깡패

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"Minho" una voce profonda, ma candida allo stesso tempo, chiamò il ragazzo dormiente sopra il divano color panna, due cuscini dorati a fare da accessori.

Minho, al sentir il suo nome, si girò dall'altra parte, dando le spalle a Felix, il quale cercava invano di svegliarlo. "Dai, siamo arrivati" due piccole manine iniziarono a scuotere il corpo addormentato del maggiore, ma quest'ultimo non dava segno di voler aprire gli occhi.

Felix sbuffò, alzando gli occhi al cielo.

"Spostati" intervenne Yoongi, accovacciandosi accanto a Felix, il quale si fece un po' più in là, "alzati coglione, non ho voglia di picchiarti" la voce fredda e piatta di Yoongi attraversarono la spina dorsale di Minho, facendolo finalmente destare.

"Che ore sono?" sbadigliò Minho, mettendosi seduto sul sofà con nonchalance, "qui è notte, giusto?"

"Per una volta non hai detto una cazzata" si complimentò Yoongi, facendo il gesto di battere le mani, "qui sono quasi le tre di notte, ma se non ti sbrighi diventeranno presto le quattro" disse, alzandosi, e sistemandosi il colletto della giacca della divisa.

"Va bene, ho capito" si mise in piedi Minho, allungando le braccia verso l'alto per stiracchiarsi la schiena, "andiamo"

Quando scesero dal jet, una forte corrente d'aria calda li colpì in pieno.

Felix tremò per l'impressionante sbalzo di temperatura, mentre Minho non se ne rese conto, troppo impegnato a fissare l'imponente struttura del terminal che si ergeva davanti ai suoi occhi, il Suvarnabhumi. 

"Seguitemi, loro ci aspettano fuori" disse vago Yoongi, facendo segno ai due ragazzi di seguirlo dentro la struttura. Per tutta la camminata all'interno di essa, Minho non fece altro che domandarsi a chi si stesse riferendo Yoongi con quel loro.

La sua domanda ricevette una risposta una volta usciti dall'aeroporto tailandese, quando notò una piccola limousine nera dai vetri oscurati, con il motore acceso, che sembrava attendere qualcuno.

E quel qualcuno erano Yoongi, lui, e Felix.

Man mano che si avvicinava al veicolo, il cuore di Minho batteva sempre più forte.

Per un attimo, il ragazzo temette potesse scoppiargli nel petto. Posò una mano sulla zona del suo organo dai battiti accelerati, e strinse il tessuto della maglietta come a volerlo tranquillizzare.

Gli pareva di star soffrendo di un soffio al cuore.

Yoongi impugnò la maniglia della macchina, aprendo la portiera. Felix e Minho non si mossero.

"Non abbiate paura" li esortò Yoongi e, nonostante l'evidente titubanza sui visi dei due ragazzi, ubbidienti gli diedero ascolto, entrando nell'autovettura. Yoongi dietro, subito dopo di loro.

Felix e Minho presero posto sul sedile che dava le spalle alla strada che scorreva ai lati del finestrino, dinanzi a loro, un ragazzo con le gambe accavallate iniziò a squadrarli dalla testa ai piedi.

Sembrava essere teso e nervoso, ma si rilassò improvvisamente quando vide Yoongi entrare nell'abitacolo, sedendosi accanto a lui.

"Ehi" lo salutò quest'ultimo, lasciandogli un casto bacio sulle labbra, facendole sfiorare appena.

Minho e Felix rimasero paralizzati dalla scena che gli si presentò davanti; il pilota scontroso ed irascibile aveva un fidanzato, il quale, agli occhi dei due, appariva molto affascinante e, in un certo modo, sensuale.

Minho deglutì rumorosamente.

"Lui è Hoseok, il mio fidanzato" lo presentò imbarazzato Yoongi, le sue guance iniziarono a colorarsi di un rosa apodittico, "saremo ospiti da lui" aggiunse, abbassando lo sguardo ridendo.

Minho trovò il comportamento del suo pilota, scontroso e rognoso, umano. Ed ebbe la certezza che anche lui fosse in grado di provare emozioni.

"Ciao ragazzi" li salutò Hoseok, alzando la mano a mo di saluto, sul suo viso uno intrigante sorriso, il quale a Minho ricordò la forma dei cuoricini che disegnava da bambino.

Era un riso trascinante, il ragazzo si ritrovò a ricambiarlo senza rendersene conto.

Nel corpo di Minho, si stava scaturendo una piccola scintilla di euforia, che venne spenta subito dopo le parole di Yoongi che seguirono.

"Sarò sincero con voi, Hoseok lavora per la Gangpeh" sospirò il ragazzo dai capelli tinti di un biondo scolorito, quasi bianchi, "ma, potete stare tranquilli, non vi succederà nulla" si affrettò a dire, notando le espressioni spente ed intimorite ad occupare le facce dei ragazzi seduti di fronte a lui.

A Minho, quella frase, parve come una folata d'aria fredda in una mattinata primaverile, la quale, al suo passaggio, aveva estinto il suo barlume di allegria.

Non aveva fatto in tempo a trasformarsi in un'ingente fiamma di lietezza, che venne smorzata sul nascere da Yoongi.

Minho si ritrovò intrappolato nello stesso stato d'animo che lo aveva fatto prigioniero sull'aereo, quando l'unico modo per evadere erano state le lacrime.

Abbassò lo sguardo, senza proferire parola.

"Com'è che voi due vi conoscete?" chiese improvvisamente Felix, il tono piatto e rilassato. Minho venne sconvolto da così tanto coraggio, emanato da quel ragazzino seduto al suo fianco.

Felix, ai suoi occhi, era sempre apparso come una persona fragile e frangibile, incapace di così tanta audacia. Minho dovette ricredersi, comprese che si era continuamente sbagliato.

E ora si domandava quali altre cose lui non avesse mai capito.

"La gang di cui Hoseok fa parte, lavora per la famiglia Lee" ammise Yoongi, posando gli occhi su Minho.

Quest'ultimo, emise un gemito strozzato, alzando il viso. I loro sguardi si incrociarono, Yoongi mimò un mi dispiace.

Minho ebbe la sensazione che il mondo gli fosse crollato addosso, che lo stesse uccidendo sotto il suo peso, senza lasciargli una via di scampo.

Ma se all'inizio fu quasi insopportabile, di colpo il ragazzo si percepì, lui stesso, più leggero. Poteva paragonarsi ad una piuma bianca e candida, che il paragone non sarebbe risultato errato.

L'odio represso che provava nei confronti di coloro che lo avevano messo al mondo, si andò ad aggiungere al senso di disgusto che gli invadeva la mente dopo aver scoperto che era nato e vissuto, non solo circondato dal gioco d'azzardo, ma anche dalla mafia sudcoreana.

"E sentiamo, perché lavori per loro?" domandò con intrepidezza Minho, lo sguardo incastrato in quello di Hoseok, intenzionato a non abbassarlo neanche per tutto l'oro del mondo.

"Perché ci pagate bene, semplice" rispose il gangpeh, "noi vi facciamo arricchire nei casinò, voi ci fate arricchire in altri campi" un ghigno aveva preso il posto del suo contagioso sorriso a cuore.

A Minho diede fastidio come Hoseok lo incluse nel discorso; lui non ne sapeva nulla dei traffici a cui prendevano parte i suoi genitori, non avrebbe dovuto coinvolgerlo, ma lasciò perdere.

"Quei due mi fanno ancora più schifo" fu tutto ciò che uscì dalla bocca di Minho.

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