Capitolo 3: Complicità mortale

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Erano passati tre giorni dallo scontro di Norval e Nam, nessuno dei due passò sopra all'accaduto di qualche notte prima. In quel tempo trascorso Norval non aveva commesso ancora nessun omicidio, no che non gli furono richiesti; rifiutò ogni tipo di offerta per riflettere su Nam e studiarla. Gli bastarono solo quei pochi minuti di combattimento per capire il suo schema di lotta e, ferendo il suo orgoglio, ammise che era incredibilmente abile. 

Il ragazzo dai capelli bicolore era seduto sulla poltrona blu del suo salotto. Il gomito destro era posato sul bracciolo mentre teneva una sigaretta tra l'indice e il medio dello stesso arto; il fumo danzava verso il soffitto mentre la cenere cadeva leggiadra sul pavimento. 

Gli occhi color ghiaccio erano fissi sul camino acceso e scoppiettante; il piede destro dondolava sopra al ginocchio sinistro mentre con la mano libera si massaggiava il petto ferrato. La lastra era ondeggiata a causa dei vari colpi subiti in quegli anni. Non si curò mai di ripararla e renderla più resistente; se doveva morire non avrebbe fatto nulla per evitarlo. La morte lo aveva incuriosito dal giorno dell'incidente avvenuto dieci anni prima; egli l'aveva sfiorata quando era solamente un bambino, un trauma infantile che non lo avrebbe mai abbandonato.

-Sei ancora sveglio, tesoro?-

Norval espulse del fumo attraverso le narici prima di spengere la sua sigaretta sulla suola della scarpa per poi buttare la prima dentro il camino.

-Evidentemente...-
Sospirò lui alzandosi dalla sua postazione.

-Sono le quattro di notte, perchè non stai a letto a dormire?-
Aggiunse con rimprovero.

-Te l'ho chiesto prima io-

-Ho dei pensieri che non mi fanno prendere sonno. Basta come risposta, madre?-
Sbuffò lui-Ripeto, dovresti andare a dormire. È tardi-

-Si lo so, ma tuo padre non smette di parlare dentro la mia testa-

Norval chiuse gli occhi e sospirò alle parole della madre. In quell'incidente stradale l'unico a morire fu il "capofamiglia": Esmond Maycock.

Dal violento impatto avvenuto tra l'auto di famiglia e una locomotiva a vapore in corsa, Esmond fu catapultato fuori dalla vettura e investito dal grande mezzo. Norval cominciò a ricordare quel giorno e scosse la testa per evitare di rivivere la scena. Forse era l'unica cosa che riusciva a trasmettergli una minima percentuale di emozioni, anche se negative.

Accorgendosi dell'animo in subbuio del figlio, la donna si avvicinò a lui e gli accarezzò la guancia. Lo guardò dritto negli occhi e socchiuse i suoi dal dolore rivedendo gli ematomi sul viso di Norval: il ventenne aveva un occhio nero, una gobbetta sul naso causata dalla gomitata di Nam e il labbro spaccato. Altri lividi vi erano sotto i suoi vestiti e una benda fasciava il punto del braccio sfiorato dal proiettile.

-Guardati, ancora questi brutti segnacci non se ne sono andati. Ora non si può neanche più uscire di casa in pace per paura che qualcuno ti assalga senza motivo-
Disse la donna staccandosi dal figlio. Non sapeva la verità.

-Tutti i criminali meriterebbero l'ergastolo se non la morte; brutti disgraziati-

-Buona notte-
Sussurrò Norval per bloccare la chiacchiera della donna.

Egli baciò la fronte della madre, per la quale non provava più nessun tipo di sentimento, e la invitò a tornare a letto. Senza nessun altra storia, lei tornò nella sua camera.

Charlotte Maycock dalla morte del marito cominciò a sentire la sua calda voce ogni sera che le metteva difficoltà a dormire e, come se non bastasse, vi parlava anche dando vita a interi discorsi solitari. Norval la ascoltava ogni volta.

Iron Heart [Steampunk Revolution 2018]Where stories live. Discover now