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=>Nashi

Era una cosa che stavo facendo incosciamente, al momento non realizzavo la forza con cui le mie fiamme ardevano né il loro colore più dorato del normale. Ero sopraffatta dalle emozioni, la rabbia, che mi faceva venire voglia di urlare e di distruggere tutto, il dolore, che sembrava stringermi il cuore in una morsa, l'ansia, perché mia madre era nelle loro mani, perché tutti erano ancora nelle loro mani e io ero da sola, consapevole di non poter fare nulla, e la stanchezza, che minacciava di farmi cedere e rannicchiare lì, su quel pavimento freddo dove ora giaceva la sciarpa di mio padre. Solo qualche giorno prima avevo desiderato con tutta me stessa di avere quell'oggetto tra le mani, ma in quel momento non volevo altro che tornasse da mio padre, che la portasse al collo come sempre, che il tempo tornasse indietro a quando andava tutto bene.
Non avrei dovuto poter usare la magia, ero consapevole dei bracciali di ferro che mi stringevano i polsi e bloccavano i miei incantesimi, eppure il fuoco stava bruciando, potevo sentirlo e vederlo, a terra solo ferro fuso.
Il mio cervello era andato in stand-by, le mie azioni erano solo dettate dall'istinto.
Non percepivo nulla al di fuori di mia madre e della sciarpa verso la quale mi stavo dirigendo.
Non mi rendevo conto dei maghi che avevano provato a fermarmi, del vecchio che aveva recuperato la pietra scarlatta e stava urlando per chiamare i rinforzi, non mi rendevo conto della barriera di fiamme roventi che mi circondava, non sapevo e non avrei scoperto fino a molto dopo che il mio non era mai stato fuoco normale.
Presi tra le mani il tessuto bianco, così prezioso e resistente, così singolare, così famigliare...
Avvolsi con estrema lentezza la sciarpa attorno al mio collo, stringendo poi i pugni lungo i fianchi.
Lo sguardo fisso in quello sbalordito di mia madre, ancora tra le grinfie di quei maghi dei quali non sarebbe rimasto altro che polvere. Avrei distrutto tutto quel posto, avrei riunito la nostra famiglia, avrei voluto fare questo e molto altro, ma non ne ebbi l'occasione.
Non sentì il calore che avevo percepito la prima volta, ma la sensazione che il mio corpo stesse andando in pezzi era la stessa.
L'ultima cosa che vidi fu una testa pelata, e l'ultima cosa che sentí fu mamma che chiamò il mio nome.
Poi venni teletrasportata via da lì.
Non lo avevo sentito arrivare, in realtà non avevo capito nulla di ciò che era successo dalla sparizione di mio padre, mi sforzavo di non pensarci.
Riapparvi nel nulla più totale. Sentivo il mio corpo sospeso nel vuoto, sentivo l'aria che mi scompigliava i capelli e che faceva svolazzare la sciarpa mentre precipitavo, molto probabilmente verso una morte certa.
Non avevo più energia per fare nulla, il fuoco si era spento, il mio corpo non rispondeva ai comandi e piano piano anche la mia mente si stava oscurando.
Poco prima di lasciarmi andare all'oscurità, percepí qualcosa afferrarmi ciò che restava della maglia e tirarmi sú, verso l'alto, contro la forza di gravità.
Un fruscio ed un battito d'ali, insieme ad una voce familiare, precedettero la mia caduta nel mondo delle tenebre.

=> Nova

Diciamo che forse avrei dovuto aspettarmelo. Ma cosa devo farci, la mia fantasia non arrivava a tale punto.
Ormai, dopo quasi una notte intera di volo, ero abituata a stare in sella, se così si può dire, ad una sorta di gallina volante gigante.
No, non sono andata fuori di testa, stavamo tutti in groppa ad un volatile del quale non avrei mai immaginato l'esistenza.
Un pennuto dalle sembianze di una gallina ma circa una trentina di volte più grande, con piume di ogni colore immaginabile e un becco giallo canarino.
Kasumi aveva un potere particolare, riusciva a comunicare con gli animali e a convincerli a fare quello che gli chiedeva. Non era un potere aggressivo, non controllava la loro mente, semplicemente gli parlava e lasciava trasparire le sue vere intenzioni ed il suo animo buono. Grazie a lei, potrò raccontare a mia madre di aver cavalcato un enorme uccello.
So cosa state pensando, razza di pervertiti. Toglietevi l'immagine dalla testa.
Comunque, erano più o meno le tre di pomeriggio quando eravamo stati attaccati, ed in quel momento erano le cinque di mattina. Erano passate quattordici ore da quando Nashi era sparita, e non ne avevamo più avuto notizie. Continuavo a cercare di percepire il suo odore o la sua magia mentre volavamo ad una velocità strabiliante verso la nostra meta, ma non avevo ancora captato nulla, e nemmeno Gale.
Storm era sulla gallina con me. Mentre Gale e Kasumi erano su quella alla nostra destra e Reiki su quella alla mia sinistra.
Il corvino era ancora in brutte condizioni, nonostante il tempo e il risposo gli avessero permesso di riacquistare buona parte delle forze.
Era sdraiato a pancia in su, mentre il vento gli scompigliava i capelli e gli accarezzava la pelle nuda e le bende strette sul suo ventre.
Se c'era una persona che non meritava di sfiorare la morte, quella era Storm. Tutte le scenate che si impegnava a mettere su per mascherare la sua sensibilità erano totalmente inutili.
Lui non giudicava nessuno, era buono con tutti e amava con tutto il cuore, faceva tanto il pezzo di ghiaccio ma in realtà era una caramella.
Questo nessuno glielo avrebbe mai detto, per conservare il suo orgoglio da uomo o una roba del genere.

"Perché mi fissi?" mi riscossi all'improvviso, distogliendo lo sguardo e posandolo sugli altri, tutti addormentati sul loro uccello multicolor.
Era sveglio e probabilmente pensava fossi una stalker, e quello non giovava al mio, di onore.
"Non ti fisso. Non sei così importante da essere oggetto del mio sguardo" alzò gli occhi al cielo, incrociando le braccia dietro la testa con una smorfia.
"Perché non dormi?"
"potrei farti la stessa domanda"
"Ho già dormito troppo per i miei gusti" sospirò, lo sguardo blu perso nel nulla.
"Vorrei vedere. Ti hanno infilzato. Penso che il riposo sia la base, torna a dormire" incrociai le gambe, poggiando il viso su una mano.
"Non ci riesco"
"Perché?"
"Non riesco a dormire, sapendo che uno di noi è in pericolo"
La stretta allo stomaco aumentò, il tono frustrato del corvino fu un duro colpo da incassare, così intenso da farmi abbassare lo sguardo.
Pensare alla nostra amica scomparsa non giovava a nessuno ma pareva comunque inevitabile. Il tempo era come rallentato, ogni istante di silenzio spingeva la mente a immaginare scenari che avrebbero terrorizzato chiunque.
In più, si trattava di Nashi, e tutti sapevamo che, in pericolo o meno, Storm pensava costantemente a  lei.
Tutti avevano quest'immagine di loro due fissa in testa, come amici, come squadra, ma allo stesso tempo come qualcosa di più. Di indefinito ma immutabile.
Un lieve sorriso malinconico mi incurvò le labbra. Durante momenti del genere, erano proprio quelle emozioni a tenerti ancorato alla realtà, impedendoti di spaziare e dimenticare la vita per cui stai lottando. La vita a cui vuoi ritornare.

Non ebbi tempo di perdermi nello sconforto di ciò che mi mancava di più, perché un forte odore saltò al mio naso, e quasi caddi dall'uccello per quanto mi prese alla sprovvista.
Non so come fece, ma Storm riuscì a muoversi verso di me e ad afferrarmi per un polso, evitandomi un bel volo da un centinaio di metri.
Venni strattonata a pochi centimetri da lui, tanto da poter sentire sul viso il suo fiato già corto che mi segnalava che lo scatto repentino gli era costato un notevole sforzo. Il mio cervello scattò, analizzando la situazione, lo sguardo si piantò sulle bende rossastre sul ventre che fortunatamente non sembravano sporche di sangue fresco.
Assicuratami che lui stesse bene, il mio unico pensiero tornò ad essere il mio naso, stuzzicato da quell'odore così famigliare.
Mi allontanai, concentrata, poggiandogli le mani sulle spalle e fissando i suoi occhi blu, perplessi e in cerca di una spiegazione.
"Nashi é qui. Sento il suo odore"

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