Capitolo 25

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Aron's pov
Stamattina ho visto di sfuggita Elizabeth, stava correndo,come al solito, perché era in ritardo. Abbiamo avuto solo l'ora in comune della prof Smith, e si è messa in prima fila pur di non stare vicino a me, stava quasi per far volare il banco perché il ragazzo non voleva mettersi dietro.
Finalmente l'ora di pranzo.
Sono in mensa Jenni, lei e Taylor. Mi avvicino a loro e quando la rossa alza lo sguardo su di me, il suo sorriso si spegne e cambia espressione.
"Ciao ragazzi." Saluto e mi siedo prendendo il succo di Taylor.
"Ehi era il mio succo di frutta all'ananas e kiwi."
"Fa schifo!" Sbotto facendo una faccia disgustata.
"Invece è delizioso." dice convintissimo.
In tutto questo Elizabeth non ha detto una parola. "Io vado." Parla dopo minuti di silenzio.
"Vieni stasera?" Domanda la bionda.
Ma dove?
"Non lo so, ti chiamo io più tardi." risponde lei. La guardo ma non ricambia il mio sguardo ma percepisce i miei occhi su di lei.
"Ciao Jenni, ciao Taylor." Fa per allontanarsi ma la rispondo.
"Ci sono anch'io bella addormentata."
"Oh ed io che pensavo saresti scappato a gambe levate se ti avessi parlato." Mi provoca. Ha sempre la battuta pronta e ricorda tutto nei minimi dettagli.  "E poi bella addormenta a chi? Che non sai nemmeno aprire una lattina di coca cola senza spezzarti un'unghia."
Se ne va lasciandomi lì, immobile come una statua e con due persone che mi fissano.
"Beh, che avete da guardare voi due?"
"Aron, come al solito esageri sempre con lei." Dice la mia sorellastra e Taylor annuisce.
"È strana, lunatica, fredda...Non ho tempo per una come lei." Sbotto infastidito prendendo dalla tasca dei jeans il pacco di sigarette. La metto sulle labbra e l'accendo.
"Perché forse ha un passato alle spalle che l'ha resa com'è adesso, non riesci a capire niente di una persona, preferisci vedere solo l'Elizabeth che mostra agli altri, non ti sforzi ad aiutarla e comprendere ciò che le tormenta." Jenni batte le mani sul tavolo alzandosi furiosa. È la prima volta che mi rivolge questo atteggiamento. Se ne va così. E sono un'altra volta come prima, immobile.
Taylor mi fissa, poi scuote il capo deluso.
"Amico, sai che ti appoggio in tutto ma questa volta hai davvero sbagliato, trattandola e umiliandola. Lei però non si fa mai mettere i piedi in testa, è forte, testarda... Ma come ha detto Jenni, è solo una corazza."  da quando Taylor 'la scimmia'è diventato così saggio?

Se ne va anche lui, lasciandomi solo.
Mi alzo confuso e mi dirigo nel posto dove riesco a stare in pace con me stesso.
La stanza di chimica.
Mi siedo vicino la finestra, ma questa volta il mio unico pensiero è lei: occhi verdi smeraldo che nascondono segreti, ma sono così puri da far sciogliere il più grande dei ghiacciai. Quei capelli rossi e lunghi, così profumati e lucidi. Quelle fossette e quelle lentiggini, che si intravedono molto di più quando sorride. Semplicemente lei, la ragazza più forte e allo stesso tempo più fragile che conosca, quella stronza ma contemporaneamente buona, che si perde tra le strade romantiche di New York.

Poi mi viene in mente il suo tema sulla mancanza, così profondo e vero. Il discorso che facemmo qualche mese fa.

"Hai paura di innamorarti di me?"
"No certo che non mi innamorerò di te."
"Allora hai paura di innamorarti?"
"Che senso ha innamorarsi di una persona quando sai già che dopo poco tempo non la rivedrai più o che ti lascerà?"
Chi ti ha lasciato?
Poso la matita sul foglio bianco e inizio a disegnare. Ciocche di capelli ricadono sui miei occhi, disegno tutte le emozioni che sto provando. Che lei mi fa provare.
Ormai è tardi, la scuola a breve chiuderà e mi dirigo nel parcheggio dove metto la macchina di solito.
Metto in moto e parto per andare a casa di Elizabeth.
Ad un tratto il cellulare squilla.
"Pronto?"
"Che cazzo vuoi?" Poggio di più il piede sull'acceleratore sentendo la voce di quell'uomo. Mio padre.
"Non mi interessa. Non rompermi il cazzo." Riattacco. Cambio completamente via.
Arrivo a casa mia, di fretta salgo le scale, entro nella stanza, mi levo la maglietta, metto i guanti da boxe e inizio a scaricare tutta la rabbia che quell'uomo mi provoca.

2 mesi dopo la morte di Emily
Dopo la morte di Emily, siamo tutti cambiati, soprattutto io, mi sono chiuso in una bolla di sapone, troppo fragile per ospitare il macigno che ho nel petto.
Sono nella mia camera a fissare il cielo azzurro, quando ad un tratto sento mia mamma che mi chiama.
Scendo le scale e noto che c'è anche mio padre.
Sguardo buio, occhi color ghiaccio, vestito in maniera impeccabile.
"Che ci fai qui?" Non siamo mai andati molto d'accordo, e adesso che è morta Emily, l'unica cosa che ci 'legava', il nostro rapporto è davvero finito.
"Sono venuto qui per dirti che è un momento davvero importante per l'industria Cooper, investiró anche nell'Arabia Saudita, e sono davvero soddisfatto." Dice con tono fiero.
"Complimenti e sei venuto fin qui per dirmi questo? Potevi restare benissimo in Arabia. Ci si vede." Rispondo con nonchalance.
"Aspetta Aron. Portami rispetto e non rivolgerti a me con quel tono!"
"Cosa vuoi che faccia? Devo comprare un tappeto rosso e farti camminare su di esso?" Lo derido.
"Sei solo un ragazzino irrispettoso. Tu sai che con questo atteggiamento non riuscirai mai ad avere successo come me?!"
"Non mi interessa la tua fottuta azienda." E me ne vado scappando in camera di Emily.
Dove sei? Ho bisogno solo di un abbraccio.

E adesso capisco che per stare bene, ho bisogno di un suo abbraccio. 
-Penso che ti picchierà-
Non importa.Ho voglia di vederla, di essere urlato contro e poi chiarire continuando a prenderci in giro scherzando.
Faccio una doccia perché sono sudato come una mummia in una sauna, scelgo una felpa nera con un cappuccio,metto la giacca di pelle e dei jeans un po' strappati sulle ginocchia.
Entro in macchina, ormai è tardi. Controllo l'ora sul cellulare. Segna le 23 passate. Non credo stia dormendo.
Arrivo davanti il suo cancello, ma poi mi blocco subito. Il mio unico timore? Incontrare Mark Jenner. Certo, si, è una brava persona ma per carità, mette ansia, e già la figlia sembra un'assassina. Poi è tardi che gli dico?

Cosa faccio?
Mi guardo intorno e...
-Non farlo- Oh si invece.
Dal retro c'è un muretto, mi arrampico e arrivo al suo immenso balcone. Wow, da qui si vede tutta Manhattan.
-Non è il momento, sei appena entrato in casa di uno degli uomini più ricchi di tutta la città sembrando un ladro. Busso alla finestra.
"Elizabeth."
Finalmente scosta le tende e rimane sorpresa quando mi vede.
"Mi fai entrare?"
"No!" Sbotta mettendo le tende avanti.
Ribusso.
Finalmente si decide e apre la finestra.
"Mai sei forse impazzito?" Dice a bassa voce.
"È tardissimo, la gente normale dorme a quest'ora, sembri un ladro maniaco."
"Elizabeth devo parlarti, adesso."
"Io invece pensavo fossi venuto a prendere un caffè ." mi deride. Indossa un pigiama con tutti cuori, i capelli sono scompigliati e ha delle leggere occhiaie. Rimane sempre bella però.
"Mi fai almeno entrare? Ho freddo."
Lei sbuffa e quasi costretta, mi fa entrare.
"Sentiamo." Incrocia le braccia al petto guardandomi di sottecchi.
"Okay beh si, tralasciando il fatto che fare un discorso con te in queste condizioni." Indico con la mano il suo abbigliamento.
"Vai al punto." Ecco la ragazza testarda.
"Ti chiedo scusa, per tutto. Io non volevo dire quelle cose su di te, non le penso veramente e non ho nemmeno il diritto di venire a dirtele. So che nascondi un grande dolore che ti porti con te come, beh tipo come un..."
"Un macigno." continua lei alzando lo sguardo su di me.
"Già, e ti senti chiuso in una gabbia." Continuo abbassando lo sguardo.
"Cerchi l'uscita, la via di fuga ma non la trovi, perché il dolore è come un grande macigno che ti porti sempre con te. Non puoi sfuggire, devi accettarlo e convincerci." finisce lei il discorso. I nostri sguardi sono così intensi che i suoi occhi azzurri sembrano fondersi nei miei verdi.
Passa un attimo ma sembra una vita intera, poi lei sorride. Poi ritorna seria.
Dio,quanti svariati umori ha?
"Non è che puoi venire qui sembrando un ladro, bussando alla mia finestra nel bel mezzo della notte, preparare un discorso e presentarti con questa faccia che ti ritrovi, vorrei prenderla a schiaffi." Gesticola come una forsennata.
"Elizabeth tutto bene?" Sento una voce maschile provenire da fuori. Oddio è la fine.
"Entra lì dentro." Dice con tono basso indicando un armadio piuttosto grande.
"Si si papà benissimo." "Ok buonanotte." E sento dei passi allontanarsi. Tiro un sospiro di sollievo e finalmente esco.
"Adesso devi andare però." Dice frettolosa.
"Tieni questo però." Le do una busta da disegno e me ma vado.

Elizabeth's pov
Ho in mano questa busta arancione da tre minuti ormai.
Troppo curiosa la apro. È un disegno. C'è un uomo o una donna, non si riesce a capire perché è coperto da ombre nere:il dolore.
Quello che proviamo io e Aron.
Però è presente un piccolo spiraglio di luce, non si vede molto perché il nero ha la prevalenza ma c'è, basta cercarlo.

Riuscirò a trovare il mio spiraglio di luce? O forse l'ho già trovato?

Nel destino ci credo  #Wattys2019Where stories live. Discover now