Capitolo 7

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13 luglio 2018

E' notte fonda,
non so bene quante ore mancano all'alba, ma io non riesco proprio
a dormire.
"Dai Nicole dormi" mi dicevo dentro.
E col cavolo che ci riuscivo a dormire ancora un po'.
I pensieri giravano dentro la mia testa pesante come macigni sorretti dalle braccia degli uomini forti.
Non ho idea di quale pullman abbia scelto per venire qui, non so come la prenderanno tutti, come la prenderò io a stare con lui tutto questo tempo.
Si vabene, forse il tempo non è poi tanto, ma per me che non sono abituata a stare tutti quei giorni con lui è infinito.
Mi scrive un messaggio alle 3 di notte:
"Sono appena salito sul pullman, alle 7 sono da te."
"Okay, alle 6.30 prendo il mio bus così sarò ad aspettarti alle 7."
L'intenzione di dormire svanisce per sempre, come svaniscono le rose durante gli inverni freddi e resta soltanto quella maledetta ansia, ansia da prestazione o ansia perenne?
Chissà, sta di fatto che la mia ansia è proprio strana e quando si tratta di Marco non mi lascia stare un attimo.
Prendo un caffè.
Chi prenderebbe mai un caffè alle 4 di notte? Io certo, perché tanto di dormire non se ne parla.
Inizio a truccarmi, via col mascara e poi con il fondotinta.
"Ma quanti brufoli ho?" mi chiedo da sola.
Troppi, troppissimi, sono usciti tutti oggi, vengono sempre quando ho un appuntamento importante.
La mia faccia in pochi minuti  cambia colore, da bianca la vedo diventare marroncina, sembro quasi abbronzata, peccato che siamo al 13 luglio e il mare lo vedo con il binocolo per adesso.
"E se lo portassi al mare?"
Penso dentro di me.
"Perché no?"
Preparo la borsa per l'avventura con lui, metto dentro il mio fedele carica batterie portatile, il mio telo da spiaggia, la crema solare, gli occhiali da sole, anzi quelli no, li metto addosso per coprire le occhiaie e nel frattempo continuo l'elenco con un libro da leggere, due panini per il pranzo e due bottigliette di acqua, finito!
Sono le 6.00, wow quanto passa veloce il tempo quando faccio qualcosa.
Manca mezz'ora al pullman e un ora all'incontro e io non sono psicologicamente pronta.
Ripeto dentro di me:
"L'attesa del piacere è essa stessa il piacere."
Quindi mentre aspetto di vederlo è come se fossi già con lui.
Corro alla fermata, salgo sul primo mezzo e mi dirigo in città.
Arrivo alla stazione dei bus e decido di inviare un altro messaggio:
"Arrivi?"
"Arrivo." risponde.

E io giuro, non me lo spiego, come quei messaggi semplici e coincisi riescano a stravolgermi la vita in un secondo.
"Arrivo" penso sia una delle parole più belle che qualcuno possa scrivere a chi, lo sta aspettando da tempo.
Vedo un pullman verde all'orizzonte, c'è scritto "Roma" sopra, quindi è sicuramente il suo.
Scende dal pullman il mio ragazzone altissimo, con il giubotto di jeans aperto, i pantaloni corti e una tshirt gialla sotto.
Corro ad abbracciarlo, come si abbracciano le cose che non lasceresti mai, neanche per sbaglio.
"Benvenuto in Abruzzo, amore." Gli sussurro dolcemente.
"E tu bentornata nel mio cuore." Mi risponde allo stesso tono.
"Oggi ti porto al mare."
"Vabene amore, portami al mare, sicuramente il tuo è più bello del mio."
Saliamo sul pullman diretto ad Alba Adriatica, un piccolo paesino di mare, di questa regione sperduta.
"Posso metterti una mia cuffia così ascoltiamo la stessa musica?"
"Certo, mettila pure." Rispondo.
Tira fuori una cuffietta bianca e la infila nel mio orecchio.
"Cosa ascoltiamo?" gli chiedo.
"Qualche canzone romantica" risponde, mettendo una canzoncina di Alessandra Amoroso, la mia cantante preferita in assoluto.
"Hai perso molti kg dall'ultima volta che ci siamo visti" mi sussurra all'orecchio, togliendo per un attimo la musica.
"No, ma scherzi? Rispondo io, facendo finta di nulla.
"E' proprio così, prima eri bellissima, ora anche lo sei, ma come mai stai dimagrando?" mi chiede.
"Delle volte non ho fame e quindi mi dimentico di mangiare"
"Ah...capito"

Mica lo sapeva che stavo perdendo kg, per piacere a lui, per essere la sua ragazza ideale, quella di cui non si stancherà mai.

"Dimmi la verità, sei seguita da qualcuno?"
"No, nessuno." Rispondo io scocciata..."Non sto facendo nessuna dieta, ti ripeto."
"Okay scusami, non volevo andarti contro, mi stavo solo preoccupando per te."
Forse non lo merito uno come te, che si preoccupa per me, ma tu lo fai con questa naturalezza che mi spiazza ogni volta.

Sono le 12 e siamo appena arrivati sul lungomare.
"Facciamo una camminata?" gli chiedo.
"Certo, dammi la mano" afferrando la mia piccola mano nascosta dietro il fianco.
Da qualche settimana amo camminare, forse mi piace perché riesco a sfogare tutti i miei pensieri o probabilmente lo faccio, per continuare a perdere peso.
In questo momento mi viene da pensare alla prima soluzione.
"Camminare mi rilassa e io sto bene con me stessa, non devo perdere altri kg, sono già normopeso." Ripeto dentro di me.
"Ho fame, mangiamo qualcosa in qualche ristorante?" mi chiede.
"Ho portato i miei panini, ne vuoi uno?"
"Certo, mangiamo un panino e poi andiamo in uno chalet per mangiare qualcosa di più sostanzioso." Risponde.

"Io mi accetto, no?"
"Mi piaccio così, quindi perché non dovrei fare un pranzo più sostanzioso?"
Ripeto dentro di me.
Eppure qualcosa non sta funzionando questa volta.
"Io non ho fame in realtà, se vuoi puoi mangiare entrambi i panini, questa mattina ho mangiato tre cornetti a colazione!"
"Wow, eri affamata!" risponde, "allora li mangio io, sediamoci qui sulla sabbia però."
Tiro fuori il telo dalla borsa e ci stendiamo sulla spiaggia.
"Eri diversa a Roma, sai Nicole? Mi sembravi meno impostata e più naturale." Mi dice in maniera diretta e senza troppi giri di parole.
"Ti sbagli, sono sempre la stessa Marco, forse oggi mi vedi diversa perché amo il mare e mi mette di buonumore."
"Forse hai ragione, ma i tuoi occhi non sorridono poi tanto bene." Risponde.
"Mangia scemo, che ti stai sbagliando!" gli sussurro ridendo in maniera nevriante.
Finito di mangiare, mi viene in mente di andare a fare una bella camminata sul porto.
"Marco, andiamo sul porto?"
"Okay, da che parte si va?"
"Dammi la mano, ti porto io" gli dico sorridendo.
Mentre camminiamo noto i suoi capelli castano scuro muoversi a causa del vento, sono davvero stupendi.
"Raccontami della tua famiglia, come ha preso la decisione di venire da te?" mi chiede.
"Mia mamma bene, l'ha presa molto bene."
"E tuo padre?"
"Mio padre non lo sa, non lo vedo molto, è già tanto se sono riuscita a chiederlo a mia madre." Rispondo.
Infondo io lo so perché mi sono affezionata tanto a lui, non avevo mai avuto qualcuno che si preoccupasse della mia vita come lui, non avevo qualcuno che mi aspettava a casa o mi cucinasse, dovevo fare sempre tutto da sola e finalmente, dopo tutti questi anni qualcuno stava cambiando le cose e per la prima volta ero io la protagonista di una favola a lieto fine.
"Ti capita mai di sentirti sola?" mi chiede.
"Sempre." Rispondo.
"E cosa fai quando ti senti così?"
"Ascolto musica." Rispondo in maniera diretta.
"E ti fa sognare la musica?"
"Mi aiuta a non pensare a tutte le cose che non vanno nella mia vita e mi basta questo." Rispondo.
Nel frattempo passa una ragazza bionda di costituzione esile su una bicicletta al nostro fianco.
"Che bella" esclama lui.
"Si, bella davvero" rispondo io, nascondendo tutta la mia gelosia nei suoi confronti e tutta l'invidia per quella ragazza.
"Che bello il porto" sussurro nelle sue orecchie.
"Quale porto?" risponde timidamente lui.
"Quello che abbiamo davanti, scemo."
"Ah, io stavo guardando te scusami, non riesco a guardare due capolavori contemporaneamente." risponde lui facendomi diventare tutta rossa.
"Andiamo a camminare?" propongo io.
"Ci siamo appena seduti.."
"Ho voglia di passeggiare, non so, il mare mi tranquillizza." ribatto io.
Riprendiamo a camminare tranquillamente sul lungomare, in attesa del pullman alle 18 per tornare a casa mia.
Non glielo avevo mica detto, che da qualche tempo, vedendo i suoi complimenti nei confronti delle ragazze più magre di me, avevo preso questa strana abitudine di camminare continuamente.
"Camminare è utile per perdere peso e per evitare di restare seduta a perdermi nei suoi occhi." Ripetevo dentro di me.
"Ma tu non ti stanchi mai?" mi chiede lui.
"E di fare cosa?" ribatto io.
"Di stare con me, amore, sono noioso, tu hai mille idee: il porto, il mare, i panini, le passeggiate, io non propongo mai nulla."  Risponde lui.
"A me basti tu per essere felice, non serve mica un posto, il mio posto sei tu." Rispondo io, con la mia vena romantica che viene fuori raramente e mi spiazza ogni volta.
"Mi fai innamorare se mi dici queste cose." Ribatte lui.
"Ah, ma non sei già innamorato?" gli chiedo.
"Si, ma così mi innamoro ancora di più, in fondo non c'è un limite all'amore, non c'è un giorno in cui smetti di aumentare questo sentimento e sei già certo di provare il tetto massimo di emozioni verso quella persona e io mi innamoro di te ogni giorno di più."
Ha proprio ragione Marco, non ci si innamora in una volta e basta, questo sentimento si rafforza ogni giorno, come l'amore per il mare, per la natura, per le cose belle.
"Hai ragione, diciamo." Gli sussurro, per non dargli troppo supporto, sono sempre stata una molto orgogliosa.
"Sono le 18.00, andiamo a prendere il pullman?" gli propongo io.
"Dobbiamo camminare ancora tanto?" risponde lui.
"Si amore, vorrei andare all'ultima fermata perché ci sono delle persone che conosco." Gli sussurro io, senza fargli capire i miei reali intenti ad andare alla fermata più lontana di tutte.

Arriviamo alla fermata e siamo in attesa nel pullman.
Si gira intorno Marco, ma non c'è nessuno alla fermata e subito chiede: "ma non conoscevi tante persone di questa fermata?"
"Si, ma a quanto pare oggi non ci sono" rispondo io.
"Strano, almeno una o due persone dovrebbero pur esserci e invece zero."

Ha capito qualcosa, ne sono sicura, fino a quando la distanza ci divideva e lui non notava tutte quelle cose strane che facevo a casa da sola andava tutto bene, ora sarebbe ufficialmente iniziato il mio incubo, il mio casino.
Vedo il pullman arrivare e mi rassicura il fatto di ascoltare la musica durante tutto il viaggio per farmi venire qualche idea per destare via ogni sospetto che ha iniziato ad avere su di me, ogni particolarità che sta notando e che deve a tutti i costi togliere dalla sua mente.
Sul pullman tornano le nostre canzoni romantiche, ormai routine in ogni viaggio che facciamo insieme e non.
Lui non spiccica mezza parola e io non oso rovinare questo silenzio.
"Chissà che sta pensando." Dico dentro di me.
Arriviamo a Teramo e prendiamo subito la coincidenza per tornare a casa mia.
Durante il secondo viaggio in pullman, neanche una parola da parte sua.
E' ora di cena e siamo a casa mia.
"Hai fame?" gli chiedo.
"Si, ma non aspettiamo i tuoi genitori?"
"Non mangiamo mai insieme, ognuno cucina per se e mangia ad orari diversi." Rispondo io.
"Ah bene.. prendiamo una pizza a testa, così non cuciniamo?" propone lui.
"Non ho molta fame io, se vuoi posso ordinarla per te amore."
"Non ho fame neanche io." Risponde lui rigidamente per la prima volta.
Qualcosa non stava andando a partire da adesso o forse non sarebbe più andata in futuro, non so bene se abbia capito tutto o abbia capito soltanto qualcosa, ma quel qualcosa "poco" o "tutto" che sia, gli è bastato per iniziare ad avercela un po' con me.
"Perché mi rispondi così?" gli chiedo.
"Perché non eri così a Roma e non so cosa ti stia succedendo, ma se non torni a mangiare qualcosa, ti ammalerai." Mi dice lui.
"Ma figurati, io, ammalarmi?
Ma ti sembro una di quelle ragazze magrissime che vedi sfilare? Insomma, guardami, ho i miei kg, ho il mio peso e sono tutt'altro che magra, bella, esile. Non riusciresti neanche a prendermi in braccio tu, magro come sei." Rispondo io e continuo: "Se non mangio per un giorno, non mi succederà nulla, lo capisci? Non ho fame. Ma se tu vuoi una pizza prendila, devi mangiare tu."
"Non ho fame neanch'io, comunque se devo vedere la mia ragazza ammalarsi io preferisco tornare a Roma, domani mattina."
"Se torni a Roma vuol dire che non ci tieni a me e non mi sai tenere, a te la scelta." Rispondo io.

Ti avrei dato tutto. Io e te a 313 km dalla felicità.जहाँ कहानियाँ रहती हैं। अभी खोजें