Christmas tree- 61

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<<davvero non hai mai fatto l'albero di Natale?>> urlai io stupefatta. Eh già, quel giorno era proprio quel fatidico giorno dell'anno in cui si incominciava ad entrare nella vera atmosfera natalizia, riempiendo le case di decorazioni e presepi natalizi, ma soprattutto, con il famosissimo albero di natale. Era lui l'elemento fondamentale di quel particolare festeggiamento, ed il mio futuro marito non lo aveva mai fatto. Rimasi alquanto sbalordita e leggermente irritata. Il natale a casa mia era la festa più bella dell'anno, quella in cui si stava ventiquattro ore su ventiquattro assieme alla famiglia, preparando dolci dalla mattina alla sera, e giocando a carte a tutte le ore del giorno. Era la festa preferita dai bambini, grazie all'arrivo di "Babbo Natale" che distribuiva i doni. <<non avevo motivo di farlo....per me il natale era una festa come tutte le altre, e non avevo motivo di festeggiarla. Ero da solo e.....>> lasciò in sospeso la frase, e abbassò il capo, strizzando gli occhi. Non avevo pensato al fatto che aveva avuto un'infanzia difficile e soprattutto che fosse stato abbandonato da suo padre. E poi la malattia della mamma aveva complicato tutto....lasciandolo solo. <<scusami....io non ci avevo pensato...ho reagito di impulso, mi dispiace. E' solo che mi sembra così strano che un bambino non abbia mai fat->> venni bloccata dalle sua labbra sulle mie, in un tenero e affettuoso bacio che, sinceramente, mi aveva presa un po' alla sprovvista. <<non devi scusarti...non fa niente>> disse lui sorridendo come faceva sempre. <<però, visto che da questa volta in poi non trascorrerò più il natale da solo, ho deciso di comprarne uno>> si allontanò da me, e ritornò qualche secondo più tardi con un simpatico alberello di natale, piccolo ma tanto carino. Incominciai a ridere e lo abbracciai forte a me. <<grazie>> sussurrai all'orecchio. <<però adesso ci vogliono le decorazioni>> esclamai cominciando ad aprire i rami dell'albero, che erano tutti accartocciati su se stessi. <<no problem...ho pensato anche a quelli>> e così caccio fuori anche due scatole di palline rosse e bianche assieme ad una stella, dalle punte pungenti, da posizionare sulla punta dell'albero. E così ci mettemmo a lavoro.

<<bhè....devo dire che non è niente male>> eravamo uno accanto all'altro, in piedi, davanti al capolavoro che avevamo fatto. Nonostante le scarse palline che, ovviamente, non bastarono per tutti i rami dell'albero, avevamo costruito un gran bell'albero alternativo, con tappi e bottigliette di vetro dipinti. <<si....è molto creativo e...particolare>> ridacchiai io. <<già....un po' come noi....no?>> si posizionò davanti a me, con quel suo solito sorrisetto che mi scioglieva il cuore, sulle labbra, con quelle fossette che tanto adoravo sulle guance, e con lo sguardo fisso su di me. Con una mano mi sfiorò la guancia, per poi spostarmi i capelli, che ricadevano sulle spalle, dietro l'orecchio. Allacciò entrambi le braccia dietro la mia schiena. Eravamo vicini....o quasi. La pancia enorme che avevo non ci permetteva di stare "appiccicati" come una volta, ma ci accontentavamo, sapendo che lì dentro c'era una piccola creaturina che aveva (e avrebbe continuato) a stravolgere le nostre vite. Mi baciò, ed ogni volta che ci baciavamo, era come la prima. Lo stesso amore, la stessa passione. Era qualcosa di magico e speciale, qualcosa che non sarebbe mai cambiato. Il nostro amore, quello che provavamo l'un per l'altro, era l'unica cosa che sarebbe rimasta costante nelle nostre vite.

Erano circa le tre del pomeriggio circa. Fuori aveva finalmente smesso di nevicare dopo settimane, ed io ero stesa sul letto, abbracciata al mio dolce amore, rilassata e dopo parecchio tempo, senza pensieri. Ma sapevo che quel momento sarebbe durato poco, perché avrei dovuto cominciare a finire i preparativi per il matrimonio, a preparare gli scatoli per il trasloco e tutte altre cose che in quel preciso istante non mi venivano in mente. E mentre mi godevo quel momento con tutta me stessa, il telefono squillò dopo pochi minuti da quando avevo chiuso gli occhi. Cercai di ignorarlo, non rispondendo, ma la suoneria incalzava sempre di più. E così, altamente irritata, afferrai con forza il telefono, con una gran voglia di scaraventarlo contro il muro e vederlo frantumarsi in mille pezzettini, e risposi. <<Brad, che è successo? Spero che sia qualcosa di importante perché stavo riposa->> non riuscii a finire la frase che lei mi interruppe, con due parole che mi spiazzarono completamente. <<arrivo subito>> riattaccai con foga, mi vestii velocemente e uscii di corsa di casa, camminando a passo svelto verso quella di Brad e Tim.

Arrivai con un collasso polmonare a causa della corsa che avevo fatto. Con le ultime forze che mi erano rimaste premetti il pulsante del campanello, prima di accasciarmi completamente a terra. Dopo pochi secondi, sentii dei passi avvicinarsi e la maniglia della porta aprirsi. <<oddio Brook>> sussultai quando udii la voce squillante di Brad alle mie spalle. <<tranquilla....sto bene. Mi girava solo un po' la testa e quindi ho deciso di sedermi sul pianerottolo. Non preoccuparti>> esclamai con voce affannata. Mi porse la mano ed io l'afferrai, tirando su. Non appena fui alla sua stessa altezza, potei notare la paura, la preoccupazione e lo sconforto sul suo viso. Gli occhi erano rossi e le guance rigate da lacrime. L'abbraccia forte a me, senza dire nulla, nel silenzio più assoluto. A volte un gesto valeva più di mille parole.

Entrammo assieme in casa. Mi fece sedere sul divano e mi offrì un bicchiere d'acqua. <<allora....come stai?>> chiesi io poggiando il bicchiere sul tavolino. Fece spallucce e inclinò la testa su una spalla. <<capito...hai già fatto il test?>> domandai sperando, questa volta, in una risposta. <<ancora no...stavo aspettando te. Non me la sentivo di farlo un'altra volta da sola>> sussurrò lei con un filo di voce. <<d'accordo...e allora cosa stiamo aspettando? Togliamoci ogni dubbio, no?>> cercai di ironizzare la cosa, ma dalla faccia che Brad aveva capii di non essere riuscita nel mio intento. Ci alzammo entrambe ed io l'accompagnai in bagno. <<dove sono Tim e Jacob?>> chiesi io seduta sul bordo della vasca. <<Tim lo ha portato a mangiare un gelato>> rispose lei tenendo lo sguardo fisso sulla scatola che teneva fra le mani tremolanti. <<ok...allora, due lineette: "incinta", una: "non incinta"....>> mormorò leggendo le informazioni riguardo al test. <<lo hai già fatto....dovresti saperlo>> esclamai ovvia. <<così non mi aiuti>> rispose lei di botta. <<già...scusami>> dissi abbassando il capo. <<ok, ce la posso fare>> sibilò lei agitando le mani da una parte all'altra. <<ce la posso fare, vero?>> chiese girandosi verso di me. Odiavo questo suo comportamento da persona "insicura". Di solito ero io quella sempre titubante e incerta, e lei invece era quella rassicurante e sicura di ciò che faceva. Non mi piaceva affatto questo scambio di ruoli. Mi metteva in soggezione. <<si...certo che ce la farai. Stai tranquilla...>> poggiai le mani sulle sue spalle e sorrisi. <<ci vediamo dopo>> e così uscii dalla stanza.

Eravamo sedute sul bordo della vasca, una accanto all'altra. Non mi piaceva per niente l'aria che si respirava lì dentro. C'era troppa negatività e troppo nervosismo. <<sono passati cinque minuti....vero?>> domandò di nuovo lei abbassando e alzando le ginocchia. <<no, Brad...lo hai chiesto un secondo fa...dobbiamo essere pazienti>> cercai di mantenere la calma anche io, ma l'ansia e la curiosità di sapere era davvero troppa. <<io spero che sia positivo>> mormorò a voce bassa dopo minuti interi, che sembrarono ore, di assoluto silenzio. Un sorriso caloroso si spanse sulle mie labbra, e l'abbracciai immediatamente. <<io lo desidero davvero tanto questo bambino, e stranamente non ho paura che Tim mi abbandoni....forse perché lo vogliamo entrambi!>> esclamò sorridendo. Ecco, finalmente riuscivo a riconoscere la mia migliore amica. Aveva superato la fase di "abbandono", mettendo da parte tutta la sua negatività e incominciando a pensare in modo positivo. <<sono contenta che finalmente tu l'abbia capito>> dissi poggiandole una mano sulla spalla. Lei sorrise e riportò di nuovo lo sguardo sull'orologio. <<sono passati cinque minuti>> balzò in piedi e si precipitò sul lavandino, afferrando con foga il test. Il suo sguardo, che fino a pochi minuti prima, era pieno di gioia e speranza, in quel preciso momento, si spense completamente. E i suoi occhi ritornarono cupi e tristi, riempiendosi di lacrime che cominciarono a cadere lentamente. Non avevo bisogno di sentire nessuna frase uscire dalla sua bocca, perché avevo già capito. Avevo già capito che il risultato del test non era quello che si aspettava, che il suo ritardo era un semplice ritardo e non il campanello d'allarme di una gravidanza. Mi alzai, ed anche io con un gran dispiacere, l'abbracciai forte a me, sussurrando un flebile "mi dispiace tanto, tesoro" soffocato dalle lacrime. 

Biblioteque in love~Spencer Reid ❤️Donde viven las historias. Descúbrelo ahora