Parte 5 Un cattivo ragazzo?

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  Cristian si rigirò nel letto della sua stanza del dormitorio. Non riusciva a prendere sonno. Arturo, a poca distanza da lui, doveva essere immerso nel mondo dei sogni a giudicare dal respiro pesante. Cristian lo guardò con invidia. Si mise a sedere. Sentiva caldo anche se non era niente di paragonabile alle vampate che lo avevano investito a casa di sua madre. Sperò che la doppia dose di pillole non avesse ottenuto un effetto contrario. Non avrebbe sopportato un altro calore, soprattutto non avrebbe sopportato l'idea che Samir non aveva intenzione di soddisfarlo. Dalla finestra si scorgevano le luci del campus, ma i cortili e i giardini erano deserti. La luna rivestiva d'argento le pareti dell'edificio e l'erba nelle aiuole. Cristian aprì la finestra e provò sollievo inspirando l'aria della notte. Non era fredda, ma piacevolmente fresca e poco umida.

Si decise a lasciare la stanza. Una passeggiata nei dintorni gli avrebbe fatto bene. Solo un giro, pensò. Uscendo si sentì come un ladro, ma l'aria della notte lo fece subito sentire meglio. Aveva accumulato nervosismo per via di Samir e di Marc. Il modo in cui Samir l'aveva trattato lo aveva ferito, gli aveva ricordato quanto era accaduto con il suo primo ragazzo, ma alla caffetteria Samir non gli era sembrato disgustato o indifferente. I doppi sensi e le sue frecciatine non se le era sognate, e solo chi è interessato si comporta così, pensò mentre attraversava la via che portava al Victoria Embankment, la strada che costeggiava la riva del fiume.

L'acqua lo aveva sempre rilassato. Gli argini del Tamigi erano protetti dai parapetti di cemento, adornati da panchine e alberi. Cristian incrociò corridori solitari, ma anche qualche coppia impegnata a chiacchierare sulle panchine. Poco lontano si scorgeva il Waterloo bridge, chissà come sarebbe stato attraversarlo con il proprio alfa, fermarsi a guardare la ruota panoramica, lo skyline di grattacieli e palazzi storici. Si strinse nel suo giubbotto di jeans, forse un po' troppo leggero per quella sera. L'acqua ai suoi piedi scorreva scura, appena illuminata dalle luci cittadine. Cristian appoggiò i gomiti al parapetto, un traghetto ormeggiato oscillava lieve sul pelo dell'acqua. L'orologio al suo polso segnava le 23. Se Arturo si fosse svegliato e non l'avesse trovato si sarebbe spaventato, decise di inviargli un messaggio per tranquillizzarlo. Poi si voltò sul lato della strada, quando ne ebbe abbastanza di guardare il fiume. La coppia di prima se ne era andata e l'altra era troppo impegnata a scambiarsi effusioni per far caso a lui.

Decise di lasciarli soli, anche se non si sarebbero mai accorti della sua presenza. Attraversò il marciapiede e si allontanò dal parapetto e dall'area pedonale. Lungo la strada opposta sopraggiungeva qualche auto. Cristian l'attraversò. Notò un tipo vicino a una macchina dal colore scuro, giusto all'ingresso di un vicolo. E a giudicare dal modo circospetto con cui si muoveva non ne era il proprietario. Doveva tornare indietro. Subito. Si guardò attorno, non c'era quasi nessuno a eccezione di auto che correvano lungo la strada. Fece per voltarsi, ma l'uomo alzò il capo, e incrociò i suoi occhi. La sciarpa e il cappuccio non nascondevano la sua identità, almeno per chi già lo conosceva. I suoi occhi neri erano inconfondibili e man mano che si avvicinava, anche il suo odore.

«Cosa fai qui?», Samir gli si avvicinò.

«Cosa faccio io qui?», Cristian domandò incredulo, forse aveva frainteso, aveva capito male e Samir era un autista maldestro che non riusciva infilare la chiave nella toppa dello sportello e non un ladro.

«Sempre tra i piedi», Samir mormorò, scuotendo la testa.

«Stai rubando?», Cristian domandò prima di potersi fermare.

Samir lo afferrò per un braccio e lo trascinò nel vicolo più vicino. «Cosa te lo fa pensare?», gli alitò in faccia. Gli occhi accesi da un lampo di ironia.

Cristian si divincolò. «Cosa ci trovi di tanto divertente? Il lavoro alla caffetteria non ti basta o ti hanno già licenziato?»

Il lampo negli occhi di Samir si trasformò in rabbia, in odio, Cristian pensò con un fremito di paura.

«Se fosse per quelli come te e il tuo amico lo avrei perso, sì. Ti sei divertito oggi con lui?»

«Non essere ridicolo, mi dispiace per come si è comportato. Perché lo fai? È sbagliato».

«È sbagliato...», Samir ripeté, «non hai idea di quante cose siano sbagliate eppure accadono».

«Vieni via», Cristian lo pregò. Non sapeva neanche lui perché gli interessasse così tanto. Anzi, lo sapeva, ma ammetterlo lo avrebbe fatto sentire ancora più patetico del solito. Si era innamorato dell'alfa che non aveva neanche voluto prenderselo e marchiarlo. Si era innamorato dopo una notte di sesso a metà. L'odore di Samir era forte come lo ricordava e, esattamente come ricordava, riusciva a ottenebrargli la mente.

«Non vengo via con te, scordati questa favoletta», Samir gli disse con cattiveria.

«Vuoi fare questo? Il ladro?»

«Puoi denunciarmi, se vuoi», Samir gli respirò sulle labbra.

La forza di volontà di Cristian scomparve, come sabbia davanti a una tempesta. Avrebbe permesso a Samir di fare ciò che voleva con lui e tra la paura si faceva strada un sottile senso di eccitazione. Sentì il cuore battere più forte, poi Samir annullò la distanza tra loro, catturando le sue labbra, attirandolo a sé per i fianchi. Le sue labbra erano fredde, un po' screpolate, chissà da quanto era lì fuori. Chissà a fare cosa, una voce gli suggerì, ma Cristian non riusciva più ad ascoltarla. C'era solo il sapore di Samir, il modo in cui gli esplorava la bocca con la lingua, il calore che si propagava dal suo stomaco e che gli invadeva il corpo.

Cristian sentì il muro freddo del vicolo premere contro la sua schiena, ma non gli importò.

Istintivamente infilò le mani sotto il giubbotto di Samir, sentì la pelle calda della sua schiena sotto le dita, lo sentì sussultare, stringerlo più forte. Poi Samir posò la fronte sulla sua per riprendere fiato, affondò il naso nella sua guancia, scese con le labbra sul collo. Cristian trattenne il fiato. Il suo desiderio più segreto era che l'altro affondasse i denti nella sua pelle, che lo reclamasse, ma sapeva che non sarebbe accaduto. Samir era stato abbastanza chiaro l'ultima volta. Allungò le mani verso il basso fino a raggiungere il cavallo dei pantaloni di Samir, lo sentì mugolare quando aprì il palmo della sua mano sul suo membro che cominciava a reagire. Samir era eccitato ed era merito suo. Cristian si sentì potente, ma allo stesso tempo sapeva che non gli interessava avere quel potere su nessun altro che non fosse Samir. Samir gli afferrò il polso, gli morse il labbro inferiore con i denti e poi afferrandolo per i fianchi lo fece giare verso il muro. I denti scorrevano sulla pelle esposta del suo corpo. Cristian chiuse gli occhi.

Alone no more - WATTYS WINNER - Omegaverse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora