Prologo

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"Jane, hai preparato tutto?" La voce scocciata di mia madre mi giunge dal piano di sotto, come sempre non è al settimo cielo di rivolgermi la parola, "Jane!" Urla ancora.
"Si mamma, sto chiudendo gli ultimi scatoloni" le rispondo dandomi da fare, le valigie con i vestiti e le cose essenziali le ho già preparate, facendo di tanto in tanto una piccola lista in mente per assicurarmi di aver messo tutto l'occorrente.
Oggi sarà il mio ultimo giorno qui a Detroit, in Michigan, la città in cui sono nata e in cui ho sempre vissuto, piena di ricordi su ciò che è stata la mia breve vita.
Non vorrei lasciare qui gli amici che ho, non abbiamo stretto un legame troppo profondo a dire il vero, ma mi ci sono ormai affezionata e partendo da qui, ho come la sensazione che ci perderemo di vista.
"Jane, muoviti che c'è il taxi" sentendo queste parole, mi affretto a prendere le mie due valige e il mio borsone per raggiungere mia madre, ormai fuori in giardino che cammina svelta verso il taxi con le sue valigie, io porto fuori la porta le mie guardando la casa in cui sono stata per ben 16anni, annusando l'odore di casa, mentre i miei occhi si inondano di lacrime ricordando tutti i momenti passati in questa casa, con mio padre quando era ancora vivo e mia madre con la quale andavo ancora d'accordo, i miei occhi si annacquano ancora di più pensando alla morte di colui che era mio padre, il motivo per il quale è morto e mia mamma che da allora non mi ha più rivolto un sguardo d'affetto, un gesto o una parole amorevole.
"Jane! Ci farai perdere l'aereo se non ti muovi!" Urla ancora mia madre.
Ricaccio indietro le lacrime, non posso piangere adesso. Raggiungo il taxi e poso le valige nel portabagagli, apro lo sportello anteriore dell'auto gialla sedendomi sui sedili.
Sento distrattamente mia madre dire al tassista di andare all'aeroporto e per un attimo sento che mi sta guardando, ma quando mi giro la trovo ad osservare dal suo finestrino.
Dando un'ultima occhiata a ciò che ormai non è più casa mia, il taxi parte per raggiungere l'areoporto a cui arriviamo dopo non molto.
Mia madre paga il tassista, lasciandogli il resto come mancia, scendiamo e prendiamo i bagagli.
Circa 30minuti dopo, mia madre compila non so quali documenti mentre io, annoiata, la osservo.
Osservo i suoi capelli castani raccolti in una coda, i suoi occhi del medesimo colore dei capelli che scrutano il documento, occhi che si rilassano un momento dopo, quando passa i documenti compilati ad una donna, facendo un sorriso di cortesia. Anche io vorrei che mi sorridesse, come ormai non fa più da molto tempo, credo però che ormai sia troppo tardi.

Finalmente in aereo, seduta nel lato finestrino, sento dire alla hostess di allacciare le cinture, augurandoci in fine un buon volo.
Per fortuna che non ho paura degli aerei, il viaggio sarà abbastanza lungo e per occupare il tempo indosso gli auricolari, accendendo la musica dal mio cellulare.
Sento l'aereo stabilizzarsi in aria, dopo il decollo, le hostess passano con carrelli ricchi di cibi che costeranno un occhio della testa, ma non ho fame adesso, probabilmente mangerò al primo scalo.
Mia madre accanto a me legge una rivista, a cui non sembra molto interessata. Mi volto verso il finestrino e vedo il mio leggero riflesso, osservando annoiata i miei capelli neri e le occhiaie sotto i miei occhi azzurri come il ghiaccio, presi da mio padre, il naso leggermente all'insù e le labbra a cuore.
Probabilmente tra poco mi addormenterò, devo recuperare le notti insonni e il viaggio sarà molto noioso.
Comincio a vagare con la mente immaginando la mia futura scuola, chissà come sarà, come saranno gli studenti, la scuola stessa, gli insegnanti, la città, se riuscirò a stringere delle amicizie.
Anche in questa scuola ho intenzione di passare inosservata, non mi piace attirare troppo l'attenzione anche perché in questo modo evito di attirare cattive attenzioni, meglio farmi passare come un topo da biblioteca.
Con questo ultimi pensieri mi addormento.

"Siete pregati di allacciarvi le cinture, l'atterraggio sarà un po' turbolento" queste parole mi fanno sobbalzare, svegliandomi dal mio lungo letargo.
Ho passato buona parte del viaggio a dormire, mi sono svegliata solo per lo scalo, per mangiare e rifocillarmi un po', poi mi sono addormentata di nuovo. Mia mamma non mi ha rivolto la parola come al solito, mi volto per guardarla ed è seduta, ovviamente, accanto a me intenta ad allacciare la cintura mentre io ripeto il suo stesso gesto.
Come da programma l'atterraggio non è stato del tutto tranquillo, gocce di pioggia si abbattono sul finestrino dell'aereo violentemente.
Scendiamo dall'aereo, la curiosità di conoscere la nuova città monta in me, insieme all'agitazione, e con queste emozioni che prevalgono su di me, entro all'aeroporto, aspettando accanto a mia madre di intravedere le nostre valigie nel tappeto mobile, mentre una voce emessa dagli altoparlanti si distingue tra tutte le altre, dichiarando chiaramente "Benvenuti all'aereo porto di Los Angeles"

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