23 - Lui lo sa che ogni sera esci con uno diverso?

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CLAIRE

"Ben svegliata, bambolina."
Spalancai gli occhi di scatto, cercando di capire per quale motivo Levi fosse accanto a me in quel momento e spostai lo sguardo nell'ambiente circostante, riconoscendo la mia camera da letto.
"Cosa?" chiesi.
Kit si fece avanti, aiutandomi a tirarmi su e offrendomi da bere.
Accettai l'acqua fresca con gratitudine, prima di parlare di nuovo.
"Perché tu sei qui?" chiesi al maggiore.
"E' stato lui. Mi ha chiamato quando hai avuto la brillante idea di svenirgli davanti. Pensava che mi importasse" dichiarò rendendo palese che non fosse così.

Guardai il mio migliore amico. "Non avresti dovuto farlo" lo sgridai.
"Ero spaventato per te. Dopo quello che hai passato in questi giorni.. e poi temevo fosse colpa sua" ammise arrossendo. Ci misi un po' per afferrare ciò a cui faceva riferimento.
In effetti non ero nella mia forma migliore, ma non credevo che il sesso potesse avere effetti così devastanti, perciò continuai a guardarlo, scettica.
"Non le ho fatto nulla che non volesse" disse Levi e avvampai.
"La vuoi smettere di fare lo stronzo una volta soltanto?" lo apostrofò Kit, mentre io sospirai.
"Levi ha ragione. Non ha fatto niente che io non gli abbia chiesto. E' tutta colpa mia, ho fatto una cosa che non avrei dovuto fare" cercai di spiegare, ma l'occhiata che mi lanciò Levi a quelle parole era di fuoco.
"Su questo non ci sono dubbi" mi redarguì il mio amico e mi venne il magone a sentirmi giudicata da lui, così mi sollevai piano la maglia, scoprendo la cicatrice.
"Cosa cazzo hai fatto?" stavolta era stato Levi ad aggredirmi verbalmente e il mio mal di testa si acuì di nuovo.
"Avevo la ronda, ma volevo informazioni riguardo i ribelli. L'altra sera.. quel ragazzino aveva detto che c'erano e volevo estorcergliele."
Levi sbuffò e mi ricordai che era stato lui a portarlo alle autorità. "Mi hanno detto che lo hai consegnato tu" dissi guardandolo.
Kit non ne fu sorpreso, lo sapeva già, ma per me era una novità.
"E' anche compito mio mantenere la sicurezza del branco" disse come se fosse un'ovvietà e ignorai il suo tono, continuando a spiegare. "Ho scoperto che sotto il comando di polizia c'è una rete sotterranea di uffici e celle, con militari e guardie armate. Il ragazzino era là dentro e si vantava di aver ucciso un vigilante."
"Tu?" chiese Kit, gentile.
"Esatto. Ho proposto di venire usata per l'interrogatorio, ma perché fossi credibile, ho dovuto mostrar loro una cicatrice che provasse che mi aveva ferita. Un'umana non rischia di morire dissanguata per poi stare bene due giorni dopo, il processo di guarigione è molto più lento."
"E hai pensato tu a provocarti quell'obbrobrio o ci ha pensato qualcuno dei tuoi amichetti?" chiese Levi, sprezzante.
"Sono stata io, prima di uscire di casa. Pensavo che ce l'avrei fatta, che non sarebbe stato troppo doloroso, ma avevo già assunto l'aconito e forse questo ha-"
"Forse? Forse? Ma ti senti! Sei un'irresponsabile!" tuonò il mio compagno, sovrastando la voce del fratello, che invece si era preoccupato per me.
Incassai senza replicare, avevo ancora qualcosa da dire. "Ho solo bisogno di aiuto per la ferita e tu non eri stato invitato. Te ne puoi andare, tanto è evidente che non vuoi restare qui" dissi gelida.
"Certo, non vedo l'ora. Ma ho promesso di dare un passaggio a Veclan dopo, quindi mi toccherà aspettare. Spero tu abbia dell'alcool, di sotto" disse prima di uscire dalla porta.
Non mi aveva nemmeno chiesto cosa avessi scoperto con quella farsa.

Una volta rimasti soli, Kit andò in bagno a prendere l'occorrente per sistemare la mia ferita e dopo una breve esitazione, mi chiese se potesse provare a togliere i punti, per vedere come procedere.
Annuii, ma gli chiesi di non sedarmi, avevo già preso un antidolorifico e non sapevo quanto potesse ancora fare effetto.
Uscì dalla porta, tornando poco dopo con uno dei mestoli di legno di mia madre. "Mordilo" disse, iniziando a tastare la ferita e feci come mi aveva detto, per evitare di urlare per il dolore.

Rischiai di svenire un altro paio di volte, mentre Kit cercava di sistemare meglio che potesse la ferita e poi controllò la febbre, visto che avevo ancora i sudori freddi.
"Forse si è infettata, ci ho messo una pomata antibiotica e l'ho fasciata. Accidenti Claire, cosa avevi in mente?" chiese preoccupato.
"Avevo bisogno che mi credessero. E ha funzionato. Forse si è infettata a causa del trucco che ci hanno messo sopra per farla sembrare peggiore" dissi e presi a spiegargli tutto di quella notte, lasciando fuori le cose di cui avrei discusso solo con suo padre. Mi fidavo ciecamente di lui, ma erano cose troppo grosse per rischiare che un'informazione venisse captata da orecchie indiscrete.

The hidden wolfDonde viven las historias. Descúbrelo ahora