I Can't Pretend

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Harry

Avevo pensato, che molto probabilmente, una volta messo piede nel mio paesino avrei dovuto imparare nuovamente le strade, a riconoscere i vicini di casa, a ricordare profumi e aromi di casa, ma era stato tutto molto più semplice del previsto. Come se non me ne fossi mai andato. Non appena avevo messo piede dentro alla mia vecchia stanza, tutti i ricordi si affollarono ricordandomi la mia infanzia felice in quel posto, quando ancora i miei genitori stavano insieme ed erano felici. Quando eravamo una vera famiglia. Appesi alle pareti stavano ancora delle vecchie fotografie di caccia con mio padre, erano stati bei giorni quelli. Aspettare la preda, rimanere all’erta e poi boom, un colpo e l’animale era ai tuoi piedi. E ricordo ancora il mio fucile giocattolo, mio padre mi sussurrava “laggiù, stai all’erta” ed io ubbidivo, guardando fisso un povero coniglio bianco. “Quando te lo dico io, spara” ed aspettavo un suo segnale. Poi lo urlava “Spara!” e col mio fucile giocattolo facevo un rumorino assordante, che veniva attutito dalle cuffie che portavo, e poi le sue esclamazioni mi rendevano fiero. “Guarda, lo hai preso tu!”, mi faceva credere di aver ucciso un povero coniglio, ma io ero felice perché passare del tempo con mio padre era la cosa più bella che ci potesse essere. Adesso faceva strano, perché avevo 18 anni, ero cresciuto e lui non era più lo stesso uomo. Mi aveva accolto in casa con un bell’abbraccio, che ricambiai senza esitazione. Non ce l’avevo mai avuta con i miei genitori, in fondo stavo bene e se loro non avevano più nulla da condividere o donarsi io e mia sorella non eravamo nessuno per tenerli legati, probabilmente sarebbe stato peggio. Eravamo tutti contenti così, una famiglia che si vedeva raramente, una madre dietro ad un lavoro faticoso e una sorella a cui correre dietro. Però, io avevo tutte quelle persone, anche se lontane a volermi bene. Due, o forse tre, se ne stavano a Londra, due di fronte a me. Mi fu inevitabile pensare alla telefonata di Liam, era stata dura dovergli dire certe parole, ma se ero andato via era un chiaro segno che volessi stare da solo. Forse non mi avrebbe fatto bene, ma in quei due giorni mi ero già ritrovato a sorridere e rivedere dei miei vecchi amici. Gemma me ne aveva presentato qualcuno dei suoi, quella sera, dei laureati come lei. Uno in particolare mi aveva messo gli occhi addosso, e non riuscivo a guardarlo per più di qualche secondo. Quel suo sguardo era decisamente troppo disarmante e mi metteva a disagio. Non ero abituato ad essere guardato in quel modo e solo Dio sapeva quanto desiderassi che Liam avesse fatto lo stesso. Ma poi due occhi azzurri famelici mi si presentarono davanti, ricordandomi che in realtà lui l’aveva fatto. Lui mi aveva guardato anche peggio e meglio allo stesso tempo. I suoi occhi azzurri erano delicati, erano come piume sul mio corpo, come delle carezze dolci, lente e cadenzate. Mentre gli occhi di questo sconosciuto erano bramosi, taglienti come lame, continuava a pugnalarmi e sorridere languidamente senza nessun minimo di pudore. Non ero stato in grado di ricambiare, nemmeno quando mi aveva spontaneamente offerto da bere, nemmeno quando si era seduto al mio fianco sfiorandomi le mani con ogni scusa possibile, nemmeno quando mi aveva lasciato il suo numero di telefono scritto su uno squallido tovagliolo da bar. Inizialmente lo avevo semplicemente accartocciato e messo in tasca, poi però ci avevo pensato meglio e dispiegandolo lo avevo fissato. Forse mi sarebbe servito per andare avanti definitivamente. Altro svago, e Nick, mi era sembrato proprio quel tipo di persona che non ha bisogno di nessun legame sentimentale, solo fisico. Una scopata, o forse due, o forse infinite, senza bisogno necessario di legarsi. Quella sera ci rimuginai su parecchio, rotolando fra le mani quel bigliettino, sgualcendolo ulteriormente per poi lisciarlo nuovamente. Non avevo idea di cosa fare, dagli angoli più remoti sbucavano fuori Liam e Louis, come se fossero stati chiamati in causa. E non mi chiesi nemmeno più proprio perché Louis, era ovvio che mi sentissi in colpa nei suoi confronti. Se solo fossi andato a letto con Nick sarei finito per tradirli entrambi, sentendomi peggio di prima, perciò l’unica cosa che feci fu accendermi una sigaretta, affacciarmi dalla finestra, respirare un po’ d’arietta fresca, di quel dicembre non troppo freddo, per poi bruciare quel tovagliolino. Mi sentii subito meglio, quasi come se mi fossi tolto un peso dallo stomaco. Louis e Liam erano ancora lì, ad osservarmi con occhio critico, ma sarebbero tornati a sorridere sereni quando anche io mi sarei calmato e avrei sorriso. Era meglio non lasciare in giro altri problemi, anche se con Nick non pareva essere un vero e proprio problema. Ma avevo già troppe persone sulla coscienza, ne avevo abbastanza di spezzare il cuore alla gente solo per un mio personale tornaconto. Dovevo assolutamente smetterla di essere così egoista, avrei dovuto imparare a guardare un po’ oltre me stesso e cercare di capire gli altri. Cercare di captare anche i loro sentimenti e farli miei, mettermi nei loro panni e cercare di alleviare le loro pene anziché raddoppiarle. Non ero mai stato così preoccupato per gli altri, era già un passo avanti, no? E chi meglio di mia sorella avrebbe potuto insegnarmi ad essere una persona migliore? Chi meglio di lei? Perciò le feci un sorriso dolce, sentendo uno strano calore nascere dentro. Era una delle persone che più mi mancavano. Senza dirle nulla l’abbracciai e me la tenni stretta un po’. Per poi staccarmi e disfarmi della cicca di sigaretta che tenevo a bruciare ancora fra le dita.

Recovery LessonsWhere stories live. Discover now