chapter forty two: again

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"Hai mai avuto quella sensazione,

costante,

di cadere nel vuoto?"

Io l'ho sempre avuta. Anche adesso sto provando la stessa sensazione di smarrimento. Come se fossi in un bosco e avessi perso la via di casa, come se tutto d'un tratto mi ritrovarsi nel sotto sopra di Stranger Things e tutto mi stesse cadendo addosso.

Cadendo addosso come pesanti sassi, come mattoni che feriscono gravemente la mia pelle ad ogni caduta. Mi fanno gridare, lamentare ma dalla mia bocca non esce niente, niente di più che sibili incomprensibili come se fossi senza voce, come se non avessi più la capacità di emettere suoni, come se sapessi già che sarebbe inutile perchè nessuno avrebbe potuto sentirmi, nessuno avrebbe potuto salvarmi.

Il vuoto ti abbraccia come quando ti lanci sul tuo caldo letto pensando di essere al sicuro ma in realtà ti fa sprofondare in un oblio senza via di uscita. Per quanto ci provi non puoi veramente uscirne.

Mi sento come se qualcuno mi soffocasse, i miei genitori, le mie responsabilità, tutto addosso a me e non so come liberarmene. Mi schiacciano, mi urtano ridendo di me e dei miei errori, mi prendono in giro per quel che ho fatto in passato.

Mi dicono che sono ingenua, debole e senza doti. Lo sono?

Mi sento confusa perchè non capisco mai che cosa possa aver fatto di sbagliato. Non riesco a capirlo per quanto io ci provi. E torno di nuovo dentro quel turbine, quel vortice da cui non si vede fine, quella fossa da cui non riuscirò più a risalire. Ma qua sotto non c'è il paese delle meraviglie e non mi aspetto che ci sia qualcuno a salvarmi.

«Chloe..Chloe!» le mie spalle vengono scosse prima leggermente poi con più violenza e apro gli occhi, sbattendo più volte.

Sono sul mio divano, alla tv trasmettono un film in bianco e nero che avrò visto circa mille volte e sono avvolta da una spessa e calda coperta. Mia madre mi fissa con i suoi grandi occhi verdi e capisco di essermi addormentata.

A quanto pare i miei sono stati chiamati per un'urgenza fuori città e Amelia stamattina presto è partita per uno stage a Boston. Tutto ciò mi ha fatto arrabbiare e la rabbia mista a quello che sembra essere stato un attacco di panico mi ha provocato un forte conato. Non mi capisco, nè me nè il mio dannato corpo.

«Noi andiamo» mi dice mia madre con la solita aria di indifferenza per poi afferrare la valigia e uscire di casa tirando giù i suoi occhiali da sole, che non fanno altro che renderla ancora più intimidatoria.

Papà si avvicina a me e lancia un'occhiata fuori dalla porta per poi sedersi accanto alle mie gambe. Mi strofino gli occhi ancora assonnata da una notte in bianco e lo fisso accigliata.

«Mi dispiace lasciarti da sola bambina mia, ma è importante.» a sentire il nome che da piccola usava sempre ho un tuffo al cuore, un giro del tempo nel passato quando ero una bambina felice. Un passato in cui lo consideravo l'unico eroe della mia vita, finchè come tutti gli altri mi ha voltato le spalle. Mi ha abbandonata. Non mi ha più cercata pur di accontentare la mamma, per questo non lo perdonerò mai.

«È tuo dovere. Vai. A tua moglie non piace aspettare» dico con disprezzo e ostilità. Non provo pena per lui, nè rimorso per come lo sto trattando, perchè è come lui mi ha sempre trattata. Un semplice nomignolo per ricordare i bei tempi non risolverà ogni cosa.

Mi guarda malinconicamemte e sospira per poi alzarsi e andarsene lasciandomi sola. Il silenzio è assordante e mi viene voglia di urlare perchè per quanto possa essere silenzioso fuori, qua dentro è esattamente il contrario. Ho bisogno di distrarmi, altrimenti finirò in manicomio ancor prima di aver raggiunto la maggiore età.

The sun and the moon.Where stories live. Discover now