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Yoongi restò in silenzio così a lungo che Jimin si domandò se non avesse riattaccato. "Non avrei dovuto dire niente", fu la prima cosa che pensò il principe, riferendosi alla sua ridicola dichiarazione, e poi — "Non posso biasimarlo. Me lo sono meritato. Non sono più affari miei, può fare quello che vuole". Pensieri simili si rincorrevano nella sua mente, ingarbugliandosi all'altezza dello stomaco al punto da fargli avvertire un inusuale senso di nausea. Non erano più affari suoi, questo era vero e sacrosanto. Jimin gli aveva fatto chiaramente capire che le cose tra loro erano finite nel momento stesso in cui aveva portato via tutta la roba dal suo appartamento e se n'era tornato a New York... Quindi Yoongi che cosa pensava? Che cosa sperava? Che un ragazzo come Park Jimin restasse a piangerlo finché un bel giorno Yoongi non si fosse svegliato e avesse reclamato le sue attenzioni? Era stato un idiota se lo aveva pensato, se aveva creduto anche solo per un minuto che tutto quello che era successo tra loro non avrebbe portato a delle conseguenze. E le conseguenze erano proprio dall'altro capo del telefono, e stavano snocciolando una confessione ubriaca di cui Jimin si sarebbe senza dubbio pentito una volta tornato sobrio.

"Non ci ho proprio scopato" disse di nuovo Jimin, dopo quella che apparve come un'eternità. La voce del ragazzo destò Yoongi dai propri pensieri. Non aveva previsto che qualcuno parlasse di nuovo, non tanto presto almeno. Non si sentiva per niente in vena di fare conversazione. "Cosa si può definire davvero sesso e cosa no? Non lo so" Jimin rise, e non c'era proprio niente da ridere. È ubriaco — si ripeté Yoongi, e capì quanto poco questo gli sembrasse una giustificazione adesso che lo stronzo sbronzo non era lui. "Pensavo che la cosa mi avrebbe fatto sentire meglio. Pensavo che te lo meritassi. Che Taehyung se lo meritasse. Pensavo che Jungkook fosse l'unico a tenere davvero a me, l'unico che mi avrebbe fatto sentire come merito di sentirmi" Yoongi restò in ascolto, respirava appena. Se da una parte lo shock gli impediva di pronunciare una qualsiasi parola, dall'altra era grato fosse così, perché un qualsiasi suono da parte sua avrebbe rischiato di interrompere il discorso del più giovane. "Invece questa cosa ha quasi rovinato tutto. Avrei perso Jungkook, il mio migliore amico, e sarebbe stata tutta colpa tua".

Quelle ultime parole colpirono Yoongi come uno schiaffo. La rabbia gli ribollì dentro solo per un istante, poi il sentimento mutò in una profonda tristezza, in un dolore così palpabile da assomigliare ad una accoltellata. Colpa mia? Pensò Yoongi. In che modo poteva essere colpa sua? Perché Jimin tra tutte le cose lo stava incolpando dell'unica in cui davvero non aveva avuto niente a che vedere? Socchiuse le labbra, determinato a parlare, ma non uscì nemmeno una parola dalla sua bocca. All'improvviso, esprimersi sembrava ancora più difficile. Le cose con Jimin non erano mai state semplici, soprattutto quando si tratta della comunicazione, ma Yoongi non si era mai sentito così bloccato in tutta la sua vita. Era come dialogare con un estraneo, anzi, era come parlare con qualcuno che cerca di incastrarti per un crimine che non hai commesso. Così Yoongi pensò che qualsiasi cosa avrebbe detto sarebbe stata usata contro di lui.

"Mi hai rovinato la vita. Con il tuo egoismo, con le tue frasi non dette, con le bugie, con il tuo amore che non è mai stato amore per davvero" Jimin tirò su col naso, forte. Non c'era bisogno che Yoongi lo vedesse per capire che stava piangendo. "Tu fai sempre così. Mi dai ciò che desidero e poi mi togli più di quello che ho. Mi sento sempre... come un drogato, con qualcuno che è dipendente da una sostanza e passa la vita in astinenza finché non può finalmente farsi, e allora si gode il momento, si gode lo sballo, e poi lo sballo finisce e inizia un lungo periodo di astinenza, di dolore e sofferenza, e mi sembra di impazzire perché non so quando potrò farmi di nuovo, quando potrò stare di nuovo bene... Ma non starò mai davvero bene. Perché tu mi fai male, Yoongi. Sei una persona tossica."

Yoongi abbassò le palpebre fino a chiuderle del tutto. Lo aveva perso. Non ci sarebbe stata una seconda possibilità, e adesso, per la prima volta, lo capiva davvero. Fosse stata una persona normale, in grado di provare i sentimenti in modo onesto con gli altri e con sé stesso, allora avrebbe combattuto e si sarebbe giustificato, scusato, o forse avrebbe persino supplicato Jimin di perdonarlo, e avrebbe snocciolato una miriade di promesse che non era certo avrebbe mai mantenuto — ma Yoongi non era una persona normale. Yoongi era una persona sola, una persona che era stata sola per tutta la vita anche quando in mezzo alle persone. Yoongi era un introverso, qualcuno che aveva vissuto ogni giorno della propria esistenza contando solo su sé stesso, qualcuno che se l'era sempre cavata bene o male senza intromettere nessuno nei propri problemi, nel proprio dolore. Jimin non sarebbe mai entrato dentro di lui davvero, non avrebbe mai conosciuto i suoi timori, le sue preoccupazioni, le sue debolezze e fragilità. Non sarebbe mai accaduto e basta. Per questo Yoongi si morse le labbra e respirò a fondo.

Jimin non capiva. Non capiva perché dopo tutto quello che aveva appena detto, Yoongi se ne stesse in silenzio. Aveva immaginato diverse reazioni nel mentre che pronunciava quelle parole, ma questa non rientrava nelle aspettative. Era una non-reazione. Yoongi lo stava mettendo di nuovo davanti ad un muro che Jimin non poteva in alcun modo valicare.

Qualcuno lo chiamò dalla sala da pranzo. Sua zia, probabilmente? Jimin non aveva prestato abbastanza attenzione per poterlo dire con certezza. Tirò su col naso. "Devo andare", gli disse, poi sfregò il pugno contro un occhio e il respirò sfuggì tremolando dalla sua gola. "Addio, Min Yoongi".

Quando la comunicazione cadde, Yoongi allontanò il telefono dall'orecchio. Non era mai stato lasciato prima di allora. In realtà, non aveva nemmeno mai avuto una relazione vera prima di allora e, con ogni probabilità, non ne avrebbe mai avuta nessun'altra in futuro.

Io e Jungkook abbiamo scopato.

Avrei perso il mio migliore amico e sarebbe stata tutta colpa tua.

Sei una persona tossica.

Addio, Min Yoongi.

Quelle parole lo tormentarono per tutto il giorno. Continuarono a tormentarlo anche la notte, quando si mise a letto. Non riuscì a chiudere occhio. Si ritrovò sul sito di e-Dreams alle tre del mattino, alla ricerca di un volo per un paese per cui non fosse richiesto un visto turistico per poterci andare il più presto possibile. La ricerca si rivelò complicata, perché quasi tutti i posti che gli venivano in mente necessitavano documenti e lunghe trafile, così, alla fine... Optò per l'America. Non sarebbe tornato a New York, ma gli Stati Uniti erano immensi e c'erano centinaia di destinazioni verso cui potesse volare. Los Angeles sembrava un'ottima alternativa. La California era soleggiata, allegra, piena di giovani che vivevano la loro vita in modo spensierato. Yoongi non lo avrebbe fatto — non sarebbe andato a nessuna festa e non avrebbe passato la giornata in spiaggia, ma forse un posto del genere sarebbe servito a farlo sentire meno... triste? Non lo sapeva. Onestamente, si domandava se esistesse qualcosa in grado di farlo sentire meglio.

Prenotò il volo senza pensarci su una seconda volta.

Non sapeva cosa fare della sua vita, non aveva un piano, e per una persona organizzata come lui questo era quanto di più assurdo potesse accadergli.

Sei una persona tossica.

Yoongi si domandò se Jimin non avesse ragione. Se lo stesso veleno che sprigionava la sua essenza non avesse infettato anche lui.

Sono una persona tossica, realizzò.

Non avrebbe più commesso l'errore di far soffrire qualcuno a causa di questo.

two | reasons to stay ; yoonminWhere stories live. Discover now