui il problema. Zayn. Lui e la sua pazzia momentanea mi avevano destabilizzato parecchio. Ero certo che stesse nascondendo qualcosa. Era impossibile che se la prendesse per così poco, che mi urlasse contro in quel modo. Odiavo quando lo si faceva, non ero abituato a sentirmi rimproverato, e quando lo facevano, solitamente tendevo a farlo apposta. A far infervorare quella persona più del dovuto, facendo schizzare i nervi alle stelle. In quell’istante, con Zayn, non ci ero riuscito.  O almeno, non proprio. Mi ero infervorato, lo avevo provocato, ma non ero riuscito a dargli contro. Non avevo ancora ben chiaro quale fosse l’esatto motivo, ma la sua sofferenza, il suo viso contorto dalla rabbia e dalla paura mi avevano intimidito. E non era facile intimidirmi. Scossi la testa da quel pensiero e continuai a correre, con tutta la forza che possedevo. Avevo bisogno di scaricare quella tensione che mi aveva messo addosso quel pensiero. Più il petto mi bruciava più la voce incrinata di Zayn mi tormentava. O forse era semplicemente il senso di colpa? Mi riscossi solamente quando sentii la voce di Harry dietro di me.

-Ti stancherai! L’acido lattico ti consumerà!- mi fermai di botto. Quella maledetta voce esplose e sparì, come una piccola bolla di sapone. Era tutto merito di Harry, avrei dovuto ringraziarlo più spesso. Mi voltai, ma non ebbi il tempo di rispondere alla sua muta domanda, che il professore ci chiamò tutti in riga. Harry e i suoi compagni dal lato opposto al mio. Gettai uno sguardo verso di lui, che mi dava le spalle e sentii lo stomaco sottosopra al pensiero di averlo sotto il mio controllo, il mio dominio.

-Giocherete voi cinque.- ci indicò ad uno ad uno, e mi ritrovai in pochi minuti a correre dietro ad una palla. A scansare Harry più volte e a tirare alla porta, a vuoto. Avevo perso l’occasione di segnare per almeno tre volte. I miei compagni, come anche il mio professore, erano parecchio seccati e contrari alla mia distrazione. E la fonte non era Harry, stranamente, ma quella maledetta voce che con sofferenza continuava a ripetersi come un vecchio disco rotto nella mia testa.

-Liam che ti succede?- il fiato corto di Harry mi arrivò sul collo e sentii la sua presenza alle spalle. In quell’istante, Travis, correva segnando il primo goal della squadra. I miei compagni di squadra esultarono e corsero ad abbracciarlo, io ed Harry rimanemmo in disparte.

-Va tutto bene.- dissi. Dopo di che mi allontanai correndo ed afferrai, con il petto, il pallone che rotolò ai miei piedi e calciai forte. Arrivò dritto davanti alla porta, ma qualcuno riuscì a marcarmi e togliermi il possesso. Con una furia che non avevo mai sentito, probabilmente quel tipo di rabbia che non riuscivo a gestire, quando qualcosa andava storto, mi fece correre verso il tipo di prima e con un forte calcio riuscii a togliergli il possesso. Nessuno fischiò il fallo, nonostante fosse a terra a rotolarsi per il dolore alla caviglia. Determinato come non ero mai stato, mi avvicinai nuovamente alla porta e questa volta segnai. Il 2 a 0 era stato opera mia. Tutti mi si lanciarono addosso contenti.

Recovery LessonsWhere stories live. Discover now