11. il conto, per favore.

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Oh mio cor di leone,

Oh mio gracile sentimento!

Cos'è accaduto?

Il tuo naso è rosso, i tuoi occhi languidi,

la prego, non sia rude con me, le sto solo chiedendo di donarmi il suo gentil petto!

Lasciati velare dalle mie ossa, ti proteggerò!

°

Yoongi se ne stava lì, immerso nella propria vasca da bagno.
Testa poggiata sul medesimo bordo in porcellana, mentre i vestiti che non si era preso la briga di togliere, gli plasmavano l'esile corpo come fosse un nuovo strato di pelle, e una solitaria marlboro bagnata, restava stretta fra indice e medio.
E faceva male, la voglia d'affogarsi superava quella di vivere.
Nessuna luce trapelava in quella stanza, e l'unico suono udibile erano i denti dell'uomo, che per il freddo battevano fra di loro senza ch'egli se ne rendesse conto: sembrava assopito in un turbine di colpevolezza.

Poi aprì un occhio.
E il buio lo investì.
Quell'iride tanto buona, profonda, e dolce, ora condivideva se stessa alla più totale freddezza, Yoongi non sapeva nemmeno più guardarsi dentro, capirsi.
Aveva il cuore in crisi, disordinato, e la piccola lacrima che scese giù da quella pallida guancia, ne fu l'ennesima conferma.

Non sapeva cosa fosse successo in quella stanza, la stessa che ospitava il suo piccolo e luccicante tesoro, ma l'odore metallico del sangue... Proprio quello, lo fece scollegare completamente dalla realtà. La sola idea che gli fosse successo qualcosa, gli fece salire il vomito e avere un piccolo spasmo, mentre un'altra lacrima, lenta, rispetto la precedente, scese trionfante.
Le belle e rosee guance di Mr. Min erano Olimpiadi per ogni suo limpido luccicone che bramava la propria ascesa, ma ora il suo viso era tanto simile a quello di un cadavere, e le lacrime non più avrebbero voluto un posto assieme l'acqua presente in vasca.

Perché Yoongi era stato messo davanti a due scelte, e lui, non era pronto a prenderne neanche una.
Aprire la porta, e rivelare ciò che è il suo desiderio da fin troppo tempo; o aspettare, perché codardo, paura ha di scoprire la verità. Costui poteva definirsi un uomo?

Sta volta, grasse lacrime s'espansero nei suoi occhi, e l'ennesimo sospiro corto varcò irregolare le proprie labbra mentre la mano che non reggeva quella sua pesante sigaretta, si elevava in alto, nella speranza di riuscir a sfiorare nuvole d'un cielo che lui non era autorizzato ad osservare. Si morse un labbro, infine, e serrò gli occhi, chiudendo a pugno la mano che il braccio ancora in volo esaltava; con quelle sue dita affusolate e piene d'anelli arrugginiti dalla notte passata fra l'acqua fredda della vasca in cui è immerso.
"Son solo cenere, ma tu sei mio complice, Tesoro. Ortensie sottovuote ti crescevan in petto, mentre l'amore tuo andava scomparendo."
Soffiò, semplicemente, triste.


Nuovo giorno, nuovo Yoongi.
Che ora sedeva nuovamente in quel cafè tanto singolare in cui era per lui gradito bere il solito caffè corretto.
Il primo sorso gli avvolse le corde vocali, il secondo, servì a calmarlo, per ciò che sarebbe presto avvenuto.

"Buongiorno, Yoongi."
Mormorò la bassa voce del suo ex dipendente, Shin, finalmente arrivato al suo cospetto.
Il nominato alzò quei suoi pozzi neri anche chiamati occhi, verso l'uomo che ora bloccava la luce del sole dal posarsi sulla propria fronte.
Chinò la testa di lato, e sorrise.

"Giorno a te."

Qualla mattina Yoongi si sentì in grado di farsi perdonare, ma non avrebbe chiesto scusa, oh no, mai si sarebbe mostrato debole, l'aveva già concesso a se stesso.

"Perché hai richiesto la mia presenza? Perché qui?"
Sussurrò diffidente, mentre i suoi piccoli occhietti castani ormai ridotti a due fessure, si scrutavano attorno.

"Per parlare, no?"

"Vuoi parlare di lui?"

I muscoli di Yoongi s'irrigidirono.
"E anche fosse?"
Shin scrutò il sorriso forzato e la mascella contratta del suo hyung, e capì d'aver premuto il tasto dolente. Così decise di sedercisi avanti, poggiando un suo palmo sotto al proprio mento.

"So già tutto. Mi è difficile non saperlo, osservando il putiferio che crei nei tuoi dipendenti, che continuano a dare a me i vostri resoconti nonostante sia stato licenziato in tronco."
Disse con tono calmo ma freddo, senza però nessun tipo di risentimento.
Yoongi sembrò non assimilare subito l'incompetenza dei propri subordinati, visto che l'attenzione sua venne rapita dal fatto che si, potesse in qualche modo confessarsi col suo ex amico.

"Quindi..."

"Si, Yoongi, non c'è bisogno di citare ciò che dolore ti procura."
Yoongi socchiuse le palpebre e lo scrutò dall'interno; voleva parlare, ma ancora una volta Shin fu più veloce.
"Vuoi ancora provarci?"
E allora il più grande tremò. Sentì come ogni sua fibra più remota stesse gridando in quel momento, e poggiando con calma la tazzina sul grazioso tavolino in legno, gli ghignò gentilmente.

"Come disse Charles Bukowski, 'Perchè lei è mia,
e sarebbe cosa mia
anche se fosse di qualcun altro.
Perché io e lei,
anche lontani,
siamo sempre noi.'
Comprendi, Shin?"

Il ragazzo non seppe davvero cosa dire: si ritrovò a labbra dischiuse nella vana speranza che qualunque cosa ne uscisse fuori. La voce roca del suo hyung lo aveva fatto innamorare per l'ennesima volta, da quando aveva avuto la fortuna (o sfortuna) d'incontrarlo tanti anni orsono, sebbene le parole appena espresse, fossero cariche d'amore per un qualcuno che non era lui.

Passi leggeri ruppero quel leggero stato di trance, e la figura minuta d'una dolce ragazza apparse al fianco loro. Si muoveva con movenze fluide e guance imporporate dal freddo invernale.
Ella fissò Yoongi con occhi grandi e profondi, prima che il medesimo parlasse ancora, mentre aveva casualmente lo sguardo su quello della ragazza, anche se l'attenzione sua continuava ad essere rivolta a Shin.
"Anche Dante salutava a malapena Beatrice, eppure l'amava, Dio se l'amava..."
Sospirò continuando a fissare i capelli color albicocca di Margot.

"Signor Min...?"
Sussurrò lei, visibilmente confusa, mentre gli occhi di Shin avevano già compreso tutto, epoche, ere, galassie.

"Il conto, perfavore."

bright bruiseHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin