5. lacrime luccicanti ti piovono addosso.

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Oh,
Si.

Rinfresca la mia ormai malandata memoria.

Su,
Ammetti quanto io adesso sia solo un pensiero non concreto, non formato, non esistente.

Perché forse, si;
Sto scomparendo.

Vienimi a salvare, fato,
dall'impetuosa beatitudine eterna.

Tu che abbracci le stelle la notte,
E bruci sotto i flebili raggi di sole provenienti dall'alba.

Dai suoi occhi, se li avesse, scorrerebbero per la vergogna lacrime a fiumi.

°

"Yoongi! Stammi ad ascoltare per un minuto, uno soltanto!"

"Shin. Quante volte dovrò ripeterti che una volta entrati in ambito lavorativo devi rivolgerti a me col rispetto dovuto?"
S'agitò in parte il più grande. Davvero non sopportava quei rari momenti in cui il suo segretario dimenticava anche di usare i dovuti appellativi.
"Rammenta, piccolo indisciplinato: - iniziò lo stesso, attutendo d'un tratto la propria espressione corrucciata e sostituendola con una più altezzosa - Quando anche tu, un giorno, e forse, avrai un'azienda tutta tua, richiederai lo stesso rispetto che in questo momento dispensi. Per cui, sii grato ai miei rimproveri."

Concluse con un sorrisetto alquanto soddisfatto e mano sul petto gonfio.


"Certo capo, certo."
Sospirò divertito all'inizio, guardando il pavimento presente sotto ai propri piedi, per poi catturarsi il labbro inferiore fra gli incisivi.
"Ma ho davvero bisogno di parlarti. Anzi, parlarle."
Quasi ansimò aggiungendo quell'ultima frase, a fiato corto: era solo un soffio fra tutti gli altri, più spaventato.

E percepire la paura, era uno dei migliori pregi di Yoongi.

"Oh, si? Mi hai messo una certa curiosità. Allora su, che ci fai ancora lì in piedi? accomodati."
E con un ampio e accogliente gesto della mano, Mr. Min fece muovere il proprio segretario dall'aspetto frastornato dal posto in cui le suole delle sue scarpe avevano quasi creato un solco: poggiato sull'uscio della porta.

Passo dopo passo sentiva la terra muoversi al di sotto dei suoi piedi, un groppo in gola e fronte lievemente imperlata di sudore.
Se l'ansia fosse una persona, allora avrebbe portato il nome Shin.

Egli, nonostante sentisse ogni muscolo del proprio corpo tremare sotto lo sguardo acuto del suo superiore, decise di mostrarsi ad animo composto, facendo sollevare però un sopracciglio all'interessato che con un placido sorrisino lo stava analizzando da sotto le folte ciglia, le quali battendo ad intervalli regolari, gli accarezzavano con delicatezza gli zigomi. Quelle sue guance pallide sarebbero state la rovina del segretario.

E suadenti pensieri si incastonavano fra i suoi già ardenti di notizie, sapendo, che Shin ne avrebbe sicuramente date di preziose.

Ma a differenza di ciò che si aspettava, il segretario non gli portò alcuna buona novella.

"Capo, si ricorda come l'ala ovest fosse inaccessibile? Motivo per cui fu lei a decidere di occuparsene?"
Cominciò, con la titubanza a farlo fremere.
Yoongi s'apprestò ad ignorare quei borbottii bassi che dicevano "si be' e ovvio che lo sa, però..." e si mise eretto solo per serrare la mascella alla notizia che sarebbe presto arrivata.
"Bene, in questi ultimi giorni l'ho vista sprecare preziose ore di sonno quando invece avrebbe potuto chiedere aiuto a me per rintracciare quello strano individuo che ogni notte si aggira per la villa. Ma sapevo che non avrebbe permesso a nessuno di avvicinarsi al suo tesoro, nemmeno a me... dunque, ho tentato di darle il mio aiuto nel modo che reputavo più adatto, e cioè quello di forzare tutte le serrature che lei ancora non era riuscito ad aprire ma... temo che qualcosa sia andato nel verso sbagliato."
Concluse deglutendo il nodo che gli si era creato in gola, troppo codardo per alzare lo sguardo su Yoongi e capirne la reazione.

"Shin."

Lo richiamò con un mormorio, e l'interessato alzò il capo trovandosi però davanti una scena che gli fece gelare il sangue nelle vene e immobilizzare sul posto, sprofondando nella poltrona in pelle sulla quale lo stesso Yoongi lo aveva invitato ad accomodarsi qualche minuto prima.

"Cosa ti avevo chiesto? Ah si, solo una minuscola cosa.
E che cosa? Di lasciare fare a me.
E tu cosa fai? Quel che ti pare, giusto? Giusto, a quanto pare."

La calma.

Passò un solo secondo, e con un gesto repentino del proprio corpo fece facilmente ribaltare la poltrona su cui era precedentemente seduto, mentre le nocche delle sue dita erano ormai bianche fino all'osso.
Dentro di sé sapeva, di star esagerando, che Shin voleva solo aiutarlo. Ma odiava, odiava quando qualcosa si sviluppava alle sue spalle, e lui ne rimaneva all'oscuro. D'altronde era lui il capo, e quel tesoro luccicante, solo lui avrebbe avuto il permesso di vederlo.

E i suoi occhi tanto scuri, ora erano bianco latte dall'ira, si poteva benissimo ammirare l'altro mondo attraverso essi.

Il cuore pulsava forte in petto.
I denti stretti fra loro.
Guance scarlatte e urla di sconsolazione in testa.

"Shin."

Ripetè nuovamente, mentre ora il dipendente teneva gli occhi serrati, dal terrore. Come poteva quest'ultimo amare un uomo tanto egoista?

E non rispose.

"Esponimi ogni informazione rinvenuta dal tuo atto di ribellione alla mia autorità, e dopo, potrai sgomberare il tuo ufficio, sei licenziato."
Sorrise, ma quel sorriso era rigido, forzato, stava tremando, così come le sue mani e l'intero corpo che in quel momento a stento lo manteneva in piedi. Aveva appena detto e fatto una cosa tanto avventata...

"Cosa... ma, Yoongi..."
La voce era spezzata, le corde vocali dell'ormai non più dipendente erano completamente disintegrate, sebbene non avesse praticamente detto nulla. La mandibola tremante si stava serrando, e un'amara risata riempiva quell'ufficio così lussuoso.
"Il tuo tanto amato tesoro ti sta per caso accecando? Da cosa sia giusto e da cosa non lo è? Rinunceresti a me per lui? il tuo migliore amico da una vita."
Mormorò a fil di voce mentre si alzava da quella poltrona, ospite di una rottura.

"Non ti ho chiesto di farmi ragionare, ti ho chiesto informazioni, e ora sei pregato di darmele. D'altronde, l'hai fatto per me."
Sputò acido quelle parole, ancora tremante. Ma non poteva certo darlo a vedere.

Era tutta colpa sua.

Colpa di quel tesoro, così importante.

Perchè lo era?

E perchè lui, invece no?

Lui che, da sempre era la spalla di quell'ingrato del suo capo.

"Va bene, ti dirò ogni cosa, e alla fine, uscirò da quella porta lasciandoti da solo, così come tanti anni fa ti trovai."

E ciò fece perdere il respiro a Yoongi, si sentì trafitto, ucciso, dall'unica persona che l'aveva preso per mano con genuinità nelle pupille.

Che lo aveva accettato per com'era. Merda e non.

"La persona che ogni notte si aggira per la villa, è una donna sulla sessantina, e ogni volta, porta con sè un cestino pieno di cibo e con molta probabilità, anche una tazza di con petali di rosa, se le gocce e i petali bagnati che lascia al suo passare son qualcosa su cui basarsi. Lo deposita davanti una porta interamente bianca, con leggeri rivestimenti aurei, ci bussa sopra, e poi va via di corsa."

Yoongi aveva corrucciato la fronte.

"Yoongi, il tesoro che tanto cerchi-"

"No io-"

"-è una persona."

Ed aveva ragione: quelle erano notizie preziose.

Ma Min Yoongi versò lacrime, quella sera.

Lacrime luccicanti, come il suo tanto amato tesoro.

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