6. Nightmare

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((T/n)'s Pov)
Non avevi idea di quanto tempo fosse passato nel momento in cui riaprirsi gli occhi. La tua vista era ancora sfocata, ma notasti la penombra in cui eri immersa. Solo una flebile luce davanti a te illuminava quel posto freddo e umidiccio. Essa pareva provenire dallo schermo di un computer di dimensioni notevoli per trattarsi di un normale pc di uso domestico. Quando l'effetto del sedativo cominciò a scemare, vedesti nitidamente la sagoma di un uomo che, con la schiena curva, cliccava velocemente un tasto dopo l'altro. Sul monitor comparvero piccole scritte nere su sfondo bianco. Come caspita faceva a non essere accecato da una luce fastidiosa come quella? Tu eri il tipo di persona che teneva sempre al minimo la luminosità degli schermi di qualunque dispositivo elettronico e tendevi a mettere sfondi scuri un po' per preferenza estetica e un po' per affaticare di meno la vista. Però, il modo di fare di quel tizio era esagerato.
Sì, ti eri appena svegliata in un posto mai visto prima e il tuo problema principale era lo schermo. Ti avevano drogata per bene. La tua vista si offuscò di nuovo e perdesti i sensi per un tempo indefinito.
Riapristi gli occhi e per prima cosa vedesti Shoto con stampata in volto un'espressione preoccupata.
Mormorasti debolmente il suo nome, mentre realizzasti di trovarti tra le sue braccia.
Col tono più calmo possibile ti mormorò che era tutto a posto, che ora lui era lì accanto a te e che sareste tornati a casa, finché non vi guardare attentamente intorno... come ci eravate tornati in casa?
Se non fosse stato per la voce all'altoparlante che iniziò un discorso, ci sareste cascati in pieno. Chi poteva essere così malato da portarvi in una replica perfetta di casa tua per chissà quali scopi loschi?
Vi venne detto che tutto ciò era un sogno, che chi avevate davanti a voi non era l'altro, ma una semplice illusione di quel sogno indotto. Nella realtà, l'altro stava venendo torturato e nel sentire ciò ti salí il cuore in gola. Shoto stava vivendo altri traumi e speravi solo che la sua psiche non si sarebbe danneggiata irreparabilmente. L'unico modo per svegliarsi da quel sogno indotto era uccidere l'illusione davanti a sé.
Perciò, d'istinto vi iniziaste ad azzuffare senza un piano preciso. Eri in preda al panico e la proiezione di Shoto emulava perfettamente le emozioni che avrebbe provato in una situazione come quella, ma le illusioni hanno un limite e tu volevi scovarlo, altrimenti mai saresti riuscita ad ucciderlo, pur trattandosi di una semplice proiezione.
Ad un certo punto, saltasti indietro e ti dirigesti in cucina, dove ti procurasti un accendino di quelli per accendere i fornelli e glielo puntasti contro. Lui, come avrebbe fatto di consueto, assunse un'aria terrorizzata ma composta. Non poteva essere lo Shoto che volevi liberare, questo sembrava tale e quale a quello dell'anime, mentre eri conscia del cambiamento che aveva subito stando con te. Era un'illusione, no?
Quando ti avvicinasti per colpirlo, egli erse un muro di ghiaccio che vi separò. Poi lo ruppe con un calcio in modo da colpirti con le schegge, ma tu ti riparasti il volto e ti procurasti solo qualche graffio sulle braccia.
Ti scagliasti di nuovo su di lui, pervasa da quella che presto degenerò in furia omicida al pensiero di come potesse stare il vero Shoto. Gli avevi promesso che non gli sarebbe successo più nulla di quel genere e come non detto eccovi in una situazione di merda. Perché non stavi mai zitta!?
L'idea di non rivedere più Shoto sorridere o di non rivederlo affatto ti procurava un enorme dolore sin dentro alle tue viscere, ma ormai non era più la ragione a parlare, ma l'istinto, guidato dalla paura e dalla forza di volontà nel voler uscire viva assieme al ragazzo da quella situazione.
Sicuramente lo stavano emulando in base alle informazioni procuratesi dalle cimici (in quei giorni ti eri sentita molto osservata per tutta la casa). Però c'era un dettaglio che esse non potevano avere colto.
Mentre combattevi, cercasti sul suo braccio un disegno che gli avevi fatto mentre vi trovavate sulla casa sull'albero, unico punto in cui non percepivi lo sguardo delle cimici su di te. Il ricordo di quel giorno pervase la tua mente. Volevi mostrargli com'era una casa sull'albero coi contromaroni ed iniziasti anche a parlargli di come tu, tuo padre e tuo nonno l'aveste costruita insieme. Ci faceste anche merenda dentro e vi rilassaste un sacco. Cominciaste anche a parlare del più e del meno - e anche a disegnarvi sulle braccia🤣🤣🤣
Le cimici non potevano averlo notato poiché visto che era inverno portavate sempre le maniche lunghe, anche se ti sorse il dubbio che le spie potevano trovarsi anche in bagno e allora ti sarebbe già partita la denuncia una volta a casa. Cioè, l'avresti fatto comunque, ma con molta più rabbia. Che poi, perché proprio voi? Chi vi stava facendo questo?
Rimandasti i trip mentali a più tardi nel momento in cui, a causa del tuo accendino, la manica della maglia di Shoto si brució un po', tanto da scoprire l'ombra di un disegno ormai quasi del tutto sbiadito del kanji cinese della parola speranza. Nello stesso istante, però, egli riuscì ad immobilizzarti col ghiaccio, seppur ghiacciandosi anche una gamba per la troppa vicinanza. Eravate in trappola, ma tutto continuò a scorrere veloce, tanto che in men che non si dica faceste per scagliarvi il colpo di grazia a vicenda, mentre nella tua mente si fece spazio il pensiero di quel pomeriggio così unico e soprattutto di come forse mai avresti rivisto Shoto. Quando la tua mente si riconnesse alla realtà, notasti come tu puntavi un accendino alla gola del ragazzo, pronta a dargli fuoco, mentre lui aveva espanso il ghiaccio sino a quasi trafiggerti il collo con due spine di ghiaccio.
Vedere quel disegno sul suo braccio ti aveva fermata dal bruciarlo seduta stante, ma come mai lui aveva fatto lo stesso? Notasti come stava fissando il disegno sul tuo braccio, molto più preciso di quello sul suo poiché tu non eri brava quanto lui a usare I kanji, cinesi o giapponesi che fossero.
"Sei reale" mormoraste come in sincronia, per poi sussultare e rialzare lo sguardo verso l'altro. Lasciasti cadere l'accendino dalla tua mano, mentre Shoto ritrasse la mano con le spine di ghiaccio, rompendole in mille pezzi al suolo per liberarsene. In men che non si dica vi ritrovaste abbracciati l'uno all'altra. Tremolavi al solo pensiero di aver quasi ucciso Shoto, e anche lui pareva parecchio turbato.
"Meno male che stai bene." ti mormorò all'orecchio.
"Potrei dire lo stesso." Rispondesti.
Ti stringenti più forte a lui, metabolizzando solo in quel momento tutte le emozioni provate fino a quel momento. Nel mentre ti tornarono di nuovo in mente gli attimi spensierati di quel pomeriggio sulla casetta sull'albero, soprattutto nel momento in cui, proprio come allora, Shoto alzò il tuo volto con due dita sotto il mento per poggiare delicatamente le labbra sulle tue, in un casto e delicato bacio che ricambiasti con tutto l'affetto che provavi per il ragazzo che amavi.

Angolo autrice: sì, stavano insieme e ve l'ho detto solo ora😈😈😈 coooooomunque ho intenzione di chiudere col prossimo capitolo (o se fosse quello dopo ancora) e già mi mancano sti due piccioncini :'D

Let It Burn (ITA) [My Hero Academia Fanfiction]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora