Capitolo 70

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Capitolo 70.

Ci fiondammo a casa.
Quel giorno non avevamo voglia né di studiare né di nuotare, tanto meno di fare fisioterapia.
Quel giorno lo volevamo tutto per noi.
Ce ne tornammo in camera, in una casa più che deserta, soli come ci piaceva stare, mangiandoci di baci già dalle scale.
La volevo immediatamente, come sentivo quanto mi volesse lei.
Non era una voglia puramente carnale ma l'imminente bisogno di averla sulla mia pelle.
Entrambi senza proferire una parola facemmo volare via velocissimamente tutto ciò che avevamo indosso.
Con lei non importava il ritmo, non importava la forza, con lei contava solo il contatto delle nostre labbra, con lei contava solo quanta più pelle potevamo far aderire l'uno all'altra.
Avevamo fantasie eccome, ma era come viverle mentalmente mentre ce ne stavamo quasi immobili con i nostri sessi anatomicamente aderenti alla perfezione.
Martina più geisha che mai si offriva umile a coccolare il mio turgido orgoglio in ogni modo le venisse in mente. Lei sembrava riuscire ad ascoltare il mio battito, come a far l'amore con i nostri cuori.
La nostra pelle era un confine impercettibile così sottile, da contenere a malapena il ribollire del nostro sangue, i nostri corpi così diventavano solo dei mezzi per comunicare emozioni.
I movimenti aiutavano solo a seguire il ritmo dei nostri cuori, con i nostri sessi che pulsavano allo stesso ritmo delle vene principali.
Mi sentivo stupido, nonostante preso dall'estasi.
Non era passato molto dalla mia abnegazione verso gli estremi del sesso ed ora mi ritrovavo a godere della semplicità assoluta dei nostri corpi nudi in una carnalità istintiva.
Legati sì, ma solo dai nostri corpi sinuosi e insinuanti, alla ricerca di nuovi angoli di intimità inesplorata.
Sudati, poggiati guancia contro guancia, quasi a cercare d'entrare uno dentro la testa dell'altro oltre l'unione dei sessi.
La sentivo nuotare sotto di me, pinnava mimando l'oscillazione del delfino intenta a guadagnarsi millimetri di penetrazione in più.
Non esitai dall'assecondarla nell'onda che cominciammo a creare insieme.
Un attimo ero sopra io, un altro momento sopra lei, ogni tanto entrambi sul fianco senza mai perdere l'onda.
Sognavo due delfini nel loro accoppiamento nell'immenso oceano e potevo scommettere che anche lei stesse immaginando lo stesso.
Quell'istanti perfetti non si misuravano in minuti o ore ma proprio nell'estraneazione da ogni parametro, con lei mi perdevo in un luogo senza né tempo né spazio. Io e lei nell'assordante silenzio rotto solo dai nostri respiri e dolci lamenti.
"Amore... Lucky... voglio essere la tua schiava per sempre!"
Sussurrò Martina pochi secondi dopo il suo orgasmo.
"Voglio realizzare le tua fantasie più nascoste"
Continuò sotto il mio sguardo di felice stupore.

SWIM SWITCH amori pericolosiWhere stories live. Discover now