Parte 4 Un volto noto alla caffetteria

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«Sei pronto?», Arturo domandò, ancora sdraiato sul letto, le braccia incrociate sopra la testa.

Cristian gli rivolse un'occhiataccia, Arturo stava sogghignando, lo zaino già pronto con i libri e i quaderni utili alla lezione.

«Certo che sono pronto, fino a prova contraria quello sdraiato a letto sei tu», rispose in tono più duro di quanto avesse voluto, ma il suo amico sorrise ancora, quasi trattenendo una risata.

«Guarda che io sono già vestito, sei tu che stai davanti allo specchio a petto nudo da un'ora», si mise a sedere. «Tutto bene ieri alla cena dei tuoi?».

Cristian si guardò un'ultima volta allo specchio dell'armadio. Cercava sul suo corpo i segni della notte precedente, quasi sperava che Samir l'avesse marchiato e che lui non se ne fosse accorto. Almeno avrebbe avuto la scusa per cercarlo, per metterlo di fronte alle sue responsabilità, per dirgli: «Ehi sono il tuo omega adesso, non puoi ignorarmi». Come se funzionasse a quel modo. Era davvero patetico. Samir non voleva avere niente a che fare con lui, e non poteva essere più chiaro,probabilmente si era persino pentito di averlo aiutato e portato a casa.

Cristian si decise a indossare una maglietta abbandonata sul letto. «La cena è stata come al solito, noiosa».

Arturo lo scrutò. «Sicuro? Non è che qualche alfa ha esagerato con il corteggiamento?»

«Se ti riferisci a Marc, no, non ha esagerato».

«Se lo dici tu».

Cristian si avviò alla porta, inutile sistemarsi i capelli con il gel, era già abbastanza in ritardo. Arturo gli mise un mano sulla spalla.

«A me puoi dire tutto, lo sai».

Cristian annuì. Insieme attraversarono il corridoio del dormitorio per poi dirigersi verso le aule della lezione. Davanti alla segreteria, si separarono. Si diedero appuntamento a metà mattina, poi Cristian attraversò il cortile ed entrò in un'altra ala dell'edificio. L'aula che lo attendeva era già quasi piena, gli studenti seduti ai banchi dal colore del latte, in fondo, visibile a tutti c'era la cattedra del professore e il pannello dove avrebbero visto le diapositive. La lezione di quella mattina verteva sull'evoluzione dei graffiti dalla preistoria fino all'arte contemporanea.

Cristian sedette agli ultimi posti, felice di non essere disturbato. Rivolse un cenno di saluto con la mano ai colleghi, ma il messaggio era chiaro e diceva a grandi lettere: «Non vi avvicinate».

Non riuscì a concentrarsi, sebbene di solito quando varcava la soglia dell'aula riuscisse a scacciare via ogni pensiero molesto, bello o brutto che fosse. Si sentiva ancora sotto sopra. Qualche volta aveva l'impressione che il calore che lo aveva preso a casa di Carl la sera prima ritornasse, ma poi si rendeva conto che era un falso allarme, e che le pillole che aveva preso appena arrivato a casa avevano fatto effetto. Quello e il modo in cui Samir lo aveva toccato. Con sua madre aveva dovuto inventare una scusa al limite dell'incredibile, ma lei se l'era bevuta o aveva fatto finta di farlo.

Cristian tirò fuori un foglio di carta. Doveva smetterla di pensare a Samir, si disse. Non sapeva neanche se quello fosse il suo vero nome. Samir con lui era stato unostronzo... d'altronde chi avrebbe voluto avere tra i piedi un omega inesperto e appiccicoso? Eppure l'odore di quel ragazzo era diverso dagli odori che Cristian aveva percepito fino alla notte scorsa. Era un odore che gli era entrato subito dentro, che gli aveva fatto abbandonare le sue ritrosie, che lo avrebbe fatto cadere tra le sue braccia senza ripensamenti. Aveva sempre creduto che l'incontro tra un alfa e l'omega che gli apparteneva dovesse avvenire in quel modo, eccetto per la parte in cui l'omega veniva quasi rinchiuso nella doccia perché l'alfa ne aveva abbastanza e lo buttava letteralmente  fuori di casa. Non riuscì, nonostante il suo buon senso gli suggerisse di stare attento alla lezione, a non tirare fuori dallo zaino il suo blocco da disegno. La mano, quasi senza che lui potesse controllarla, tracciò sulla carta il volto di Samir, le spalle larghe, il petto che aveva solo potuto toccare. Lo immaginò nudo, sdraiato su un divano di casa, che lo attendeva impaziente. Tracciò i muscoli, dove li aveva tastati con le mani, e poi il volto che aveva potuto osservare a distanza ravvicinata. La barba un po' incolta, gli occhi profondi, la mascella un po' squadrata. Si accanì con la sua matita su tutti i punti che avrebbe voluto esplorare, con le mani o la bocca. Non si accorse nemmeno che la lezione era finita, e solo quando si riaccesero le luci, spente per via delle diapositive, strinse gli occhi risvegliandosi da una sorta di trance. Cazzo, era diventato duro a furia di immaginare e disegnare Samir. Bevve in fretta un sorso d'acqua dalla bottiglia che portava sempre con sè, e poi uscì dall'aula.

Alone no more - WATTYS WINNER - Omegaverse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora