Capitolo Dieci - Tragedia Greca

3K 183 501
                                    

Ancora non potevo credere che Harold mi avesse permesso di guidare la sua auto. Probabilmente si era lasciato convincere dal fatto che avessimo discusso qualche giorno prima, riguardo quanto accaduto alla cena.

Salii su quella Mercedes nera, modello sportivo e con l'assetto decisamente basso rispetto a quanto ero abituata. Mi sistemai sul sedile, tirandolo avanti, di modo da arrivare al meglio ai pedali.

Non guidavo una macchina da mesi, da quando ero andata a trovare i miei genitori nell'isola di Victoria. Ritrovarmi seduta lì mi faceva quasi strano.

Harold prese posto accanto a me, allacciandosi la cintura e scrutando attentamente ogni mio movimento.

«Stai attenta, ti prego» mi disse, nell'esatto momento in cui accessi il motore. Gli rivolsi un sorriso, divertita dalla sua preoccupazione.

Infondo è solo una macchina, no?

Una macchina da centotredici mila di dollari.

Mi ricordò la mia mente.

La porta automatica del garage si aprì, permettendomi di percorrere quella piccola salita ed uscire sulla strada.

Il luogo dove abitava Harold troneggiava su tutta la città di Vancouver, regalandogli una vista spettacolare da ogni angolo.

Guidai prudentemente su quella strada larga che scendeva avvolgendo tutta la montagna. Schiacciai il piede sull'acceleratore, beandomi del rombo del motore e della velocità con cui andò su di giri.

«Visto? Te l'ho detto che l'avrei portata fino a qui sana e salva» mi vantai, mentre aprivo lo sportello e mi cambiavo le scarpe, infilandomi quei vertiginosi tacchi spillo firmati Christian Louboutin -sì, anche quelle erano un gentile regalo di Harold, uno dei tanti che mi aveva fatto negli anni per farsi perdonare di qualcosa-.

Ero facilmente corruttibile quando si trattava di vestiti.

Lui non rispose, si limitò a tendermi la mano e aiutarmi a uscire dall'auto. Lasciammo le chiavi in mano al parcheggiatore e poi attraversammo quella piazzetta, adornata da una fontana.

La maestosa villa d'epoca si ergeva davanti ai nostri occhi e per raggiungerla bisognava salire una lunga scalinata bianca in sasso.

Raccolsi un po' della stoffa del lungo vestito rosso con una mano e diedi l'altra ad Harold, iniziando a salire quei gradini bassi e larghi.

«Signorina Young, Signor Phillis, sono contento che siate venuti» il direttore dell'aeroporto ci accolse calorosamente in quella splendida villa.

Mark Leroy, il direttore dell'aeroporto di Vancouver, era un uomo eccentrico, che amava intrattenersi con feste e ricevimenti. Per questo, ogni anno, organizzava quella serata di beneficienza, alla quale erano invitati tutti i dipendenti.

«Non saremmo mai potuti mancare» rispose Harold, stringendo calorosamente la mano a Mark e al marito, che nel frattempo lo aveva raggiunto.

Era la terza volta che partecipavo a quell'evento e dovevo ammettere che adoravo quel tipo di serata. Tutto era organizzato nei minimi dettagli e in più era anche un'occasione per fare del bene e aiutare chi aveva meno possibilità.

Mark era sempre stato impegnato a collaborare con diverse associazioni di beneficienza e non perdeva occasione per promuoverle. Era un uomo molto generoso e che pensava sempre al prossimo.

Io e Harold ci addentrammo nel salone dei ricevimenti, che quell'anno era stato adornato in stile Antica Grecia. Delle colonne scanalate creavano il perimetro di quella sala rotonda e delle statue in marmo, raffiguranti gli antichi dei, erano sparse per tutta la villa.

Midnight SkyNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ