Capitolo 39

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Quando una delle ragazze del bar si avvicinò al tavolo per prendere le ordinazioni Jacopo, nascosto totalmente dal menù, chiese ancora un po' di tempo per decidere.

Simone lo occhieggiò con sospetto ma non osò proferire parola, preferendo lasciargli i suoi tempi e lo spazio per fare qualsiasi cosa stesse facendo nascosto dietro quel pezzo di carta.

«Sono pronto!» decretò d'un tratto con decisione facendo trasalire la ragazza che per caso gli stava passando accanto.

Lei sorrise divertita mentre lui, come suo solito, arrossì cercando di sparire inutilmente dietro il menù che, sfortunatamente, non gli garantì il dono dell'invisibilità.

Appurato però che nessuno stesse ridendo di lui lasciò correre lo sguardo verso Simone che gli stava di fronte e gli sorrideva. Jacopo si sentì subito meglio perché quello non era un sorriso di scherno, era il sorriso di Simone, quello che lo metteva in imbarazzo ma non perché si sentiva sbagliato o stupido.

Il sorriso di Simone aveva in qualche modo il potere di calmarlo, di farlo sentire giusto.

Perché proprio Simone avesse quella capacità era facile da spiegare: Simone sapeva come prenderlo, aveva gli occhi buoni e aveva dentro qualcosa che sembrava molto affine al'animo di Jacopo, qualcosa che giocoforza li avrebbe tenuti uniti.

Quando la ragazza tornò al tavolo, con in mano un taccuino, Simone ordinò un caffè mentre Jacopo chiese un cappuccino tiepido con panna e una spolverata di cacao accompagnato da una porzione, anzi due di torta al cioccolato.

Questa volta Simone non riuscì a trattenere un'espressione perplessa.

Appena la ragazza si allontanò con un delizioso sorriso sulle labbra, gli occhi di Jacopo si spostarono nuovamente in quelli scettici di Simone.

Inclinò il capo per leggerli meglio ma fu Simone a sciogliere ogni dubbio.

«Non eravamo qui per un caffè?» domandò.

«Il caffè è amaro» disse Jacopo come fosse la cosa più ovvia del mondo.

Simone sembrò improvvisamente capire «non ti piace il caffè» sentenziò.

«Non molto»

«Ma... Saremmo andati da un'altra parte»

«E perché mai?»

«Perché... Oh lasciamo stare! Avresti dovuto dirmelo comunque»

Jacopo scrollò le spalle «non credo sia così importante»

«E invece lo è»

La risposta piccata di Jacopo fu interrotta, prima ancora che la pronunciasse, dall'arrivo della cameriera con le ordinazioni. Le adagiò sul tavolo e si allontanò con discrezione, quasi come se non avesse appena disinnescato una piccola bomba pronta ad esplodere.

«E comunque» riprese Simone con calma «a parte tutto, tutti questi zuccheri non è che ti facciano così bene, cioè, due fette di torta?»

Jacopo parve trattenere un sussulto «veramente una sarebbe per te» bisbigliò.

Il suo viso raggiunse una tonalità di rosso vermiglio che però Simone non notò troppo impegnato a riflettere sulle sue parole.

«Oh!» soffiò fuori, senza sapere come continuare.

«Già...» sussurrò Jacopo con lo sguardo basso «se non la vuoi io...»

«No, no, no! Non mi perderei per nulla al mondo questa occasione» disse pimpante.

«Bene» bisbigliò Jacopo con un tono che non ammetteva fraintendimenti.

Simone lo notò solo allora quello sguardo basso, mortificato, quasi colpevole. E si sentì colpevole a sua volta.

«Scusami» disse a voce bassa «non avevo capito fosse per me»

Jacopo si strinse nelle spalle.

«Non parli più?» chiese Simone con un sorriso, tentando di riportare quella conversazione all'iniziale spensierata cordialità.

Ancora una mancata risposta da parte di Jacopo provocò un sospiro in Simone.

«Allora parlo io» disse «grazie»

Jacopo sollevò lo sguardo e sorrise con un lieve rossore ad aleggiargli sulle guance, poi sfiorò uno dei due piattini con la torta spostandolo verso Simone che, senza dargli il tempo di compiere quell'azione, si fiondò sul dolce staccandone un pezzetto con la forchettina.

Lo portò alla bocca e si profuse in un mugolio di apprezzamento.

«Cavolo che buono!» disse prendendone ancora un po' «Credo mi affiderò più spesso a te per le ordinazioni, hai occhio»

«Modestamente coi dolci non mi batte nessuno» disse Jacopo ritrovando il sorriso e la serenità.

«Lo vedo... Non è che mi faresti assaggiare un po' del tuo cappuccino?»

«Nah, non penso... Non credo che tutti questi zuccheri ti facciano bene» disse rimarcando ironicamente le parole che prima gli erano state rivolte dall'altro.

«Che fai, mi prendi in giro?»

«Io? Non mi permetterei mai» rispose ironicamente nascondendosi dietro la tazza che stava portando alle labbra «mmh, squisito!»

«Stronzetto» bofonchiò Simone.

«Hai detto qualcosa?» chiese Jacopo fingendo di non averlo sentito.

«Oh, hai sentito benissimo»

«Villano!»

«Stronzetto!» scandì per bene questa volta Simone.

Jacopo sbarrò gli occhi e provò a far partire un colpo destinato alla spalla dell'altro che però finì prontamente bloccato dalla mano di Simone ferma a mezz'aria.

«Cosa credevi di fare?» chiese allora il più grande.

«Ehm...» mugugnò Jacopo in evidente difficoltà «avevi un pelucco sulla maglia»

A quella risposta stupida e insensata Simone non poté che rispondere con una sonora risata alla quale presto si unì anche Jacopo.

«Che scemo che sei»

Jacopo alzò le spalle e mostrò la migliore delle sue espressioni buffe.

Ancora una volta a Simone venne voglia di lasciargli una carezza sul viso ma si trattenne perché la paura di far danno era più forte persino di ogni sua volontà.

Si scostò delicatamente senza perdere il sorriso, continuando a guardare con tenerezza Jacopo che stava smangiucchiando la sua fetta di torta.

Restarono seduti al tavolo ancora un po', scherzando e prendendosi bonariamente in giro senza minimamente sfiorare l'argomento che in principio li aveva avvicinati a quell'incontro. Forse entrambi se n'erano dimenticati o invece, più probabilmente, fingevano di averlo fatto perché quando un equilibrio precario prende forma basta un nulla per mandarlo in frantumi. E nessuno dei due avrebbe voluto che ciò accadesse.

Tutto andò liscio fin quando i due decisero di lasciare il bar. Al momento di saldare il conto Simone insistette per pagare per entrambi ma, naturalmente, Jacopo cercò di opporsi.

Nacque lì una sorta di piccolo litigio nel quale entrambi volevano avere la meglio.

Alla fine fu Simone a spuntarla.

«Ti ho invitato io ed giusto che offra io» disse.

Jacopo sospirò sconfitto: «Allora domani ti invito io»

«Va bene»

«Bene»

E Jacopo non fu poi così tanto convinto di averla avuta vinta!

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