III

110 18 34
                                    

«Quanti ricordi!» aveva esclamato Ruggero nell'atrio del liceo. «Una volta ho dato fuoco al bidone della carta in segreteria», indicò la cabina di vetro dove in teoria ci sarebbe dovuto essere il vicepreside.

«C'è ancora Arturo?» continuò ad alta voce, come fosse un turista tra i fori romani piuttosto che un intruso in una scuola pubblica. «Mi vendeva sempre l'erba formato famiglia».

«No», rispose secco Matteo, spingendolo verso le scale. Ogni minuto che passava rischiava sempre di più il proprio culo. «È in galera proprio per questo».

«Peccato, fra i bidelli era il mio preferito... oh, in quell'aula invece ci ho pisciato». Indicò una delle ultime classi del pian terreno sulla destra.

Salirono le scale e percorsero il corridoio che portava alla classe giusta. Non era quella di Matteo, ma era l'unica adatta allo scopo. C'erano più testimoni del previsto in giro, gli unici sfigati a restare nell'edificio con i trenta gradi di maggio; gli insegnanti invece si erano rifugiati nella loro sala, una delle poche con il condizionatore.

Matteo osservò il borsone nero a tracolla che portava l'amico. «Nulla di pericoloso spero».

«No, ma figurati». Ruggero coccolò la sacca e aggiunse: «niente plastica, vetri o simili, solo robaccia piccola messa insieme; Simo dovrebbe arrivare a momenti».

«Come Simo? E da quando?» sbottò Matteo.

«Rilassati, saremo subito fuori, il tempo di uno sputo e non ci vedrà nessuno».

Appena arrivati nell'aula giusta trovarono solo tre persone ancora intente ad addentare la merenda. Le finestre erano completamente spalancate per il gran caldo, e da lì poterono osservare parte del cortile. Le vecchie sequoie secche coprivano la visuale da lontano, ma ciò voleva dire maggior copertura.

L'obiettivo era esattamente dove previsto, qualche metro sotto di loro. La panchina non era addossata al muro, tuttavia abbastanza vicina da raggiungere con un breve lancio. Su di essa sedeva Marta, la figlia del preside. Anche da quell'altezza Matteo riuscì a vedere lo sporco nei suoi capelli, e quasi a percepirne la puzza. Nonostante il caldo portava su una gonna che le copriva i polpacci e una maglietta a maniche lunghe. Solo guardarla lo fece sudare peggio dell'ansia che lo attanagliava.

«Dio, come minchia fa ad andare in giro con quella sauna?» osservò anche Ruggero.

«Iniziate senza di me, merde?» disse qualcuno sulla soglia. Un ragazzo molto alto entrò, portando con sé un borsone sportivo, ben più grande di quello di Ruggero. I capelli corti erano di uno sfolgorante biondo ossigenato, e le poche ragazze nell'aula si voltarono a studiarlo.

«Giusto in tempo Simo, tu che hai trovato?».

Simone aprì la borsa e tirò fuori un altro sacco, questa volta di plastica nera e dalla funzione ben riconoscibile. «Ho tenuto tutto in camera per due settimane», disse. «Mia madre ha rotto che sembrava un cazzo di cimitero».

Matteo diede un'occhiata all'interno ma si ritrasse subito con una smorfia. Rischiare di portarsi addosso quel tanfo sarebbe stata una prova più che sufficiente, mentre per i testimoni era più che sicuro di contare sulla loro omertà: in tanti non potevano vedere Marta nell'istituto. Soprattutto perché era la figlia di quel dito in culo del dirigente, ma anche per la sua mania nel sottolineare sempre gli errori degli altri, o di denunciare ogni singola violazione. Non c'era da sorprendersi quindi che passasse l'intervallo da sola a leggere sulla panchina in cortile.

Matteo invece aveva anche un motivo personale.

Marta aveva unicamente voti alti, perché era la figlia del capo ma anche per merito: difficile che avesse amici o qualsiasi altra cosa da fare a parte studiare. Lui invece era stato costretto a scegliere quella scuola: o una carriera dignitosa o la strada, avevano detto suo padre, mentre sua madre non faceva che ripetergli che in testa aveva solo farina. Ruggero e Simone avevano lasciato dopo il biennio, mentre Matteo era costretto ad arrancare, a volte con qualche aiutino da parte dei prof perché, in fondo, era sempre figlio di un maresciallo. Marta però aveva avuto, la settimana prima, la faccia tosta di dargli del raccomandato in pubblico.

Spectrumحيث تعيش القصص. اكتشف الآن